LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Chat criptate: prova documentale secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato accusato di tentato omicidio, confermando l’utilizzabilità delle conversazioni avvenute su una piattaforma di chat criptate. Tali conversazioni, acquisite dalle autorità francesi e trasmesse a quelle italiane tramite un Ordine di Indagine Europeo (OIE), non sono state considerate intercettazioni, ma prove documentali. La Corte ha chiarito che l’acquisizione ex post di messaggi già scambiati e decifrati è un’attività diversa dalla captazione in tempo reale del flusso di comunicazioni, legittimando così il loro uso nel procedimento sulla base del principio di mutuo riconoscimento tra Stati membri dell’UE.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat Criptate nel Processo Penale: La Cassazione fa Chiarezza

Nell’era digitale, la criminalità organizzata si avvale di strumenti sempre più sofisticati per comunicare, come le chat criptate, che garantiscono un elevato livello di riservatezza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2312/2024) ha affrontato un tema cruciale: come possono essere utilizzate queste conversazioni in un processo penale, specialmente quando vengono acquisite tramite cooperazione giudiziaria internazionale? La Corte ha tracciato una linea netta tra intercettazione e acquisizione di documenti, fornendo un’interpretazione fondamentale per le indagini moderne.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria riguarda un ricorso presentato da un imputato sottoposto a custodia cautelare in carcere per tentato omicidio premeditato. Secondo l’accusa, l’indagato, insieme ad altri complici, avrebbe pianificato l’eliminazione fisica di un uomo. Le fasi organizzative del delitto sarebbero state discusse e coordinate attraverso un noto sistema di comunicazione criptata, utilizzando telefoni appositamente modificati per garantire l’anonimato e la segretezza.

L’Acquisizione delle Chat Criptate e i Motivi del Ricorso

L’elemento probatorio chiave era costituito proprio dai messaggi scambiati su questa piattaforma. Tali dati non sono stati ottenuti tramite un’intercettazione disposta dalla magistratura italiana, bensì acquisiti dalle autorità giudiziarie francesi, che avevano individuato e decifrato i dati contenuti nel server del sistema di comunicazione. Successivamente, la Procura di Roma, tramite un Ordine di Indagine Europeo (OIE), ha richiesto e ottenuto la trasmissione di queste conversazioni.

La difesa dell’imputato ha contestato l’utilizzabilità di queste chat criptate, sostenendo che la loro acquisizione fosse avvenuta senza le garanzie previste dalla legge italiana per le intercettazioni (art. 266 e ss. c.p.p.), come un decreto autorizzativo di un giudice italiano. Secondo i legali, l’uso dell’OIE non poteva sanare questa presunta violazione, in quanto si trattava di una vera e propria attività di captazione che richiedeva il controllo giurisdizionale nazionale.

Le Motivazioni della Cassazione: la Distinzione tra Intercettazione e Documento

La Suprema Corte ha respinto integralmente le argomentazioni difensive, offrendo un’analisi dettagliata della natura giuridica delle prove acquisite. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione fondamentale tra due attività investigative distinte:

1. L’intercettazione di flussi di comunicazione: Questa attività, regolata dagli artt. 266 e ss. c.p.p., consiste nella captazione del messaggio in tempo reale, mentre viene trasmesso dal mittente al destinatario. È un’attività che incide sulla libertà e segretezza delle comunicazioni in corso e richiede, per questo, rigorose garanzie procedurali.

2. L’acquisizione di dati già trasmessi (ex post): Questa è l’ipotesi del caso di specie. Le autorità francesi avevano già effettuato l’operazione di decriptazione dei messaggi archiviati sui server. L’autorità italiana, quindi, non ha chiesto di ‘ascoltare’ conversazioni in corso, ma di ottenere i file contenenti la trascrizione di comunicazioni già avvenute e concluse.

Secondo la Cassazione, questi file, una volta decifrati e resi leggibili, assumono la natura di prova documentale ai sensi dell’art. 234 c.p.p. (documento è ‘ogni scritto o altro oggetto idoneo a rappresentare fatti, persone o cose’). Non si tratta più di un flusso di comunicazione intangibile, ma di una rappresentazione materiale di un fatto storico, incorporata in un supporto digitale. Di conseguenza, non si applicano le stringenti norme sulle intercettazioni.

Il Principio del Mutuo Riconoscimento

La Corte ha inoltre ribadito la piena operatività del principio del mutuo riconoscimento, cardine della cooperazione giudiziaria europea e formalizzato dall’Ordine di Indagine Europeo. In base a tale principio, vige una presunzione di legittimità degli atti compiuti dall’autorità straniera secondo la propria legislazione. Il giudice italiano non è tenuto a verificare la regolarità della procedura seguita all’estero, a meno che non vengano dedotte specifiche e concrete violazioni dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano, onere che nel caso di specie la difesa non ha assolto.

Conclusioni: l’Impatto della Sentenza sull’Uso delle Prove Digitali

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la lotta alla criminalità nell’era digitale. Stabilisce che le prove ottenute da sistemi di comunicazione criptata, se acquisite ex post da un’autorità estera e trasmesse tramite OIE, sono pienamente utilizzabili come documenti. Questa qualificazione giuridica semplifica notevolmente l’iter probatorio, evitando di dover applicare le complesse procedure delle intercettazioni a dati già cristallizzati. La decisione rafforza gli strumenti di cooperazione internazionale e conferma che il principio di reciproca fiducia tra gli Stati membri dell’UE è uno strumento efficace per garantire che nessuna prova, anche la più tecnologicamente protetta, possa sfuggire all’accertamento giudiziario.

Le conversazioni su chat criptate ottenute da un’autorità estera sono utilizzabili in un processo penale italiano?
Sì, sono utilizzabili. La Corte di Cassazione ha stabilito che, se si tratta di messaggi già scambiati e successivamente acquisiti e decifrati dall’autorità estera, essi hanno natura di prova documentale e non di intercettazione, e possono essere legittimamente acquisiti tramite Ordine di Indagine Europeo.

Qual è la differenza tra intercettazione e acquisizione di chat già avvenute?
L’intercettazione è la captazione di un flusso di comunicazione in tempo reale, mentre esso si svolge. L’acquisizione di chat già avvenute, invece, consiste nell’ottenere i dati di conversazioni concluse e archiviate, che vengono trattate come documenti rappresentativi di un fatto storico.

Il giudice italiano deve verificare la legalità delle procedure usate all’estero per ottenere le prove?
No, di regola non è tenuto a farlo. In base al principio del mutuo riconoscimento vigente nell’Unione Europea, si presume che l’attività investigativa svolta dall’autorità giudiziaria di un altro Stato membro sia legittima. Tale presunzione può essere superata solo se la difesa fornisce la prova di una concreta violazione dei principi fondamentali e delle norme inderogabili dell’ordinamento italiano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati