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Chiamata de relato: Cassazione annulla custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per omicidio, basata sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia. La decisione sottolinea la necessità di una verifica rigorosa sulla ‘chiamata de relato’ (accusa per sentito dire), evidenziando che le testimonianze devono essere autonome e indipendenti. La Corte ha riscontrato lacune nella motivazione del tribunale del riesame, che non ha adeguatamente verificato l’origine delle informazioni e le contraddizioni tra i dichiaranti.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chiamata de relato: quando le dichiarazioni “per sentito dire” non bastano

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44122 del 2024, è intervenuta su un tema cruciale della procedura penale: la valutazione della chiamata de relato proveniente da collaboratori di giustizia. La Suprema Corte ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare per omicidio, stabilendo che le accuse basate su informazioni “per sentito dire” richiedono un vaglio di attendibilità eccezionalmente rigoroso, che il giudice del riesame aveva omesso. Questa pronuncia ribadisce la necessità di garanzie solide prima di poter limitare la libertà personale di un individuo.

I Fatti del Caso: Omicidio e Accuse Basate su Collaboratori

Il caso riguarda un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un uomo, accusato di aver partecipato a un omicidio pluriaggravato avvenuto nel 2010, nell’ambito di un conflitto tra clan criminali. Secondo l’accusa, l’indagato avrebbe avuto il compito di recuperare gli esecutori materiali del delitto e di incendiare l’auto usata nell’azione.

L’intero quadro indiziario si fondava sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. La difesa ha impugnato l’ordinanza, sostenendo che tali dichiarazioni fossero inattendibili, contraddittorie e, soprattutto, basate su informazioni apprese per sentito dire, senza una verifica adeguata della fonte originaria.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Chiamata de Relato

Il ricorso presentato alla Corte di Cassazione si è concentrato sulla violazione di legge e sul vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La difesa ha evidenziato come il Tribunale del Riesame avesse ignorato diverse criticità:

1. Contraddizioni: Le versioni dei collaboratori divergevano su un punto fondamentale: il numero degli esecutori materiali dell’omicidio, entrando in conflitto anche con le testimonianze oculari.
2. Mancanza di Autonomia: Uno dei collaboratori aveva ammesso di essere a conoscenza delle dichiarazioni rese precedentemente dall’altro, minando il requisito dell’indipendenza reciproca.
3. Origine Ignota delle Informazioni: Le accuse erano basate su una chiamata de relato (anzi, in un caso, un “doppio de relato”), ma il Tribunale non aveva accertato con certezza la fonte primaria delle informazioni, formulando mere ipotesi.

In sostanza, la difesa ha sostenuto che il Tribunale avesse costruito un castello accusatorio su fondamenta fragili, senza applicare i rigorosi criteri che la giurisprudenza richiede per validare le accuse “per sentito dire”.

Le Motivazioni della Suprema Corte sulla Chiamata de Relato

La Corte di Cassazione ha accolto le censure della difesa, annullando l’ordinanza e rinviando il caso per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nella riaffermazione dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite (sentenza “Aquilina”) sulla valutazione della chiamata de relato.

I Rigorosi Criteri delle Sezioni Unite

La Corte ha ricordato che, affinché una chiamata “de relato” possa costituire un grave indizio, devono essere soddisfatte diverse condizioni cumulative:

* Credibilità soggettiva e attendibilità intrinseca di ogni dichiarante.
* Accertamento dei rapporti tra il dichiarante e la sua fonte diretta, per valutare la veridicità di quanto confidato.
* Convergenza individualizzante tra le varie chiamate su circostanze rilevanti.
* Indipendenza delle chiamate, che non devono essere frutto di accordi fraudolenti.
* Autonomia genetica, ovvero la loro derivazione da fonti di informazione diverse.

Le Lacune Motivazionali del Tribunale del Riesame

Secondo la Cassazione, il Tribunale del Riesame ha fallito proprio nell’applicare questi principi. In particolare, ha:

* Aggirato l’accertamento della fonte primaria: Di fronte a una dichiarazione “de relato”, il giudice si è limitato a formulare un’ipotesi “congetturale” su chi fosse la fonte originaria, senza escludere che potesse essere la stessa per entrambi i collaboratori. Questo ha impedito di verificare l’autonomia genetica delle accuse.
* Omesso di valutare la non indipendenza: Non ha affrontato la circostanza, ammessa da uno dei collaboratori, di conoscere già le dichiarazioni dell’altro. Questo fatto mina pesantemente il valore della sua testimonianza come riscontro esterno.
* Tralasciato le contraddizioni: Non ha fornito una spiegazione logica per le divergenze tra i narrati riguardo a elementi centrali come il numero dei killer.

Infine, la Corte ha respinto il tentativo di qualificare le informazioni come “patrimonio conoscitivo comune” dell’associazione criminale, poiché anche tale affermazione richiede una verifica specifica che, nel caso in esame, è mancata.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio

La sentenza si conclude con l’annullamento dell’ordinanza impugnata e la trasmissione degli atti al Tribunale di Catanzaro per un nuovo esame. Questa decisione è un monito importante: le misure cautelari, specialmente quelle che privano una persona della libertà, non possono basarsi su indizi deboli, contraddittori o non adeguatamente verificati. La chiamata de relato può avere valore probatorio, ma solo se sottoposta a un esame critico, approfondito e rigoroso, che ne accerti la reale attendibilità e indipendenza. In assenza di tale scrutinio, essa rimane una semplice voce, insufficiente a giustificare la detenzione.

Può una persona essere messa in custodia cautelare sulla base di dichiarazioni “per sentito dire” di un collaboratore di giustizia?
Sì, ma solo a condizioni molto rigorose. La Corte di Cassazione stabilisce che la chiamata in correità “de relato” (per sentito dire) deve essere supportata da una valutazione approfondita della sua attendibilità, che include la credibilità del dichiarante, la verifica della fonte originaria, la convergenza con altre dichiarazioni indipendenti e la loro autonomia genetica.

Quali sono i requisiti che le dichiarazioni “de relato” devono avere per essere considerate un valido indizio?
Secondo la sentenza, basata sui principi delle Sezioni Unite, le dichiarazioni devono essere valutate sotto plurimi profili: credibilità soggettiva del dichiarante e intrinseca del racconto; accertamento dei rapporti con la fonte; convergenza individualizzante con altre accuse; indipendenza reciproca (non frutto di accordi); e autonomia genetica (devono derivare da fonti diverse).

Cosa succede se il giudice non riesce a identificare con certezza la fonte originaria di un’accusa “de relato”?
Come chiarito in questa sentenza, se il giudice non accerta la fonte primaria ma si limita a fare ipotesi o congetture, la motivazione dell’ordinanza cautelare è viziata. L’identificazione della fonte è un passaggio necessario per verificare l’indipendenza e l’autonomia delle accuse, e la sua omissione porta all’annullamento del provvedimento, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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