Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13768 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13768 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROMA il 22/06/1992
avverso la sentenza del 23/04/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. la Corte d’Appello di Venezia, con sentenza del 23/4/2024, ha confermato la pronuncia di condanna emessa a carico di COGNOME COGNOME COGNOME ritenuto responsabile, in concorso con COGNOME COGNOME, per il quale si è proceduto separatamente, della illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo hashish e cocaina, rinvenuta nel ‘abitazione in cui i predetti coabitavano, come contestato al capo 1 della rubrica (cocaina per un peso complessivo di circa gr. 103,65, oltre ad un quantitativo di gr. 1,36 della medesima sostanza avvolto in un ritaglio di cellophane; hashish contenuta in due sacchetti di plastica dei peso, rispettivamente, di gr. 691 e gr. 111,20, custoditi all’interno del cestello d una lavatrice); della cessione di sostanza stupefacente dei tipo hashish e cocaina a COGNOME NOME, nei quantitativi specificati nell’imputazione (capo 2 della rubrica); della cessione reiterata di sostanza stupefacente del tipo hashish e cocaina, nei quantitativi precisati nella imputazione, a COGNOME NOMECOGNOME COGNOME SimoneCOGNOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, come contestato al solo COGNOME al capo 4 dell’imputazione.
All’esito dei giudizi di merito, le due sentenze conformi hanno ritenuto accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati allo stesso ascritti sulla base degli esiti della perquisizione e sequestro effettuati nell’abitazione in cui dimorava l’imputato, delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal coimputato COGNOME, delle informazioni assunte da tutti i cessionari della sostanza stupefacente sopra menzionati,
2. A motivi di ricorso la difesa lamenta quanto segue.
Con riferimento ai capi di imputazione n. 1 e 2 della rubrica: carenza di motivazione in ordine alla credibilità soggettiva ed alla attendibilità oggettiva della chiamata in correità effettuata dai coimputato COGNOME; carenza di motivazione in ordine alla responsabilità dei ricorrente per ie cessioni di droga effettuate dallo stesso ad NOME COGNOME.
La sentenza emessa dalla Corte d’appello di Venezia si è limitata a condividere le valutazioni espresse dal Giudice di primo grado nel provvedimento impugnato, senza effettuare alcun vaglio critico dei motivi di gravame e senza offrire compiuta risposta alle doglianze difensive.
La motivazione sarebbe solo apparente poichè deroga & compito affidato al giudice della impugnazione di valutare attentamente motiv: d:
ricorso alla luce del proprio completo ed esauriente apprezzamento e, quindi, di rappresentare le ragioni logiche e giuridiche delle conclusione assunte.
Così facendo i giudici della Corte territoriale avrebbe vanificato il senso stesso del giudizio di appello, il quale deve consistere in una rivalutazione effettiva e non fittizia della regiudicanda alla luce del doglianze difensive.
In relazione ai fatti di cui ai capi 1. e 2 della rubrica, il giudice di pr grado ha posto a fondamento della pronuncia di responsabilità le dichiarazioni rese nell’interrogatorio di garanzia dal coirnputato COGNOME COGNOME. Tali dichiarazioni, ad avviso del primo giudice, sarebbero attendibill in ragione della condotta collaborativa dimostrata da COGNOME, il quale, nel corso della perquisizione domiciliare, aveva messo a disposizione della P.G. operante la droga “pesante”. Le accuse mosse a carico del ricorrente, inoltre, avrebbero trovato numerosi riscontri esterni.
Nei motivi di appello veniva censurato il giudizio sulla credibilità soggettiva del coimputato e sull’attendibilità oggettiva del suo narrato, evidenziandosi le palesi incongruenze delle sue dichiarazioni e la difformità dal vero delle circostanze riferite in ordine a plurimi aspetti.
La Corte di merito ha omesso di considerare in modo completo ed esauriente le doglianze difensive riguardanti la tenuta complessiva della chiamata in correità, sostenendo, in modo generico, che le incongruenze attenessero a profili secondari e marginali della vicenda.
Con ciò la Corte territoriale ha argomentato in modo apparente sulle questioni dedotte.
Anche volendo fare riferimento al principio della valutazione frazionata delle dichiarazioni eteroaccusatorie, viene eluso l’esame dei presupposti che consentono il ricorso a tale valutazione, la quale, alla stregua dei principi stabiliti in sede di legittimità, non può prescindere dall seguenti condizioni: 1) non deve sussistere una interferenza fattuale e logica tra la parte del narrato falso e le rimanenti parti; 2) l’inattendibilità non de essere talmente macroscopica per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie così da compromettere la stessa credibilità del dichiarante; 3) deve essere offerta una spiegazione circa la parte della narrazione risultata smentita, in modo che possa formularsi un giudizio positivo sull’attendibilità soggettiva del dichiarante. La Corte d’appello d Venezia non si confronta in alcun modo con l’evidente contrasto tra le indicazioni non veritiere rese dal chiamante in sede di perquisizione domiciliare in ordine alla titolarità del quantitativo di hashish trovato in s possesso e l’accusa rivolta al ricorrente di esserne detentore e trasportatore,
COSÌ omettendo di motivare sulla ritenuta attendibilità di COGNOME circa le altre parti delle sue dichiarazioni. Parimenti la Corte territoriale non si sarebbe curata di illustrare i motivi in forza dei quali la falsità delle accuse non ha pregiudicato il vaglio positivo sull’attendibilità soggettiva del chiamante in correità, affidando ad una mera formula di stile (“inutile e puerile bugia”) il compito di sintetizzare il proprio apprezzamento, oltre a formulare una serie di congetture in ordine ai motivi che avrebbero condotto il chiamante a ritenere che il quantitativo fosse stato trasportato dal ricorrente di sua iniziativa in un altro luogo.
Gli elementi di riscontro alle dichiarazioni accusatorie dovevano essere considerati soltanto dopo il positivo superamento dei vaglio sulla credibilità soggettiva del coimputato e sull’attendibilità intrinseca, vaglio risultato nel caso in esame del tutto inadeguato.
Con riferimento al fatto di cui capo 2 della rubrica, La Corte territoriale assume la credibilità delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME NOMECOGNOME pur prendendo atto di una modifica delle stesse, apoditticamente qualificata come parziale.
Nei motivi di appello era stato specificatamente sottolineato che COGNOME, ascoltato a sommarie informazioni dalla P.G. operante in data 28/3/2019, aveva dichiarato di acquistare la droga esclusivamente da COGNOME COGNOME. Successivamente, in data 1 aprile 2019, il testimone aveva modificato il contenuto delle dichiarazioni rese in precedenza, accusando COGNOME. I Giudici hanno ritenuto veritiera la seconda versione dei fatti proposta dal teste, disattendendo apoditticarnente quella precedente e mancando di dare conto, con adeguata motivazione, delle ragioni di questa preferenza. La lacuna motivazionale viene superata attraverso la ricerca di riscontri alle dichiarazioni di COGNOME, in spregio principi stabiliti in sede di legittimità, in base ai quali, in tema di vaiutazi della prova testimoniale non sono necessari riscontri esterni, dovendo il giudice limitarsi a verificare l’intrinseca attendibilità delle dichiarazioni, av riguardo alla loro logicità, coerenza ed analiticità, nonché all’assenza di contraddizioni rispetto ad altre deposizioni o ad altri elementi concretamente accertati.
II) In relazione al capo 4 della rubrica: inosservanza degli artt. 63, comma 2, e 191 cod. proc. pen. in relazione alle sommarie informazioni rese dal teste NOME COGNOME in data 13/5/2019.
In relazione alla utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME nei verbale del 13/5/2019 la Corte d’appello di Venezia ha affermato di condividere il motivato apprezzamento espresso sul punto dal primo giudice,
ribadendo come nel corso della sua escussione non fosse emerso che il COGNOME avesse acquistato lo stupefacente da NOME COGNOME per rivenderlo o comunque cederlo a terzi.
Contrariamente a quanto sostenuto in motivazione, la condotta di acquisto e disponibilità di un quantitativo consistente, pari a 25 gr. di cocaina, unitamente alla entità ed alle modalità di pagamento del corrispettivo concordato con il cedente, dovevano essere considerate quali circostanze indicative di una finalità non esclusivamente personale della detenzione.
I giudici di merito avrebbero dovuto provvedere ad una verifica effettiva della posizione del dichiarante volta a constatare se costui, in base a tutti i dati disponibili, fosse realmente rimasto estraneo ai reato ipotizzabile a suo carico, essendo necessario, in caso contrario, l’interruzione del verbale e l’assunzione delle dichiarazioni secondo le regole previste dagli artt. 63 e 64 cod. proc. pen.
In ogni caso risulta che in data 2 marzo 2019 il Bella fu trovato in possesso di un sacchetto contenente tracce di sostanza stupefacente, costituente il residuo di un maggior quantitativo di 25 grammi, rifiutandosi di indicare le generalità di colui che gli aveva fornito la droga.
Alla luce di detta circostanza il verbale di sommarie informazioni avrebbe dovuto essere interrotto, potendosi ravvisare a carico del dichiarante la fattispecie del favoreggiamento.
Il mancato rispetto della previsione di cui all’art. 63, comma 2, cod. proc. pen. comporta, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., Vinutilizzabltà delle dichiarazioni del testimone.
III) In relazione ai capi 2 e 4 della rubrica: mancanza di rniotivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza dell’ipotesi di lieve entità di c all’art.73, comma 5, d.P.R. 309/90.
I giudici di merito non hanno risposto alle specifiche censure contenute nell’atto di appello.
Ai fini del riconoscimento della ipotesi di lieve entità deve farsi riferimento ai prinicpi stabiliti dalle Sezioni Unite Murolo (SS.UU. sent. n. 51063/2018), in base ai quali, ai fini della valutazione della lieve entità occorre fare riferimento a tutti gli indici elencati nel quinto comma dell’art 73 d.P.R. 309/90, senza che il Giudice possa utilizzarli alternativamente, riconoscendo od escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo a prescindere dalla considerazione degli altri. Ebbene, le cessioni indicate ai capi 2 e 4 della incolpazione vengono ascritte a NOME COGNOME esclusivamente in
ragione delle dichiarazioni rese dagli acquirenti, i quali riferiscono di aver acquistato minime quantità di sostanza stupefacente. In assenza di sequestri della sostanza ed in difetto di accertamenti sulla quantità e qualità dello stupefacente ceduto, i giudici di merito avrebbero dovuto seguire l’orientamento giurisprudenziale, secondo cui, in mancanza di prova circa la capacità drogante della sostanza, il giudice deve applicare la norma più favorevole all’imputato.
Con motivi aggiunti la difesa, nei riportarsi alle ragioni di doglianza, ha chiesto l’assegnazione del ricorso alla sezione ordinaria o, in subordine, l’annullamento della sentenza impugnata per motivazione apparente.
I motivi di ricorso sono manifestamente infondati perché reiterativi di doglianze già ad eguatamente vagliate dai giudici di merito, tendenti a prospettare una non consentita rivalutazione del materiale probatorio in atti e volti ad offrire una ricostruzion alternativa dei fatti.
Prima di passare all’esame delle singole censure è opportuno ribadire che, in caso di “doppia conforme” affermazione di responsabilità, la sentenza di primo grado e quella di appello’ per giurisprudenza pacifica di questa Suprema Corte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibiie, una sola entità logico-giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità e della completezza della motivazione (Sez. 1, 22/11/1993, dep. 4/2/1994, n. 1309, COGNOME, Riv. 197250; Sez. 3, 14/2/1994, n. 4700, COGNOME, Riv. 197497; Sez. 2, 2/3/1994, n. 5112, COGNOME, Riv. 198487; Sez. 2 del 13/11/1997, n. 11220, COGNOME, Riv. 209145; Sez. 6, 20/11/2003, n. 224079). Ne consegue che il giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima, sia nella ricostruzione del fatto, sia nelle parti non oggetto di specifiche censure difensive, dovendo soltanto rispondere in modo congruo alle singole doglianze prospettate dall’appellante. In questo caso il controllo del giudice di legittimità si estende alt verifica circa la congruità e logicità delle risposte fornite al predette censure.
Inoltre, sempre secondo pacifica giurisprudenza di questa Corte, nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le
risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo ai fini delle soluzioni adottate.
Pertanto, in tal caso, devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e la ricostruzione fornita dal giudice nella sentenza impugnata (cfr. Sez. 6, n. 49970 del 19.10.2012, COGNOME ed altri, Rv.254107, Sez 3, n.7406 del 15/01/2015, Rv.262423).
Sempre in via preliminare, è d’uopo rammentare che in questa sede non possono essere prospettate questioni in fatto o differenti valutazioni di risultanze processuali, in quanto simili indagini esulano dai poteri attribuiti al giudice di legittimità.
Ne consegue che, una volta che il giudice abbia offerto una logica motivazione, coordinando gli elementi sottoposti al suo esame in modo coerente e non contraddittorio, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano ad una diversa lettura o interpretazione.
Pertanto, la corretta deduzione del vizio di motivazione deve palesare che il testo del provvedimento sia manifestamente carente di motivazione e palesemente difettoso sul piano logico, senza alcuna possibilità di introduzione di diverse ricostruzioni altrettanto logiche.
3.1. La Corte d’appello, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, ha offerto compiuta risposta alle doglianze illustrate nel primo motivo di ricorso, provvedendo a valutare l’intrinseca credibilità del chiamante in correità. In proposito ha ribadito come il dichiarante, alla stregua delle risultanze in atti, non risultasse animato da motivi di astio e risentimento nei confronti deil’odierno ricorrente, con il quale intratteneva rapporti di amicizia dall’infanzia e condivideva l’abitazione – nella quale è stato rinvenuto lo stupefacente caduto in sequestro – dal lontano anno 2018. Ulteriore dimostrazione della spontaneità e dell’intrinseca attendibilità di Casanova è stata logicamente tratta dall’atteggiamento serbato al momento della perquisizione domiciliare, avendo egli consegnato di propria iniziativa al personale operante della Squadra Mobile ia sostanza stupefacente di tipo cocaina di cui era in possesso, unitamente alla strumentazione idonea alla pesatura ed al confezionamento in dosi.
Ha poi evidenziato come la credibilità del coimputato non potesse intendersi minata dal fatto che egli avesse inizialmente dichiarato di non possedere stupefacente diverso dalla cocaina consegnata. Si è osservato sul punto come Casanova avesse ammesso, nel corso della perquisizione, di avere acquistato hashish alcuni giorni prima, aggiungendo che la droga era stata molto probabilmente portata via dal coinquilino. La Corte di merito ha logicamente evidenziato che, stante l’autonomia con cui venivano gestite le vendite dello stupefacente di cui facevano commercio gli imputati, fosse plausibile che COGNOME non avesse contezza dell’attuale presenza dell’hashish nell’abitazione – che pure aveva ammesso di avere acquistato alcuni giorni prima – escludendo che egli avesse voluto affermare il falso.
Tale passaggio motivazionale – contrastato in modo generico e reiterativo nel ricorso – esclude in radice che debba farsi luogo ad una valutazione frazionata delle dichiarazioni del propalante, essendo ciò necessario quando si accerti nel suo narrato la specifica falsità di un fatto, falsità negata dalla Corte di merito con argomentazioni immuni da censure.
In ogni caso, come correttamente osservato dalla Corte di merito, il nucleo essenziale del narrato del coimputato riguardante la comune detenzione delle sostanze stupefacenti rinvenute nell’abitazione ha trovato plurimi e solidi elementi di riscontro esterno, dotati d’innegabile, significativa rilevanza [cfr. in ordine agli elementi di riscontro quanto dettagliatamente riportato a pag. 20 della sentenza di primo grado e foglio 10 della motivazione della sentenza di appello: la sostanza di cui al capo 1 della rubrica è stata rinvenuta all’interno dell’abitazione in cui coabitavano pacificamente gli imputati; parte dello stupefacente, alcune attrezzature per il confezionamento delle dosi ed appunti manoscritti riguardanti il commercio della droga erano rinvenuti in zone di uso comune dell’appartamento (in particolare l’hashish era ritrovato all’interno del cestello della lavatrice collocata in salotto; la macchina per il sottovuoto marca COGNOME, il rotolo di sacchetti di nylon per sottovuoto e sedici sacchetti da sottovuoto, identici a quelli contenenti la cocaina e l’hashish, erano occultati in un mobile della cucina; sopra il tavolo della cucina veniva repertato un foglietto manoscritto con sopra scritta la frase “370 di COGNOME mancano 140 del fumo”); nella camera da letto di NOME COGNOME, all’interno di un troiley posto sotto il suo letto, veniva ritrovato un sacchetto per i
confezionamento sottovuoto identico a quelli che erano stati rinvenuti in cucina; la condivisa attività di smercio di sostanze stupefacenti era palesata dal contenuto della rnessaggistic,a Facebook recuperata dagli operanti).
Anche volendo sostenere, come prospettato dalla difesa, che COGNOME abbia detto il falso in ordine al possesso dell’hashish evenienza da escludersi alla luce di quanto detto in precedenza tale aspetto non incide comunque sulla sua generale, intrinseca attendibilità (cfr. Sez. 1, n. 26966 del 01/12/2022, dep. 2023, Rv. 284836:”In tema di valutazione probatoria della chiamata di correo, l’accertata falsità di uno specifico fatto narrato dal dichiarante non impedisce la valorizzazione delle parti ulteriori di un suo racconto più complesso, a condizione che queste siano supportate da precisi riscontri, anche non specifici, ma comunque idonei a compensare il difetto di attendibilità soggettiva”).
Del pari inammissibili risultano le doglianze afferenti al capo 2 della imputazione. Ivi si ripropongono motivi di censura già approfonditamente vagliati dalla Corte di merito con argomentare immune da GLYPH censure. GLYPH Né si GLYPH riscontra GLYPH il GLYPH lamentato difetto motivazionale prospettato dalla difesa circa l’attendibilità di quanto riferito da COGNOME nel corso del secondo verbale di sommarie informazioni. Valgono in proposito le argomentazioni illustrate nella sentenza impugnata al foglio 13 della motivazione, che richiamano quanto riportato a pag. 18 della sentenza di primo grado. L’attendibilità delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME ne: corso delle successive informazioni rese alla P.G. operante ha trovato puntuale conforto nel foglietto manoscritto rinvenuto sopra ii tavolo della GLYPH cucina GLYPH dell’abitazione, GLYPH sicuramente GLYPH riconducibile GLYPH a GLYPH COGNOME: ivi il ricorrente, allontanandosi dall’abitazione per recarsi dai genitori, informava COGNOME non solo del debito residuo del COGNOME, ma anche della presenza nel frigo di alimenti e bevande lasciati all’amico-correo, che tornava dal turno di lavoro.
Legittimo è il ricorso da parte dei giudici di mento al riscontro rappresentato dal biglietto manoscritto lasciato da COGNOME: in tema di valutazione delle prove testimoniali, pur non essendo necessario, è comunque consentito al giudice individuare elementi estrinseci atti ad avvalorare il racconto del teste, funzionali alla verifica della sua attendibilità.
Del pari inammissibili risultano le doglianze avanzare con il secondo motivo di ricorso. La Corte di merito ha validamente
sostenuto, con argomentazioni in fatto non suscettibili di essere rivalutate in questa sede, che non risultassero elementi per sostenere che COGNOME NOME avesse acquistato lo stupefacente da COGNOME al fine di cederlo a terzi e che, pertanto, dovesse ritenersi sostanzialmente indiziato per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, con tutte le conseguenze prospettate dalla difesa in ordine alla utilizzabilità delle sue dichiarazioni ai sensi dell’art. 63 cod. proc pen.
Quanto alle ulteriori censure avanzate nel secondo motivo di ricorso, tendenti a sostenere che le dichiarazioni di NOME siano comunque inutilizzabili, emergendo a suo carico indizi di reità in ordine alla fattispecie del favoreggiamento, è d’uopo rilevare come si tratti di motivo di doglianza, mai dedotto in sede di appello, sfornito di elementi a sostegno in grado di rendere apprezzabile la sua fondatezza: sebbene la difesa abbia allegato il verbale di sommarie informazioni rese da NOME, la circostanza lamentata non è desumibile dal richiamo al breve passaggio della deposizione riportata e valorizzata nel ricorso.
Destituita di fondamento è l’ultima censura riguardante la motivazione a sostegno del mancato riconoscimento della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 in relazione ai fatti di cui ai capi 2 e 4 della rubrica. Il rigetto riposa su argomentazioni non censurabili in questa sede. La Corte di merito ha fatto buon governo della norma che si assume violata: attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, ha negato la ricorrenza della fattispecie invocata sulla base di una serie di elementi (diversità delle sostanze commerciate, pluralità delle cessioni accertate, modalità di contatto con gli acquirenti, rilevanti quantitativi delle sostanze cadute in sequestro) indicativi della professionalità dell’attività illecita cui era dedito il ricorrente e della rilev capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti non compatibile con la nozione della minima offensività.
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Presidente