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Chat criptate utilizzabili: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due individui accusati di traffico internazionale di cocaina, basandosi su prove derivanti da chat criptate. La sentenza chiarisce che i dati ottenuti da autorità estere tramite Ordine Europeo di Indagine (OEI) sono pienamente utilizzabili come prova, qualificandoli come ‘circolazione probatoria’ e non come intercettazioni da autorizzare ex novo. La difesa non è riuscita a dimostrare una violazione dei diritti fondamentali nell’acquisizione originale dei dati, rendendo le prove valide e confermando la gravità indiziaria a carico degli imputati.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat Criptate: la Cassazione ne Conferma l’Utilizzabilità nei Processi Penali

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato una questione cruciale per le indagini moderne: l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute da autorità giudiziarie estere. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza, specialmente nei processi per criminalità organizzata e traffico internazionale di stupefacenti. Questo caso specifico riguardava due individui accusati di aver movimentato ingenti quantitativi di cocaina, le cui attività erano state ricostruite principalmente attraverso le conversazioni su una nota piattaforma di comunicazione cifrata.

I Fatti del Caso

Il Tribunale del Riesame aveva confermato la custodia cautelare in carcere per due soggetti, gravemente indiziati di aver ceduto a vari acquirenti quantitativi di cocaina mai inferiori ai due chilogrammi. Il quadro probatorio si basava in larga parte sul contenuto di comunicazioni scambiate tramite un sistema criptato, i cui dati erano stati acquisiti dall’autorità giudiziaria francese e successivamente trasmessi all’Italia tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI). Oltre alle chat, le indagini si erano avvalse di intercettazioni tradizionali, tabulati telefonici, geolocalizzazioni e attività di riscontro della polizia giudiziaria.

Le Censure dei Ricorrenti

La difesa aveva proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Violazione di legge sull’utilizzabilità delle chat: Si contestava la legittimità dell’acquisizione dei flussi informatici, sostenendo che l’autorità italiana avrebbe dovuto ottenere una propria autorizzazione per utilizzare quelle che, a loro dire, erano a tutti gli effetti intercettazioni. Veniva lamentata l’omessa indicazione del procedimento penale francese di origine, la mancata ostensione delle fonti investigative e la violazione dei principi di difesa e del contraddittorio, anche in relazione all’impossibilità di verificare gli algoritmi di decrittazione.
2. Carenza di gravità indiziaria: I ricorrenti contestavano l’abbinamento tra le utenze dei telefoni criptati e le loro persone, definendo gli indizi equivoci. Inoltre, evidenziavano una presunta inconciliabilità tra le risultanze delle chat e quelle di una precedente operazione investigativa relativa a un maxi-sequestro di droga, sostenendo che i ruoli e i soggetti coinvolti non fossero compatibili.

Le Motivazioni della Cassazione sulle Chat Criptate

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, fornendo una motivazione solida e in linea con le recenti pronunce delle Sezioni Unite. Per quanto riguarda l’utilizzabilità delle chat criptate, i giudici hanno chiarito un punto fondamentale: l’acquisizione tramite OEI di comunicazioni già captate e decrittate da un’autorità estera non costituisce un’intercettazione in corso, ma rientra nella disciplina della ‘circolazione della prova’ tra procedimenti penali. Di conseguenza, non è necessaria una preventiva autorizzazione del giudice italiano. La Corte ha ribadito che spetta alla difesa l’onere di allegare e provare fatti specifici che dimostrino una violazione dei diritti fondamentali (come il diritto di difesa) da parte dell’autorità straniera che ha originariamente raccolto la prova. Le censure generiche, come quelle proposte nel caso di specie, non sono sufficienti a determinare l’inutilizzabilità dei dati.

Le Motivazioni sulla Gravità Indiziaria e le Esigenze Cautelari

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Cassazione ha ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse logicamente e adeguatamente motivato l’identificazione degli indagati come utilizzatori dei dispositivi criptati. Tale identificazione non si basava su un singolo elemento, ma sulla convergenza di molteplici indizi: nickname utilizzati nelle chat, riferimenti a dettagli della vita privata e familiare, luoghi di residenza e frequentazione, possesso di veicoli specifici e persino la corrispondenza del segno zodiacale. La combinazione di questi elementi, secondo la Corte, conduceva ‘razionalmente’ all’identificazione dei soggetti. È stata inoltre respinta la tesi dell’incompatibilità con la precedente indagine, poiché le chat fornivano semplicemente un quadro più ampio e dettagliato, svelando ruoli e responsabilità diverse ma non per questo inconciliabili. Infine, la Corte ha confermato la sussistenza delle esigenze cautelari, ritenendo la custodia in carcere una misura proporzionata alla gravità dei fatti, alla struttura organizzativa, alla dimensione internazionale del traffico e ai precedenti degli indagati.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della validità processuale delle prove digitali acquisite tramite cooperazione giudiziaria europea. Stabilisce che, in assenza di prove concrete di una violazione dei diritti fondamentali nello Stato di origine, le chat criptate ottenute via OEI sono una fonte di prova pienamente legittima nel processo penale italiano. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione degli inquirenti nella lotta alla criminalità organizzata transnazionale, che fa sempre più affidamento su tecnologie di comunicazione sicura per coordinare le proprie attività illecite.

Le chat criptate ottenute da un altro Stato UE sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’acquisizione di dati di comunicazioni già intercettate e decifrate da un’autorità giudiziaria estera, tramite Ordine Europeo di Indagine, rientra nella ‘circolazione della prova’ e non richiede una nuova autorizzazione del giudice italiano, a meno che non si provi una violazione dei diritti fondamentali nello Stato che ha condotto l’indagine originaria.

È sufficiente contestare genericamente la violazione del diritto di difesa da parte dello Stato estero per rendere inutilizzabile la prova?
No. Secondo la Corte, non basta una lamentela generica. La parte che eccepisce l’inutilizzabilità ha l’onere di allegare e provare fatti specifici da cui si possa desumere che l’acquisizione della prova all’estero sia avvenuta in violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dall’ordinamento italiano.

Come si può identificare l’utilizzatore di un telefono criptato non intestato a una persona specifica?
L’identificazione può avvenire attraverso un processo logico-deduttivo basato sulla convergenza di più elementi indiziari. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto valido l’insieme di prove quali nickname, riferimenti a dettagli personali e familiari, luoghi di residenza, possesso di veicoli, e persino il segno zodiacale emersi nelle conversazioni, che nel loro complesso conducevano in modo univoco agli indagati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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