Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25572 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25572 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a REGGIO CALABRIA il 28/05/1982
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 26/05/1985
avverso l’ordinanza del 19/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 codice di rito, il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza con la quale il GIP del Tribunale aveva applicato a COGNOME NOME e a COGNOME Santo la misura della custodia cautelare in carcere in quanto gravemente indiziati dei reato di cui ai capi HH, D, KK e GG della contestazione provvisoria in relazione ai reati di cui agli art.81, 110 c.p.; art.73 co.1; art.80 comma 2 d.P.R. 309/90, perché cedevano a COGNOME NOME, o comunque ad acquirenti ignoti posti in contatto da COGNOME NOME, quantitativi variabili di sostanza stupefacente del tipo cocaina, mai inferiori al peso di due chilogrammi.
Da quanto emerge dall’ordinanza impugnata, il compendio probatorio è in prevalenza costituito dal contenuto di comunicazioni tra gli indagati che costoro avevano scambiato giovandosi di un sistema criptato (ma anche da intercettazioni, dagli esiti del controllo dei tabulati telefonici e delle geolocalizzazioni, da riprese video e da attività di riscontro della polizia giudiziaria).
2.1. Il Tribunale ha rigettato la censura con la quale si era contestata l’utilizzabilità delle citate comunicazioni che consistono in messaggistica scambiata su una piattaforma chiamata RAGIONE_SOCIALE, cioè un’applicazione crittografata end-toend prodotta e fornita dalla società canadese RAGIONE_SOCIALE, trasmessa su appositi supporti digitali dall’autorità giudiziaria francese, tutti versati in copia agli at Autorità che, a sua volta, aveva emesso in Francia specifici provvedimenti di acquisizione di quei dati già conservati in un server. Il sistema, com’è ormai emerso in altri procedimenti penali, consente lo scambio di comunicazioni mediante uso di cripto-telefonini o smartphones, modificati in modo da garantirne la inviolabilità. Il Tribunale ha descritto tale sistema e le modalità con le quali l’autorità giudiziaria francese era stato in grado di penetrarlo, nonché di riuscire a decrittare le comunicazioni scambiate tramite questa piattaforma. Assumeva il Tribunale del Riesame che la messaggistica valorizzata ai fini della ricostruzione del quadro indiziario a carico di COGNOME NOME e di COGNOME COGNOME risultava acquisita nell’ambito di autonoma indagine estera precisando, intanto, che il materiale probatorio rappresentato da queste chat era stato acquisito in forza di specifici O.E.I. emessi dal pubblico ministero procedente sulla base di precisi target individuati dai codici identificativi degli utenti, rimarcando la indispensabilità dell’acquisizione ai fini dell’accertamento del reato di traffico internazionale di sostanze stupefacenti e di reati di associazione di tipo mafioso.
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2.2. Dopo avere escluso la ricorrenza di ipotesi di inutilizzabilità dei flussi di comunicazioni acquisite tramite OEI da parte dell’autorità giudiziaria italiana in relazione a codici identificativi di cui si assume la riconducibilità agli odierni ricorrenti, il giudice del riesame passava in rassegna le censure articolate dalla difesa del COGNOME e del COGNOME tese a contrastare l’abbinamento delle chat così acquisite ai suddetti indagati.
Ha, quindi, ricostruito l’intervenuta identificazione degli indagati ricorrenti, in base alla utilizzazione del PIN oggetto d’indagine, identificazione avvenuta incrociando i plurimi dati disponibili (nickname, nel caso del GULLI’ “NOME COGNOME e Santa Cruz”, riferimenti fatti dai conversanti, riferimenti a particolari di vita familiare, luogo di residenza, provenienza geografica, titolarità di un ristorante in provincia di Milano, collegamenti con il co-indagato COGNOME trascorsi carcerari e conoscenze in comune con l’interlocutore “NOME NOME“, indicazioni su luoghi di consegna dello stupefacente compatibili con l’abitazione del GULLF in Reggio Calabria e alle indicazioni stradali suggerite all’interlocutore a fronte di accertata residenza del GULLI’ nel paese di Gallina nel corso dell’anno 2023, possesso di un’autovettura Smart di cui risultava trasmessa in chat la foto di un interno, corrispondenza del segno zodiacale; riferimento ad una attività di vendita di agrumi del fratello dell’intestatario della chat, poi confermata dall’attività di indagine).
Con riferimento al Flaviano il Tribunale del Riesame, pur rilevando la genericità delle contestazioni difensive, evidenziava che lo stesso era intestatario del PIN CODICE_FISCALE con nickname “nnoschino” e che la sua identificazione era intervenuta mediante riscontro di un suo soggiorno in Cologno Monzese presso un albergo ove, nella stessa data indicata in chat, risultava avere dimorato, nonché per essere risultato imbarcato su volo aereo diretto a Fiumicino in corrispondenza di data (9.2.2021) in cui aveva comunicato con il proprio interlocutore tale spostamento ed era stato poi identificato in tale occasione. L’indagato risultava poi titolare del veicolo Fiat Qubo di cui, secondo quanto indicato nella messaggistica, doveva curare la vendita. Era risultato poi abitare proprio nella strada indicata nella chat.
2.3. Ciò premesso, ha ritenuto sussistente la gravità indiziaria in ordine alla loro partecipazione alle cessioni dello stupefacente di cui alla contestazione provvisoria, superando le contestazioni difensive concernenti i singoli episodi criminosi ascritti e, in particolare, quello relativo al carico esfiltrato in data 12 gennaio 2021 all’interno del Porto di Gioia Tauro, sul presupposto che in relazione alla importazione di tale carico, l’attività investigativa aveva condotto all’accertamento di numerose e differenziate responsabilità (Operazione RAGIONE_SOCIALE).
2.3.1. Assume il Tribunale del Riesame che sulla base delle chat acquisite in epoca successiva rispetto a quelle dell’Operazione Tre Croci, non poteva emergere alcuna incompatibilità logica e fattuale tra le due operazioni, in quanto non era dato sapere, neppure alla stregua degli esiti della operazione più risalente (Tre Croci), quale era stata la finale destinazione del carico di 300 kg di cocaina esfiltrato; l’accertato coinvolgimento di altri intermediari o interessati allo sbarco del container (quali COGNOME e COGNOME) non escludeva la compresenza di altri soggetti interessati ad acquisire la disponibilità totale o parziale del carico, così come la utile presenza dello COGNOME il quale, pur non compreso nella squadra che avrebbe dovuto curare l’esfiltrazione del carico, palesava evidente colleganza con gli addetti alle operazioni di sbarco, prospettando all’interlocutore COGNOME la necessità di concordare con i portuali addetti allo scarico le percentuali di guadagno anche in vista delle successive operazioni illecite. Evidenzia altresì che il COGNOME manteneva i contatti con i fornitori albanesi e quindi la sua sfera di operatività si poneva su un diverso livello rispetto alle responsabilità dei portuali accertate nell’indagine denominata Tre Croci; risultava poi palesato nelle chat il profitto, in termini percentuali rispetto al valore della merce, che sarebbe spettata allo stesso COGNOME e allo COGNOME; si poneva poi ad evidenziare le modalità esecutive del successivo trasferimento dei singoli carichi di stupefacente e le mansioni del corriere COGNOME nel recapitarli ai vari destinatari, nonché le operazioni di ritiro del COGNOME in Reggio Calabria tramite propri emissari (capo GG), in due tranches a Reggio Calabria da parte di emissario del COGNOME, denominato COGNOME (capo HH); nonché mediante consegna in Arangea a emissari di COGNOME (capo JJ) e tramite COGNOME a mezzo di emissario del COGNOME (corriere nervoso) per il successivo trasferimento a Milano – Cologno Monzese (capo KK). 3. La difesa di COGNOME Antonio e di COGNOME Santo ha proposto ricorso per cassazione, formulando due motivi di ricorso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.1. Con il primo motivo assume violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla utilizzabilità delle chat criptate Sky Ecc in relazione agli artt. 234 bis, 266, 266 bis e 270 cod.proc.pen., denunciando altresì la violazione della disciplina concernente l’acquisizione dei flussi informatici delle comunicazioni tra indagati per omessa indicazione del procedimento penale francese in cui erano state acquisite le chat; per omessa ostensione delle fonti investigative dalla quali l’autorità italiana era venuta a conoscenza delle chat e delle modalità con cui era entrata in possesso del contenuto delle stesse prima dell’inoltro delle OEI; per mancato rispetto dei limiti di utilizzabilità delle chat Sky Ecc, acquisite nell’ambito della cooperazione internazionale giudiziaria, con violazione della
sentenza della Corte di Giustizia del 2.3.2021 per omessa indicazione delle modalità di acquisizione e decrittazione delle chat; nonché, infine per il mancato rispetto dei principi fondamentali del diritto di difesa e del contraddittorio in relazione all’art.31 direttiva 2014/41/UE.
Assume che gli OEI erano stati inoltrati all’esito di tre informative della Guardia di Finanza, dalle quali già emergevano i contenuti delle chat, senza indicazione delle modalità di acquisizione da parte della PG e della data in cui le stesse erano state trasmesse dall’autorità transalpina, senza neppure l’indicazione del procedimento penale pendente presso l’autorità francese ovvero senza l’indicazione di elementi da cui sarebbe stato possibile risalire a detto procedimento, se non il generico riferimento al collegamento con una precedente richiesta di OEI. Sotto diverso profilo lamenta il fatto che proprio dal contenuto della OEI trasmessa all’autorità francese, la quale non aveva svolto alcuna preliminare investigazione sui fatti oggetto dell’odierno procedimento, risulta che la PG aveva svolto indagini sulle chat prima della materiale acquisizione delle stesse da parte del PM, di talchè non era dato sapere in che modo gli organi investigativi fossero venuti a conoscenza di elementi desumibili dalle chat in palese violazione dell’art.3 della suddetta direttiva.
Assume la difesa un’ulteriore violazione con riferimento alle disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria, in ragione dell’omessa notifica da parte delle autorità francesi della intercettazioni delle comunicazioni ai soggetti interessati, in dispregio dell’art.31 della direttiva, con compromissione del diritto di difesa degli indagati in ordine alla conoscenza della modalità di acquisizione delle prove, né rileva la circostanza che la identificazione dei titolari dei PIN sia avvenuta in un momento successivo, atteso che risultava già accertato, al momento di esecuzione delle operazioni, che le utenze si trovavano nel territorio nazionale, né il modulo utilizzato per gli OEI forniva informazioni essenziali sull’origine e sulle modalità di acquisizione delle chat. Assume ancora la violazione dell’art.6 CEDU e dell’art.111 Cost., con riferimento al mancato rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio per il mancato accesso alle chiavi crittografiche e all’algoritmo utilizzato per decriptare le chat e in ordine alla corrispondenza dei dati estrapolati rispetto a quelli originali con lesione del diritto al contraddittorio.
3.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti assumono violazione di legge in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, con particolare riferimento ai criteri logici e inferenziali che avevano condotto a riconoscere l’abbinamento tra le utenze dei criptofonini identificate mediante specifico codice con gli odierni ricorrenti, nonché in relazione al collegamento degli stessi
con i fatti che gli venivano specificamente contestati soprattutto in relazione a quelli già in precedenza scrutinati nell’operazione investigativa TRE Croci, relativa alla esternalizzazione di un carico di stupefacente di trecento chilogrammi avvenuta nel Porto di Gioia Tauro nella data del 12 gennaio 2021.
Sotto un primo profilo la difesa dei ricorrenti contesta la gravità indiziaria con riferimento agli indici di collegamento delle chat con i ricorrenti e quindi all’identificazione degli stessi quali utilizzatori delle chat acquisite, in considerazione della equivocità dei suddetti indici di collegamento, tenuto altresì conto che i criptofonini erano soggetti a essere trasferiti tra diversi utenti.
Sotto diverso profilo evidenzia l’assoluta incertezza del coinvolgimento degli odierni indagati nella esfiltrazione del carico di 333 kg di cocaina presso il porto di Gioia Tauro dalla nave cargo MSC ANZU diretta in Turchia e proveniente dall’ECUADOR, avvenuta in data 12 gennaio 2021, in quanto le vicende connesse alla suddetta spedizione e alle attività del personale portuale consistite nell’esfiltrazione e nel recupero del carico, con successivo avvio alla destinazione finale, aveva già formato oggetto di una diversa operazione denominata RAGIONE_SOCIALE che aveva da un lato condotto all’accertamento dei fatti, cui era risultato estraneo l’identificativo “RAGIONE_SOCIALE“, preteso referente del COGNOME, e acclarato le singole responsabilità in sede giudiziaria, che rendevano inconciliabili le asserite vesti di destinatari acquirenti degli odierni indagati e di intermediario portuale da parte del “COGNOME“, COGNOME in presenza di corrispondenti ruoli rivestiti da altri soggetti quali COGNOME e COGNOME. Dopo avere riportato ampi stralci di memoria difensiva depositata dinanzi al Tribunale del Riesame in ordine alla suddetta sovrapposizione di indagini da cui erano emerse realtà fattuali tra loro incompatibili e dopo altresì avere evidenziato che le comunicazioni intrattenute tra la utenza di cui si asseriva la titolarità in capo al COGNOME con il socio in affare COGNOME mancavano spesso le risposte di quest’ultimo alle sollecitazioni del primo, ribadiva la inconciliabilità degli elementi indiziari assunti a carico degli odierni indagati con i fatti accertati nell’ambito della operazione Tre Croci, tantochè al COGNOME non era stata contestata l’importazione dell’intero carico, ma solo di essere il destinatario di singole porzioni dello stupefacente, successivamente veicolate, anche tramite il COGNOME, verso terzi acquirenti. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Si dolgono i ricorrenti di una motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, in quanto la incertezza sui contatti con i fornitori della sostanza proveniente dal Sud America non risolveva la questione dei ruoli rivestiti dai soggetti incaricati della esfiltrazione dei container dalla nave, tra i quali non compariva, in quel procedimento, la figura dello COGNOME (Nick name Limonara), cui veniva invece attribuito un ruolo centrale come intermediario nel presente procedimento, sebbene non risultasse indagato, mentre assumevano rilevanza nella
indagine COGNOME altri soggetti riconducibili a tutt’altro gruppo criminale, senza che lo COGNOME risultasse in qualche modo coinvolto nell’esfiltrazione.
Assume la parte ricorrente che l’acquisizione di dati a freddo e a caldo da parte dell’autorità giudiziaria francese e l’assenza di certezza sulla effettiva utilizzazione dei criptofonini monitorati da parte degli indagati, aveva determinato una commistione e confusione di dati che non erano tra loro conciliabili, ma aveva determinato il fenomeno di una raccolta a strascico del tutto illegittima e foriera di sovrapposizioni e falsificazioni, nonché priva di segmenti fondamentali delle conversazioni idonee a rappresentare, in termini di gravità indiziaria, l’intervenuto accordo su uno specifico oggetto di matrice illecita, non potendo essere verosimile una duplice ricostruzione della provenienza della medesima partita di sostanza stupefacente. Da qui deriva un evidente vulnus nella complessiva impostazione della prospettazione accusatoria, che non può che derivare da un fallace abbinamento dei criptofonini.
Con lo stesso motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la lacunosità della motivazione dell’ordinanza impugnata anche con riferimento alle riconosciute esigenze cautelari in relazione al pericolo di recidivazione criminosa, in quanto i delitti contestati risalgono all’anno 2021 e, nonostante lo stato di libertà, gli indagati avevano cessato qualsivoglia operazione illecita, argomento questo che rappresenta un rilevante profilo di contraddittorietà della motivazione che aveva ritenuto l’atttualità delle esigenze e aveva selezionato la custodia in carcere quale misura idonea a proporzionata a fronteggiarle, pur dando atto della cessazione dell’attività illecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano generici e privi di un ragionato confronto con la decisione impugnata e non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME). Va ricordato, in proposito che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, ovvero che propongano una diversa ricostruzione dei fatti reato, da ritenersi maggiormente convincente e plausibile. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Ry.276976; Sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.COGNOME, Ry.255460).
2.1 Quanto al rilievo difensivo concernente la mancata individuazione del procedimento francese in cui risultano acquisite le chat, la censura è infondata. Il giudice del riesame ha riportato per intero e in neretto a pag.7 dell’ordinanza
il contenuto dell’OEI che ha dato luogo all’acquisizione delle chat in esame, evidenziando come l’indagine costituisca una costola di altro procedimento, incardinato presso la DDA di Milano fin dall’anno 2019 che aveva condotto all’arresto di vari componenti di un gruppo ‘ndranghetistico di stanza a Milano nel corso dell’anno 2022, cui avevano fatto seguito intercettazioni telefoniche e ambientali nei confronti di soggetti che poi sono risultati possedere anche cripto-fonini; da lì erano seguite ulteriori investigazioni all’esito delle quali era stato emesso un preliminare OEI con acquisizione delle conversazioni contenute nei server e relative ad alcune utenze Skyecc già individuate.
A seguito di un ulteriore impulso alle indagini, la GdF di Pavia “ha proceduto allo sviluppo ed analisi delle risultanze di pacchetti SKYECC (seguono numerosi identificativi) acquisiti tramite Commissione rogatoria della Corte di appello di Parigi (con indicazione di numerosi identificativi e numeri di pratiche istruttorie). La parziale analisi dei dati ricevuti ha consentito di appurare lo scambio di messaggi anche con altre utenze” in relazione alle quali viene trasmesso l’OEI di rilevanza ai fini del presente procedimento. In definitiva non ricorre nessuna nullità di ordine processuale, inerente a un difetto di individuazione del procedimento penale nello Stato francese di esecuzione nel corso delle quali risultano acquisiti i dati sulla messaggistica SKY Ecc di cui all’odierno procedimento: gli estremi del procedimento francese sono riportati nell’ordine europeo di indagine mediante il richiamo di un ordine europeo di indagine precedente ed i relativi richiami ai procedimenti francesi; nessuna violazione del principio del contraddittorio o del diritto di difesa si è consumata, poiché sono stati acquisiti tutti i provvedimenti autorizzatori dell’A.G. francese, rispetto a reati che anche nel nostro ordinamento avrebbero consentito l’uso del mezzo intercettivo, con garanzia di autenticità ed integrità dei dati, anche in ragione del principio, ampiamente riconosciuto nella giurisprudenza di legittimità, e da ultimo dalle richiamate pronunce a S.U., della presunzione relativa di conformità ai diritti fondamentali dell’attività svolta dall’autorità giudiziaria estera nell’ambito dei rapporti di collaborazione ai fini dell’acquisizione di prove, e dell’onere della difesa di allegare e provare il fatto dal quale dipende la violazione denunciata (sez.6, n.44842 del 4/10/2023, COGNOME, Rv.285286-01; Sez.3, n. n.1396 del 12/10/2021, dep2022, COGNOME, Ry.282886; Sez.4, n.19216 del 19/11/2019, COGNOME, Ry.279246). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Le ulteriori doglianze di violazione dei diritti di difesa e del principio del contraddittorio (inosservanza degli artt.30 e 31 direttiva OEI e art.6 CEDU in relazione alla genuinità dei contenuti rispetto al pericolo di manipolazione e falsificazione) risultano assolutamente generiche, prive di confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata come ampiamente sviluppata nelle pagine 3-
11 e superate dai passaggi motivazionali di cui alle sopra indicate sentenze a SU dell’anno 2024 le quali hanno da un lato evidenziato che la mancata notifica ai sensi dell’art.31 cit. della intercettazione alla autorità competente dello Stato membro in cui risulti attivo “l’indirizzo di comunicazione”, non costituisce ipotesi di inutilizzabilità delle conversazioni acquisite tramite OEI, in quanto la funzione della notifica è quella di consentire la verifica di ammissibilità della intercettazione anche nello Stato estero ove si trovano domiciliati gli interlocutori, conseguendo la inutilizzabilità dei dati captati soltanto in ipotesi in cui le intercettazioni sono state disposte in riferimento ad un reato per il quale, secondo l’ordinamento interno, le intercettazioni non sono consentite (artt.23 e 24 d.lgs. n.108/2017 in attuazione degli art.30 e 31 Direttiva cit.; Sez.Un. n.23756 del 29/02/2024, Giorgi cit., pag.42). Al contempo i giudici di legittimità a Sezioni Unite non hanno ravvisato alcuna violazione dei diritti fondamentali della difesa in ragione del mancato accesso all’algoritmo utilizzato nell’ambito di un sistema di comunicazione per “criptare” il contenuto delle stesse, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, per cui una chiave errata non ha alcuna possibilità di decrittarlo, anche solo parzialmente (sez.Un., Gjuzi cit, Rv.285673-06). D’altro canto la difesa dei ricorrenti non ha allegato alcun elemento volto a contrastare tali considerazioni sulla genuinità ed affidabilità dei contenuti della messaggistica acquisita tramite OEI.
3. Quanto al secondo motivo di ricorso concernente la condizione della gravità indiziaria, lo stesso risulta parimenti inammissibile in quanto meramente avversativo, con riferimento alla identificazione degli indagati come soggetti dialoganti nelle chat, degli argomenti, di rilevantissima valenza indiziaria (in quanto plurimi, univoci e individualizzanti in termini pluridirezionali) sviluppati dai giudici della cautela, che conducono razionalmente alla loro persona (per il GULLI’ utilizzo di due utenze con il nickname del fondatore di un cartello messicano e di un narcos colombiano; la dichiarazione di essere di Reggio Calabria e di abitare a Milano, città in cui gestisce un locale di ristorazione; una pregressa esperienza carceraria; la disponibilità di un’abitazione nei pressi dell’uscita dell’autostrada “Arangea” in cui venivano eseguite le consegne; il possesso di un’autovettura Smart; la nascita sotto il segno zodiacale dei gemelli; l’attività di coltivazione di agrumi di un fratello); la difesa li contesta individualmente, come elementi generici fungibili, riferibili a chicchessia, ma perde la visione di insieme, poiché è la combinazione di tutti gli elementi che conduce logicamente ad identificare il colloquiante nel Gullì. Gli elementi individualizzanti nei confronti
del NOME sono ancora più puntuali ed univoci e il ricorrente li contesta in termini del tutto generici ed assertivi.
3.1 Con riferimento al coinvolgimento dei ricorrenti nella importazione e nella successiva destinazione dello stupefacente ai vari destinatari, anche mediante corrieri (TRIMBOLI), il motivo di ricorso si limita a riproporre una alternativa ricostruzione dei fatti che vede come protagonista un diverso consesso criminale che, attraverso la complicità di soggetti addetti al controllo delle merci in transito nel porto di Gioia Tauro e mediante l’ausilio di portuali infedeli addetti allo scarico dei container, aveva movimentato e successivamente recuperato l’ingente quantitativo di stupefacente di cui all’odierna contestazione provvisoria. La censura si presenta in fatto e priva di confronto con l’ordinanza impugnata la quale risulta assolutamente logica nell’evidenziare il collegamento degli indagati con lo COGNOME (nick-name COGNOME) che si era assunto per conto dei ricorrenti l’incarico di procedere all’esfiltrazione dello stupefacente dalla nave cargo e la portata gravemente indiziante delle intercettazioni in ordine al traffico di molteplici chilogrammi di cocaina da parte dei due indagati (pagine 14-17 dell’ordinanza impugnata), dopo avere espresso, in una motivazione sostanzialmente non aggredita dal ricorso, una valutazione di piena compatibilità tra gli univoci profili indiziari a carico dei ricorrenti e gli ulteriori e captativi, valorizzati nel separato procedimento Tre Croci, a carico delle squadre di portuali infedeli addetti allo scarico.
Il motivo di ricorso relativo alla ricorrenza di esigenze cautelari e alla scelta della misura custodiale risulta manifestamente infondato. Le esigenze cautelari e la scelta della misura sono adeguatamente motivate, in considerazione della gravità dei fatti, del volume di affari, della struttura organizzativa (uso dei criptofonini; rapporti con tutti i diversi soggetti coinvolti nella filiera illecita; impiego di capitali), della dimensione internazionale dei traffici, della programmazione di ulteriori traffici, dei precedenti del Gullì, dello svolgimento di parte dell’attività dall’abitazione o nei pressi di questa.
Il tempo trascorso dagli avvenimenti di cui alle contestazioni, rispetto a fatti così gravi e organizzati, è elemento assolutamente recessivo, anche ai fini della scelta della misura. La valutazione del giudice di merito, congruamente motivata, non è suscettibile di essere ulteriormente scrutinata in questa sede.
In conclusione i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità per assenza di colpa, al pagamento di
una somma, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., in favore della Cassa delle
Ammende, che si determina come da dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese p cessuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Manda la cancelleria per l’avviso ai sensi dell’art.94, comma 1 ter disp. att.
proc. pen.
Così deciso nella camera di consiglio del 17 aprile 2025.