LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Chiamata in correità: la Cassazione annulla con rinvio

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio aggravato. La decisione si fonda sulla carente motivazione del Tribunale del Riesame riguardo la valutazione della chiamata in correità proveniente da collaboratori di giustizia, in particolare per non aver verificato l’indipendenza e l’origine delle dichiarazioni rese ‘de relato’. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chiamata in correità: la Cassazione detta le regole per la valutazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 44123 del 2024, riaccende i riflettori su un tema cruciale del processo penale: la valutazione della chiamata in correità, specialmente quando proviene da più collaboratori di giustizia e si basa su conoscenze indirette. La Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio, evidenziando le lacune motivazionali del giudice del riesame nel valutare l’attendibilità e la convergenza delle dichiarazioni accusatorie.

I Fatti del Processo

Il caso riguardava un uomo accusato di aver partecipato all’ideazione di un omicidio avvenuto nel 2010, nel contesto di una faida tra clan criminali. Le accuse a suo carico si basavano principalmente sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La difesa dell’indagato aveva impugnato l’ordinanza di custodia cautelare, sostenendo l’inattendibilità di tali dichiarazioni. In particolare, si evidenziavano incongruenze, la progressiva ‘formazione’ del racconto accusatorio di un collaboratore a distanza di anni e, soprattutto, la natura indiretta (‘de relato’) delle informazioni, senza che ne fosse stata chiaramente identificata e verificata la fonte originaria.

I Motivi del Ricorso e la valutazione della chiamata in correità

Il ricorso per cassazione si è concentrato proprio sui vizi di motivazione del Tribunale del Riesame. La difesa ha sostenuto che il Tribunale non avesse risposto adeguatamente a specifiche obiezioni, tra cui:

1. La formazione progressiva del narrato: Un collaboratore aveva fornito dettagli cruciali sul ruolo dell’indagato solo sette anni dopo le sue prime dichiarazioni, sollevando dubbi sulla genuinità del ricordo.
2. La mancanza di indipendenza: Le dichiarazioni di un secondo collaboratore, usate come riscontro, erano anch’esse ‘de relato’. La difesa ha eccepito che il Tribunale non aveva svolto l’accertamento necessario per escludere che entrambi i collaboratori avessero attinto dalla medesima fonte, vanificando così il requisito dell’autonomia genetica delle chiamate.
3. La conoscenza pregressa delle dichiarazioni: Era stato evidenziato come il secondo collaboratore fosse a conoscenza delle dichiarazioni del primo, in quanto presenti nel patrimonio probatorio di un altro processo in cui era coinvolto, minando ulteriormente l’indipendenza del suo racconto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto le censure difensive, ritenendole fondate. I giudici supremi hanno ribadito i rigorosi principi che governano la valutazione della chiamata in correità. Se è vero che più chiamate ‘de relato’ possono riscontrarsi a vicenda, ciò è possibile solo a precise condizioni, spesso disattese nel caso di specie.

La Corte ha specificato che il giudice deve:

* Valutare la credibilità soggettiva di ogni dichiarante e l’attendibilità intrinseca di ogni dichiarazione.
* Accertare l’indipendenza delle chiamate, escludendo che derivino da intese fraudolente o dalla stessa fonte informativa.
* Verificare la loro ‘convergenza individualizzante’, ossia che coincidano su dettagli specifici e rilevanti del fatto, non su aspetti generici.

Nel caso esaminato, il Tribunale del Riesame aveva aggirato questi passaggi. Aveva formulato ipotesi congetturali sulla fonte delle informazioni ‘de relato’ e non aveva affrontato la cruciale questione della possibile derivazione delle accuse dalla medesima persona. Inoltre, non aveva spiegato perché le circostanze riferite da un collaboratore potessero ritenersi ‘patrimonio conoscitivo comune’ dell’associazione criminale, un’affermazione che richiede una verifica specifica e non può essere presunta.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione di una misura grave come la custodia in carcere richiede una motivazione solida e non apparente, soprattutto quando si fonda su prove dichiarative complesse come la chiamata in correità. Il giudice non può limitarsi a prendere atto della convergenza delle accuse, ma ha l’onere di ‘smontare’ e analizzare la genesi e l’autonomia di ciascuna dichiarazione. Annullando con rinvio, la Cassazione ha imposto al Tribunale del Riesame di effettuare un nuovo e più approfondito esame, seguendo i rigorosi criteri indicati per garantire che la valutazione probatoria sia immune da vizi logici e giuridici.

Una ‘chiamata in correità’ basta per una misura cautelare?
No, da sola non è sufficiente. Deve essere attentamente vagliata per la sua credibilità intrinseca e la sua attendibilità, e deve essere supportata da altri elementi di riscontro esterni e individualizzanti.

Cosa significa che le dichiarazioni di più collaboratori devono essere ‘indipendenti’?
Significa che devono derivare da fonti di informazione diverse e non essere frutto di un accordo fraudolento o di una semplice circolazione della stessa notizia. Il giudice deve verificare che un collaboratore non stia semplicemente ripetendo ciò che ha appreso da un altro.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza in questo caso?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale del Riesame non ha motivato in modo adeguato e rigoroso sulla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori. In particolare, ha omesso di verificare l’origine delle informazioni ‘de relato’ e di accertare l’effettiva indipendenza delle accuse reciproche, accogliendo le censure della difesa su un vizio di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati