Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2312 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2312 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/10/2022 del TRIB. LIBERTAT di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udienza rinviata dal 19 gennaio 2023.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA in difesa di: COGNOME NOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa di: COGNOME NOME che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza del 7 settembre 2022 sopra indicata, il Tribunale del riesame di Roma ha rigettato il ricorso di NOME COGNOME, attuale ricorrente, avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere a suo carico per il tentato omicidio commesso in danno di NOME COGNOME.
Tale ordinanza preliminarmente ha richiamato, condividendole integralmente, le motivazioni e argomentazioni svolte nel provvedimento emesso dal Gip. Nel rigettare i motivi posti a base della richiesta di riesame, ha dato atto di come l’informativa dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE sia stata redatta riportando le comunicazioni intercorse tra il ricorrente e gli altri indagati attraverso il sistema criptato “Sky ecc”. Queste chat sono state acquisite dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma attraverso l’autorità giudiziaria francese a seguito di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (OIE). La polizia giudiziaria ha riferito che l’acquisizione di queste comunicazioni criptate era stata effettuata originariamente dall’autorità giudiziaria francese la quale aveva individuato il server del sistema criptato “Sky ecc” nel quale erano confluite e confluivano tutte le informazioni relative a scambi di messaggistica, files, audio e foto riconducibili ad apparati telefonici dotati di un codice identificativo (ID) e nick name. Nel maggio 2021, infatti, RAGIONE_SOCIALE informava che erano disponibili milioni di messaggi di interesse investigativo scambiati da membri di gruppi criminali operanti in diversi Paesi europei.
Nell’ambito di un procedimento penale (n. 45599 del 2020), di cui il presente è uno stralcio, emergeva, sulla base dei tabulati telefonici, delle celle agganciate e dei telefoni sequestrati che vari soggetti indagati avevano utilizzato detto sistema Sky ecc. Da ciò veniva deciso dalla Procura della Repubblica di Roma di acquisire i dati loro riferibili con più O.I.E. ai quali l’autorità giudiziaria franc dava riscontro autorizzando la trasmissione di quanto richiesto. Ritenuto, in sintesi, detto materiale da qualificarsi come documenti acquisiti dall’autorità giudiziaria francese e non come intercettazioni telefoniche, poiché acquisiti in un momento successivo alle comunicazioni già intercorse, tale materiale investigativo non poteva essere ricondotto alla più stringente disciplina delle intercettazioni e, sulla genuinità degli stessi, in virtù del principio di reciproca fiducia tra gli Stati doveva applicare una presunzione di legittimità degli atti compiuti dall’autorità straniera, con la legislazione vigente in quello Stato.
Nel merito della vicenda il quadro indiziario complessivamente valutato si compone delle chat Sky ecc riscontrate da intercettazioni telefoniche e ambientali, tabulati telefonici e geolocalizzazione degli apparati. Da queste fonti di prova emergeva che NOME COGNOME aveva provato a estorcere circa 40.000 euro, da
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versare in rate mensili, a tale NOME COGNOME a cui imputava il fatto di essere stato arrestato per avergli tenuto della droga e poi essere stato da lui “abbandonato” in carcere. Per liberarsi da queste continue richieste estorsive il COGNOME aveva contattato NOME COGNOME che, facendo da 1:ramite con il NOME COGNOME, attuale ricorrente, chiedeva di provvedere alla eliminazione fisica del COGNOME. Il NOME pianificava l’omicidio attraverso un uomo di sua fiducia soprannominato il “principe” o “San Pietro”, poi individuato dagli inquirenti in NOME COGNOME, chiedendo al COGNOME una somma pari a 45.000 euro di cui avrebbe trattenuto una parte (5.000 euro per le spese e 20.000 euro a ciascuno dei sicari). Sulla base dei sopra richiamati elementi raccolti durante le investigazioni è stato possibile ricostruire tutte le fasi, organizzative e intermedie, che hanno portato al tentato omicidio, nonché le vicende successive nelle quali il mandante si era lamentato del mancato omicidio e chiedeva con insistenza che si tentasse ancora.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione l’imputato, con il ministero dell’avvocato, affidandosi a due motivi, qui enunciati ai sensi dell’art. 173, d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, disp. att. cod. proc. peri.
2.1. Con il primo motivo, egli denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. la violazione di legge, anche processuale, in relazione agli artt. 191 cod. proc. pen., 27 Cost. e 6 CEDU e la carenza e illogicità della motivazione in relazione all’utilizzazione delle comunicazioni RAGIONE_SOCIALE
In particolare, si contesta l’utilizzabilità delle comunicazioni acquisite dal server di Sky Ecc perché acquisite senza che la captazione e la decifratura di tali dati informatici fossero state richieste dalla Procura della Repubblica di Roma, senza alcun controllo da parte di un giudice italiano. Tale mancanza è ritenuta non sanabile con l’avvenuto ricorso da parte dei Pm all’RAGIONE_SOCIALE d’indagine europeo (OIE) per la consegna di tale materiale informatico, non potendosi ritenere sufficiente allo scopo neanche il principio del cd. “mutuo riconoscimento”. Sarebbero così mancanti i ritenuti necessari decreti autorizzativi di tali captazioni di dat informatici e sarebbe mancante anche una richiesta di rogatoria per il compimento di tale atto all’estero, tanto più che l’autorità giudiziaria francese aveva disposto che fosse la Direzione della polizia giudiziaria a trasmettere il materiale, cosa che invece era avvenuta tramite RAGIONE_SOCIALE. Sarebbe, secondo l’assunto difensivo, erroneo ritenere che i messaggi scambiati via chat siano da considerare quali documenti e non un esito di un’attività d’intercettazione e, diversamente da quanto si sostiene nell’ordinanza impugnata, sarebbe mancante anche un provvedimento di sequestro nell’ambito dell’altro ordinamento comunitario in relazione alle chat, così acquisite, di Sky RAGIONE_SOCIALE Si rileva, inoltre, che anche i RAGIONE_SOCIALE operanti nella loro informativa hanno fatto riferimento ad un’attività di intercettazione sul canale
criptato di Sky RAGIONE_SOCIALE La difesa lamenta, infine, la mancata acquisizione e messa a disposizione da parte del Gip e degli organi inquirenti degli scambi informativi tra la polizia giudiziaria che avevano preceduto l’acquisizione dei dati. Ciò avrebbe impedito di verificare la correttezza delle relative modalità e la genuinità e non alterazione del dato informatico nel trasferimento.
2.2. Con il secondo motivo, egli denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. la violazione di legge processuale in relazione all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. per la motivazione ritenuta apparente in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
In particolare, la motivazione sarebbe apparente rispetto alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza perché non sarebbero state rilevate conversazioni tra i concorrenti nel reato di tentato omicidio nei periodi precedenti e successivi al fatto e la persona offesa COGNOME era inviso a molti, come risulta dalle stesse indagini svolte dagli inquirenti. Il Tribunale, inoltre avrebbe mutuato la motivazione già utilizzata per la posizione del coindagato COGNOME pur essendo relativa a motivi diversi da quelli spiegati per la posizione del COGNOME.
2.3. Con memoria, sono stati presentati motivi nuovi in relazione al primo. Con essi si denuncia ancora la violazione delle norme sulle intercettazioni poiché agli atti non vi è alcun decreto autorizzativo, né verbali delle operazioni svolte con le modalità di decriptazione dei dati. La difesa rappresenta di aver chiesto a tutte le autorità coinvolte nelle indagini, senza ottenere alcuna ulteriore informazione.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i motivi di ricorso risultano infondati, pertanto, sono da rigettare.
In relazione al primo motivo di impugnazione sull’inutilizzabilità delle chat relative alle comunicazioni intervenute tra il ricorrente e i coindagati NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME utilizzando la rete criptata di Sky ecc che sono la parte preponderante del compendio indiziario alla base della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME per concorso in tentato omicidio premeditato in danno di NOME COGNOMECOGNOME colpito da due proietl:ili esplosi da due soggetti a bordo di un motociclo mentre percorreva una strada in bicicletta alle ore 19.06 del 22.10.2020, si osserva quanto segue.
2.1. I sistemi Sky Ecc e l’analogo K-line, come esplicato nell’ordinanza impugnata, sono piattaforme di comunicazione criptata che consentono lo scambio di comunicazioni utilizzando c.d. criptofonini, ovverosia apparati telefonici cellulari oggetto di particolari modifiche nel software aventi quale unico scopo di garantirne l’inviolabilità, poiché il relativo sistema operativo è caratterizzato da particolar requisiti di sicurezza caratterizzati dalla cifratura dei dati trasmessi e di qu I
memorizzati, unitamente alla possibilità per l’utente di cancellare, quasi in tempo reale anche da remoto, la memoria del telefono o nella possibilità di segnalare la presenza di sistemi di individuazione o di tentativi di aggressione informatica da parte di agenti esterni, così garantendo l’impossibilità di essere intercettati ovvero di essere infiltrati da i cd. trojan.
Il sistema di comunicazione Sky Ecc è realizzato con il sistema end to end che prevede la cifratura delle conversazioni mediante l’utilizzo di chiavi depositate esclusivamente sui dispositivi che colloquiano, sicché, in questa modalità, neanche il gestore del servizio è in grado di conoscere le chiavi utilizzate e di conseguenza il contenuto delle comunicazioni.
2.2. L’ordinanza impugnata, basata sulll’informativa finale della RAGIONE_SOCIALE del 11 aprile 2022 (i quali impropriamente si riferiscono a “intercettazioni”, come si avrà modo di chiarire intra), dà atto che la messaggistica relativa ai profili di Sky Ecc utilizzati dal co-indagato NOME COGNOME (ID. n. NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO) è stata richiesta dalla Procura di Roma all’autorità giudiziaria francese con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (0E1), in data 14 maggio e 24 novembre 2021, e ricevuta in seguito a rogatorie emesse dalla Corte di appello di Parigi, rispettivamente in data 30 luglio 2021 e 27 gennaio 2022, contenuta in un DVD e in una email, che venivano prontamente trasmessi alla polizia giudiziaria italiana per l’analisi dei dati già estratti dall’omologa frances sotto il controllo della locale autorità giudiziaria. Il 13 gennaio 2022 veniva richiesto il nulla osta all’acquisizione delle chat dei profili del ricorrente NOME COGNOME, il cui OEI era stato già acquisito.
Il dato probatorio nel presente procedimento risulta, quindi, ottenuto in esecuzione di Ordini europei d’indagine (0EI), cui facevano seguito le rogatorie emesse dalla Corte di appello di Parigi con cui veniva disposta la trasmissione dei dati già estratti dalla polizia giudiziaria francese.
In questo modo sono stati messi a disposizione, su richiesta dell’autorità giudiziaria italiana, degli organi inquirenti italiani i dati relativi alle conversazion alle comunicazioni trasmessi tramite gli apparati criptati in uso a tutti i coindagati i cui fi/es sono la copia di quelli che sono stati trasmessi dall’autorità giudiziaria francese, già oggetto di decriptazione eseguita dalla polizia straniera con il necessario algoritmo utilizzato dalla società proprietaria del sistema di cifratura Sky RAGIONE_SOCIALE
2.3. La natura delle chat oggetto di ricorso è dal Tribunale del riesame già stata ritenuta estranea all’attività d’intercettazione, come condivisibilmente oggetto di esame da parte di questa Corte con Sez. 1, n. 34059 del 01/07/2022, COGNOME, non mass. e Sez. 6 n. 18907 del 20/04/2021, Civaie, Rv. 281819. Tali pronunce hanno affermato che è necessario distinguere le due diverse operazionq
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che gli inquirenti possono effettuare nello svolgimento delle indagini ovvero, la prima, rappresentata dalle operazioni di captazione e di registrazione del messaggio cifrato mentre esso è trasmesso dall’apparecchio del mittente a quello del destinatario (a mezzo di reti telematiche rese disponibili dagli intenet service provider che lo fanno transitare tramite un server che può trovarsi in un paese diverso da quello degli utilizzatori del sistema) e, la seconda, rappresentata dalla diversa operazione di decriptazione del contenuto del messaggio – già trasmesso ed eventualmente recapitato al destinatario – necessaria per trasformare le stringhe informatiche di cui è composto, quale “pacchetto” di dati informatici, in dati comunicativi intellegibili.
La prima delle due operazioni, la captazione in tempo reale del messaggio oggetto di comunicazione, può essere rapportata all’art. 266-bis cod. proc. pen., il quale estende l’applicabilità delle norme del codice di rito relative all intercettazioni di conversazioni o comunicazioni tra soggetti a distanza, alle intercettazioni di flussi di comunicazioni relativi a sistemi telematici ovvero intercorrenti tra più sistemi telematici. Tali flussi, di norma, non transitano direttamente tra gli apparati di comunicazione, ma utilizzano, come detto, la trasmissione dei dati in via telematica, via cavo, ponte radio o satellitare ovvero ancora attraverso altre tecnologie che utilizzano comunque un server per lo smistamento sul web (sulla qualificazione come intercettazione ai sensi dell’art. 266-bis cod. proc. pen. dell’acquisizione dei contenuti di messaggistica in atto effettuata con il diverso sistema Blackberry, vedi Sez. 4, n. 49896 del 15/10/2019, COGNOME, Rv. 277949; Sez. 3, n. 47557 del 26/09/2019, COGNOME, Rv. 277990-01/02; Sez. 3, n. 50452 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265615).
Se il messaggio telematico è “in chiaro”, ovvero non criptato, la sua captazione (ed eventuale registrazione) consente di conoscerne direttamente il contenuto in modo da essere così immediatamente utilizzabile quale fonte di prova.
Diversamente, per il messaggio telematico criptato, come nel caso in esame, prima che gli organi inquirenti possano acquisirne il contenuto conoscitivo e valorizzarne il contenuto probatorio è necessario poter fruire dell’algoritmo (di norma unico) idoneo alla decriptazione. Ciò è stato già affermato dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto legittima, a fini cautelari, l’utilizzazione delle chat reperite dal sistema Sky Ecc, acquisite – come nel caso in esame – mediante OEI dall’autorità estera che ne aveva eseguito la decriptazione, quale rappresentazione comunicativa incorporata in una base materiale con metodo digitale. Tale decisione, nella sua motivazione, evidenzia come, in tema di intercettazioni della messaggistica scambiata con sistema cifrato Sky Ecc ed “Encrochat”, la decriptazione delle conversazioni e delle comunicazioni da
considerarsi quale attività distinta e normativamente diversa dalla captazione, tale che il dato informatico in chiaro, ottenuto dalla trasformazione delle stringhe informatiche in contenuti intellegibili tramite l’apposito algoritmo messo a disposizione dalla società titolare del sistema operativo ovvero oggetto di idonea manomissione (cd. “crack”), è acquisibile a sensi dell’art. 234-bis cod. proc. pen.
2.4. Da queste considerazioni è possibile ritenere infondate le deduzioni difensive sul tema dell’invocata inutilizzabilità delle comunicazioni come contestato in ricorso.
L’attività di acquisizione e di decifrazione di tali dati comunicativi può essere considerata quale attività d’intercettazione, laddove vi sia stata la captazione di un flusso di comunicazioni in atto, quindi in tempo reale, con il rispetto della relativa disciplina processuale prevista dagli artt. 266 e ss. cod, proc. pen., la cui estensione alle intercettazioni dei flussi di comunicazioni relativi a sistemi telematici ovvero intercorrenti tra più sistemi telematici è regolata dall’art. 266bis cod. cit.
La stessa ordinanza impugnata (pag. 5, già sopra citata), descrive come nel caso di specie si sia in presenza di un’attività di acquisizione ex post di dati risultanti da precedenti, già avvenute e concluse, comunicazioni via chat i cui dati devono essere considerati, secondo la giurisprudenza di questa Corte, aventi la natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen. L’ordinanza impugnata, come sopra accennato, afferma che la documentazione in atti è stata fornita dalla polizia giudiziaria francese, in esecuzione di più Ordini di indagine europea, provenienti dall’autorità giudiziaria francese la quale aveva proceduto all’estrazione delle informazioni richieste relative alla messaggistica Sky Ecc di cui agli ID richiesti. L’esito di tale estrazione, effettuata previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria francese, quindi non di iniziativa della polizia francese, sono stati poi trasmessi alla Procura di Roma richiedente, che, attraverso la polizia giudiziaria italiana, ha proceduto all’analisi e trascrizione dei file così inviati.
La difesa, pur contestando la natura di documenti ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen. delle chat, lamenta che, difettando ogni indicazione circa le modalità di acquisizione delle stesse ad opera della polizia giudiziaria franc:ese, non sarebbe possibile verificare il corretto percorso di acquisizione di tali dati per verificarne legittimità e la loro genuinità.
Tale censura non ha valutato adeguatamente che l’acquisizione delle chat da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma è avvenuta con lo strumento di collaborazione giudiziaria internazionale rappresentato dall’RAGIONE_SOCIALE, disciplinato dal d.lgs. 27 giugno 2017, n. 108, emanato per dare attuazione alla direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014.
L’art. 2 di tale direttiva stabilisce che «Gli Stati membri eseguono un OEI in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alla presente direttiva» e l’art. 9 che «L’autorità di esecuzione riconosce un OEI, trasmesso conformemente alle disposizioni della presente direttiva, senza imporre ulteriori formalità e ne assicura l’esecuzione nello stesso modo e secondo le stesse modalità con cui procederebbe se l’atto d’indagine in questione fosse stato disposto da un’autorità dello Stato di esecuzione, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento o di non esecuzione ovvero uno dei motivi di rinvio previsti dalla presente direttiva».
Tali elementi, da considerare ai fini dell’interpretazione del decreto attuativo, implicano che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE deve aver a oggetto una prova acquisibile nello Stato di emissione e deve essere eseguito in conformità di quanto previsto nello Stato di esecuzione per il compimento di un analogo atto di acquisizione probatoria, dovendosi certamente presumere il rispetto di tale disciplina e dei diritti fondamentali, salvo una concreta verifica di segno contrario che, allo stato, non risulta esserci.
Deve essere, infatti, ricordato che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, l’utilizzazione degli atti trasmessi a seguito di attività di cooperazione internazionale (come più volte affermato in tema di rogatoria attiva) non è condizionata a un accertamento da parte del giudice italiano concernente la regolarità delle modalità di acquisizione esperite dall’autorità straniera, in quanto vige la presunzione di legittimità dell’attività svolta e spetta al giudice straniero l verifica della correttezza della procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità lamentate nella fase delle indagini preliminari (in tal senso, Sez. 5, n. 1405 del 16/11/2016, dep. 2017, Ruso, Rv. 269015; Sez. 2, n. 24776 del 18/05/2010, COGNOME, Rv. 247750; Sez. I, n. 21673 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 243796).
In particolare, come sottolineato dalla stessa ordinanza di riesame (pag. 8), proprio in tema di valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti per l’adozione di provvedimenti di cautela personale nella fase delle indagini preliminari, è stata affermata l’utilizzabilità della documentazione di atti compiuti autonomamente da autorità straniere in un diverso procedimento penale all’estero, anche al di fuori dei limiti stabiliti per la loro utilizzabilità dagli ar cod. proc. pen. e 78 disp. att. cod. proc. pen.,, con il solo limite che tale attivit non sia in contrasto con norme inderogabili e principi fondamentali, i quali, però, non si identificano necessariamente con il complesso delle regole dettate dal nostro codice di rito, spettando inoltre a chi eccepisca tale incompatibilità l’onere di dare la prova della medesima (Sez. 5, n. 45002 del 13/07/2016, Crupi, Rv. 268457).
Tale limite appare difficilmente valicabile in attività giudiziarie di uno stato membro dell’Unione Europea, tenuto a condividere i principi fondamentali dell’ordinamento europeo, come la Francia, nel cui ordinamento le garanzie della libertà individuale e della riservatezza delle comunicazioni rappresentano un baluardo costituzionale e le cui attività investigative relative a queste piattaforme sono state ritenute correttamente svolte sia dalla Corte di cassazione (sentenza del 02.04.2022) che dalla Corte costituzionale (decisione n. 2022-987 QPC dell’8.04.2022) dello Stato francese.
Il giudice italiano, dunque, non è demandato a occuparsi della regolarità degli atti di esecuzione di attività di indagine compiuta dall’autorità giudiziaria straniera (nella specie francese), giacché detta attività investigativa è eseguita secondo la legislazione dello Stato straniero. Ciò vale, a maggior ragione, ove l’originaria attività investigativa non sia stata compiuta su richiesta dell’autorità giudiziaria italiana, ma sia stata eseguita, nell’ambito di altro procedimento instaurato nello Stato estero, su iniziativa di quell’autorità giudiziaria i cui esiti sono stati trasmess come dati c.d. “freddi”, perché acqùisiti prima dell’arrivo della richiesta di OEI.
Nel caso in esame, infatti, si tratta non di una richiesta di procedere a intercettazioni, ma di una richiesta di acquisizione degli esiti documentali di attività d’indagine che l’autorità straniera ha già svolto, in piena autonomia, nel rispetto della sua legislazione in relazione ad altri reati. Ciò posto, l’invocata tutela giurisdizionale relativa a tali atti, come detto già eseguiti al momento della richiesta di condivisione dei risultati da parte dell’autorità giudiziaria italiana, no può che indirizzarsi presso l’ordinamento che le ha originariamente disposte.
Non può che ritenersi, in assenza di specifiche deduzioni dimostrative di una diversa realtà dei fatti, che l’autorità giudiziaria francese si sia resa garante del rispetto delle procedure quale Stato di esecuzione, nonché della trasmissione dei dati informatici, da considerarsi legittimamente acquisiti, all’autorità italiana richiedente.
In ricorso non è stato prospettato alcun profilo concreto rilevante ai fini del mancato rispetto dei diritti fondamentali e del principio di proporzione (tale non può essere la generica doglianza di compromissione del diritto di difesa, in assenza dell’individuazione di specifici elementi di criticità che possano Far dubitare della genuinità del dato e della correttezza della sua acquisizione o della sua conservazione), sicché – non avendo assolto, il ricorrente, al relativo onere – il principio della presunzione della legittimità delle procedure di acquisizione nel Paese richiesto è pienamente operante.
2.5 La situazione delineata dalla difesa (che ha comunque sollecitato la Procura di Roma per avere maggiori informazioni anche sul supporto da cui sono state estratti i dati probatori utilizzati dall’ordinanza qui impugnata) in rel zion
ad un’altra recente pronuncia di questa Corte (Sez. 4, n. 32915 del 15/07/2022, Lori, non mass.) corrisponde in parte a quella in esame.
La lamentata mancata messa a disposizione da parte del Pubblico ministero della «documentazione (comprensiva dei file) consegnata da RAGIONE_SOCIALE nel mese di marzo 2021, a seguito dell’accesso ai server di RAGIONE_SOCIALE, con indicazione delle modalità di acquisizione da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE dei dati in oggetto dai server, con annessi verbali, nonché i verbali delle attività compiute dagli investigatori italiani per fini di polizia di cui alla dichiarata analisi preliminare», era stata ogget di rigetto con la motivazione che si trattasse di atti estranei al fascicolo processuale, trattandosi di «scambi informativi tra forze di polizia di paesi diversi che, in quanto tali non sono processualmente utilizzabili». Tale documentazione nella sentenza “Lori” era stata posta dalla Corte alla base di una più ampia valorizzazione del contraddittorio da effettuarsi in sede di rinvio al giudice di merito.
Ad avviso di questo Collegio, invece, si ritiene maggiormente condivisibile il consolidato orientamento giurisprudenziale di cui si è detto, sull’utilizzabilità degli atti trasmessi a seguito di attività di cooperazione internazionale (0EI e rogatoria), che non è condizionata a un accertamento dia parte del giudice italiano sulla regolarità delle modalità di acquisizione esperite dall’autorità straniera, ritenendo valida – in assenza di deduzioni concrete e specifiche – della presunzione della regolarità dell’attività svolta, spettando al giudice straniero la verifica dell correttezza della procedura e la competenza a risolvere qualsiasi questione in ordine alle eventuali irregolarità, da individuarsi specificamente.
Di alcun pregio risulta il secondo motivo di ricorso che, stigmatizzando come apparente la motivazione dell’ordinanza qui impugnata sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, è versato parte in fatto, proponendo anche letture alternative della vicenda, ed evidenzia alcune parti chiaramente non riferibili al ricorrente di cui però non chiarisce l’effettiva rilevanza ovvero decisività ai fini dell’impugnazione.
Va, quindi, rammentato che «sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento…» ciò in quanto con i motivi di ricorso per cassazione, sono deducibili solo «censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quand mancante), su
aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747). Più in generale, è preclusa, in sede di legittimità, «la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito» (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Rv. 270628). Specificamente, sulle misure cautelari, «il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, .. è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601). Va, infine, ribadito che tali limiti sono connaturali, non solo alla funzione nomofilattica della Corte, ma più specificamente alle caratteristiche intrinseche del sindacato di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) che «concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa…» (Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, in motivazione).
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna di NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali.
Non derivando dalla presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente deve disporsi – ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’imputato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 02/02/2023
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