Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MARTINA FRANCA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/11/2023 del TRIB. LIBEIRTA di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Procuratore generale, in persona del Sostituto dott. NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso udito il difensore AVV_NOTAIO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IFll FATTO
1. Il Tribunale di Bari, in funzione di giudice del riesame ai sensi dell’art.309 cod. proc. pen., ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari il 17/10/2023 applicativa della custodia cautelare in carcere in relazione ai reati di cui agli artt.74, commi 1, 2 e 5, (capo 1) e 81,110 cod. pen. e 73, comma 1, 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 (capi 6 e 8) commessi in Andria in epoca antecedente l’ottobre 2019 fino all’attualità (capo 1), il 12 agosto 2020 (capo 6) e in epoca compresa tra il 2 dicembre 2020 e il 19 febbraio 2021 (capo 8).
2. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando l’ordinanza, con il primo motivo, per violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare ai sensi dell’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. La cloglianza concerne la mancata trasmissione ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. del CD-DVD contenente le trascrizioni delle chat valorizzate ai fini dell’adozione della misura cautelare e i tabulati dell’utenza n. 3356300406 intestata e in uso al ricorrente. Il Tribunale avrebbe fondato la sua decisione su elementi dei quali non ha mai avuto la disponibilità completa e diretta, avendo ricevuto solo la loro selezione operata dalla polizia giudiziaria. I contenuti delle chat e i tabulati erano decisivi nella prospettiva della doverosa verifica della tesi difensiva esposta dall’indagato nell’interrogatorio di garanzia; specifica la difesa che, nonostante il pubblico ministero avesse affermato che solo il CD-DVD non fosse stato trasmesso al Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell’art. 291 cod. proc. pen., i Tribunale ha ritenuto invece di fare riferimento anche ai tabulati integrali relativi all’utenza in uso al COGNOME, basandosi esclusivamente sulle affermazioni dell’ufficio del pubblico ministero quanto al CD-DVD e nemmeno ritenendo necessaria a tal fine l’affermazione della parte pubblica con riguardo ai tabulati. In particolare, dall’indice degli atti inviati al Giudice per le indagini prelimi risultava trasmesso il CD-DVD nella sua forma fisica, ma il Tribunale non si è confrontato con tale documento così rimanendo senza confutazione la forza dimostrativa di esso, in contrasto con quanto affermato dal pubblico ministero. Con riguardo ai tabulati, il G.I.P. ha validato l’ipotesi dell’incontro del COGNOME con lo COGNOME ad Andria proprio sull’analisi di essi operata dalla polizia giudiziaria, cosicché si sarebbe dovuto incontestabilmente supporre che essi fossero stati trasmessi all’autorità giudiziaria, essendo impensabile che il giudice avesse aderito alla prospettazione della Guardia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE senza analizzarli. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.1. Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 309, comma 5, 178 lett. c), 309, comma 8, cod. proc. pen. per la mancata tempestiva messa a disposizione della difesa del CD-DVD. Il pubblico ministero ha messo a disposizione il CD-DVD, ma non la versione integrale criptata, dei messaggi ricevuti e inviati dal criptotelefonino CODICE_FISCALE nè le chiavi di sicurezza necessarie per la decrittazione, venerdì 10 novembre 2023 alle ore 12:20.23, ossia quaranta minuti prima della chiusura degli uffici; così al difensore è stato riservato il diritto di accedere ai contenuti del CD-DVD due giorni liberi prima dell’udienza del riesame del 13 novembre 2023, dei quali uno festivo con chiusura degli uffici. Il mancato rispetto del termine di tre giorni liberi avrebb integrato la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale e di tutti gli a conseguenti. La difesa all’udienza del 13 novembre non aveva eccepito la nullità né chiesto il rinvio dell’udienza, considerando prioritarie la condizione di detenzione del COGNOME e la richiesta di liberazione. Secondo la difesa, il Tribunale sarebbe stato obbligato, una volta avallata l’affermazione verbale del pubblico ministero, rinviare la decisione per assicurare al difensore un termine congruo per accedere al CD-DVD. Non accogliendo la richiesta di declaratoria di inefficacia della misura, il Tribunale, si assume, avrebbe dovuto rinviare l’udienza al 17 novembre, termine utile per rispettare quello di cui all’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. in relazione alla data di ricezione degli atti del 7 novembre 2023.
2.2. Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 178, lett. c) e 181, comma 1, cod. proc. pen. nonché difetto di motivazione in ordine alla mancata declaratoria di nullità dell’O.I.E. n. 13/21 e dei suoi esiti. Sulla base del mancata messa a disposizione della difesa delle stringhe alfanumeriche dalle quali erano stati convertiti i contenuti delle chat dopo la loro captazione, senza peraltro che fosse nota la modalità con la quale era stata eseguita l’operazione di decrittazione, il Tribunale ha mostrato di non comprendere i termini reali della questione sollevata, avente a oggetto il diritto della difesa di accedere ai dati acquisiti prima della loro decrittazione con rinvio alle sentenze della Cassazione n. 49896 del 15 ottobre 2019 e della Corte EDU Grande Camera del 26 settembre 2023 NOME c. Turchia. Il Tribunale era stato sollecitato a pronunciarsi, alla stregua dell’ordinamento interno e della CEDU come interpretata dalla Corte di Strasburgo, sulla mancata messa a disposizione della difesa delle stringhe alfanumeriche e delle chiavi di decrittazione in quanto lesiva del diritto di difesa e valutare quali ne fossero le conseguenze sull’acquisizione dei dati già in chiaro acquisiti attraverso la cooperazione dell’autorità giudiziari francese. Il Tribunale, tuttavia, ha replicato affermando che «il diritto straniero un fatto e spetta a chi eccepisce il difetto di compatibilità dimostrare i contrario», peraltro richiamando una decisione della Corte Suprema dei Paesi
Bassi senza confrontarsi con la sentenza della Cassazione n.49896/2020 concernente un caso sovrapponibile a quello in esame.
2.3. Con il quarto motivo ha dedotto l’inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 comma 1, cod. proc. pen. e 132, comma 3-bis, d. Igs. 30 giugno 2003, n.196 come modificato dal d.l. 30 settembre 2021, n. 132 conv. dalla legge 23 novembre 2021, n. 178 in riferimento all’art. 6 par. 1 lett. b) Direttiva 2014/41 del Parlamento RAGIONE_SOCIALE e del Consiglio del 3 aprile 2014, dei messaggi inviati e ricevuti da e sull’apparecchio user TARGA_VEICOLO. Il Tribunale ha respinto l’eccezione di inutilizzabilità con un ragionamento costellato da gravi errori di diritto fondato sul travisamento del contenuto degli atti trasmessi dall’autorità giudiziaria francese. Secondo la difesa, contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza impugnata, i dati trasmessi alla Procura di Bari erano stati acquisiti solo in esecuzione dell’O.I.E. emesso dall’autorità italiana, come si evince dal provvedimento del 20 ottobre 2021 adottato dal giudice NOME AVV_NOTAIO delegata all’esecuzione della rogatoria, contenente l’ordine alla polizia giudiziaria di procedere a qualsiasi attività necessaria per l’accertamento della verità. Secondo quanto si desume dai verbali della polizia giudiziaria francese del 20 dicembre 2021 e del 6 gennaio 2022, i dati sono stati estratti mediante interfaccia di ricerca neozelandese. Secondo la difesa, questi documenti dimostrano che i dati trasmessi in Italia non fossero già nella disponibilità dell’autorità giudiziaria francese, che li aveva acquisiti solo a seguit della ricezione dell’O.I.E. dalla Procura di Bari per dare esecuzione a quest’ultimo. Il Tribunale, per confutare tale dato, ha attribuito rilievo a una not prot. n. 197/21 del 3 dicembre 2021 sottoscritta dal Membro Nazionale per l’Italia presso Eurojust e trasmessa con la precisazione che il documento non fosse destiNOME all’inserimento in procedimenti penali, essendo inviato a soli fini informativi e conoscitivi dell’autorità giudiziaria e di polizia giudiziaria, divieto di divulgazione a terzi. Trattasi, in ogni caso, si assume, di una nota che non ha alcuna attinenza al caso in esame in quanto vi si fa menzione di una squadra comune franco-belga-olandese, mentre nel presente procedimento le attività di acquisizione dei dati sono state svolte unicamente dalla polizia francese. La difesa aveva, dunque, posto questioni di diritto interno relative al regime di utilizzabilità degli esiti dell’O.I.E. secondo il sistema processuale nazionale. Facendo riferimento all’art. 6 par. 1 lett. b) Direttiva del Parlamento RAGIONE_SOCIALE, che individua nella proporzionalità della richiesta istruttoria il criterio validità, ravvisando la proporzionalità nell’attività di prosecuzione delle indagini e considerando l’attuazione nell’ordinamento interno di tale principio con art. 1 d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108, come peraltro applicato da Sez.6 n. 44154 del 26 ottobre 2023, la difesa evidenzia come sia stato riconosciuto dallo stesso Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tribunale che l’iscrizione della notizia di reato nei confronti del COGNOME fosse stata eseguita solo 1’8 febbraio 2023, cosicché prima della ricezione degli esiti dell’O.I.E., avvenuta il 4 febbraio 2023, nessun elemento utile fosse stato acquisito dalla Procura per giustificare l’avvio di indagini nei suoi confronti; maggior ragione non esistevano elementi utili il 5 ottobre 2021, quando l’O.I.E. era stato emesso. Ma il Tribunale ha ritenuto del tutto corretto l’operato della Procura affermando che l’iscrizione del COGNOME nel registro delle notizie di reato fosse stata determinata dall’espletamento degli approfonditi accertamenti sul materiale trasmesso dalla Francia. La difesa evidenzia come ciò che rileva sia la constatazione obiettiva che l’O.I.E. sia stato ordiNOME nei confronti del COGNOME non per proseguire le indagini ma per avviarle, dunque fuori dei casi consentiti dalla legge e dalla Direttiva del Parlamento RAGIONE_SOCIALE. Inconferente risulta la distinzione tra indizi di colpevolezza e semplici indizi di reità per giustifica l’attivazione nei confronti del COGNOME dell’ O.I.E. pur in mancanza della formale iscrizione della notizia di reato a suo carico. Tanto più che all’epoca dell’emissione dell’O.I.E., il 5 ottobre 2021, vigeva il principio definitivamente consacrato dalle Sezioni Unite n. 40538/2008 secondo il quale il pubblico ministero ha l’obbligo di iscrivere immediatamente la notizia di reato con riferimento alla componente soggettiva quando sia superata la soglia del mero sospetto e l’attribuibilità del reato all’indagato assuma una certa pregnanza. Il Tribunale, ritenendo corretto l’operato del pubblico ministero, ha implicitamente affermato che nei confronti dell’attuale indagato non fosse stata superata la soglia del mero sospetto, pur parlando di indizi di reità. A differenza dei casi esaminati nell’ordinanza impugnata, nel caso in esame, secondo la difesa, non sussiste alcuna incertezza circa il fatto che l’autorità francese si sia attivata sol e unicamente all’esito dell’ordine di indagine italiano. Con riguardo alla natura dei contenuti delle conversazioni sulle chat su piattaforme informatiche, la Corte Costituzionale con sentenza n. 170 del 2023 ha ricondotto tali comunicazioni alla nozione di corrispondenza estendendo a esse la tutela di cui all’art. 15 Cost. Ciò comporta che l’acquisizione all’estero di documenti e dati informatici inerenti a corrispondenza o ad altre forme di comunicazione debba essere sempre autorizzata da un giudice. L’operatività e l’ambito di applicazione dell’art. 234 bis cod. proc. pen. risultano, quindi, circoscritti ai casi in cui l’autorità giudiz straniera, all’esito di sue attività svolte autonomamente prima e a prescindere dalla ricezione dell’ordine di indagine europeo, si trovi già in possesso dei dati richiesti. Considerato che l’acquisizione dall’estero di dati probatori dal punto di vista giuridico-formale ha natura di procedimento, il vizio dell’atto iniziale, ossi l’ordine di indagine non formulato dal Giudice per le indagini preliminari, comporta la nullità dell’intero procedimento in quanto origiNOMEsi da un atto Corte di Cassazione – copia non ufficiale
illegittimo perchè emesso da un soggetto privo ex lege della competenza a emetterlo.
2.4. Con il quinto motivo deduce violazione degli artt. 178 lett. c), 191, 273, 292 cod. proc. pen. in ordine alle contestazioni sub 1), 6), 8). L’inutilizzabilità degli esiti dell’ordine di indagine europeo determinerebbe, si assume, il totale dissolvimento della base indiziaria dell’ordinanza cautelare, come del resto si desume dal fatto che il COGNOME sia stato indagato formalmente solo dall’8 febbraio 2023, ossia dopo la ricezione degli esiti dell’O.I.E., a conferma del fatto che prima di tale acquisizione il pubblico ministero non avesse ravvisato a suo carico alcun elemento utile per iscrivere il suo nome nel registro delle notizie di reato. Per il Giudice per le indagini preliminari la riferibilità dello NUMERO_DOCUMENTO a COGNOME era emersa dalla sovrapponibilità tra i contenuti dei messaggi di applicativo Sky ECC e le ulteriori acquisizioni investigative provenienti dai servizi di O.C.P. dell’8 agosto 2020 e dall’arresto in flagranza di COGNOME NOME, ma il Tribunale è incorso in un grossolano equivoco quanto al tema della sovrapponibilità tra esiti delle osservazioni operate dalla polizia giudiziaria e contenuto delle chat. Pur essendo pacifico che i finanzieri 1’8 agosto 2020 e 1’8 gennaio 2021 si fossero recati presso la sede della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME sulla base di indagini indipendenti dai contenuti delle chat, è però vero, secondo la difesa, che tali esiti avevano consegNOME elementi privi di significato essendo invece proprio i contenuti delle chat a conferire alle indagini in precedenza poste in essere il valore significativo del coinvolgimento del COGNOME fino a quel momento non posseduto. Dato tale condizionamento, centrale avrebbe dovuto essere il tema della effettiva sovrapponibilità tra i dati acquisiti, mentre il Tribunale ha negato rilevanza allo sfasamento temporale tra gli orari dei messaggi registrati e i fatti osservati dai finanzieri. In particol con riferimento alle osservazioni dell’8 agosto 2020, i giudici hanno attribuito significato decisivo all’incontro tra il NOME e lo COGNOME sulla base delle chat indirizzate da quest’ultimo all’usuario dell” NUMERO_DOCUMENTO sebbene dal testo complessivo delle chat emerga solo l’identificativo attribuito alla COGNOME, essendo arbitraria l’affermazione secondo la quale il destinatario della comunicazione fosse l’usuario dello NUMERO_DOCUMENTO. Non è indicato l’orario di invio dei messaggi ma solo la data, né emerge l’orario in cui l’usuario dell’ ID TARGA_VEICOLO avrebbe dovuto incontrarsi con il suo interlocutore. L’appuntamento destiNOME alla bonifica dell’autovettura dello COGNOME non ha trovato conforto nell’osservazione dei finanzieri, che hanno registrato l’incontro fra quest’ultimo e il COGNOME ma non l’effettuazione di operazioni di bonifica. Il Tribunale avrebbe dovuto esporre le ragioni in forza delle quali aveva attribuito rilievo decisivo a fini dell’identificazione dell’usuario dell’NUMERO_DOCUMENTO all’elemento probatorio Corte di Cassazione – copia non ufficiale
complesso costituito dalla chat e dall’incontro tra il COGNOME e lo NOME. E’ stata sminuita la rilevanza di un dato che secondo la difesa è fondamentale, ossia la discrasia di circa una o due ore dell’orario indicato rispetto agli eventi registrati in Italia. Tale discrasia è stata giustificata dall’allocazione dei server contenenti i dati in aree geografiche con fuso orario diverso da quello italiano ma, si assume, si tratta di mera illazione investigativa in guanto si sarebbero dovuti indicare esattamente la misura dello sfasamento e i luoghi di allocazione dei server tali da determinare tale misura, posto che tutta la Francia metropolitana ha lo stesso fuso orario italiano e i Paesi rientranti nel territori francese sono oltremare, con variazioni di fuso notevolmente superiore a quello di una o due ore. Nell’ordinanza sono state giustificate con illazioni le incongruenze evidenziate dalla difesa, come ad esempio laddove nella conversazione tra lo COGNOME e COGNOME NOME del 7 agosto 2020, ossia il giorno precedente l’incontro con il COGNOME, il COGNOME avesse ordiNOME allo COGNOME di recarsi da NOME, identificato nel coindagato COGNOME NOME, piuttosto che dal COGNOME. Con riferimento a un altro episodio richiamato ai fini dell’individuazione del COGNOME, ossia quello dell’8 gennaio 2021, manca qualsiasi riferimento orario tanto quanto all’invio del messaggio quanto alla fissazione dell’incontro cosicché non è possibile rilevare a che ora gli usuari dei due identificativi avessero stabilito di incontrarsi; con riferimento alla relat eccezione difensiva l’ordinanza è priva di motivazione. Con riferimento all’episodio dell’8 gennaio 2021 il Tribunale, per accordare i fatti come osservati dai finanzieri e i contenuti delle chat, ha svolto illazioni ritenendo che, pur avendo i finanzieri osservato la meticolosa disamina del controllo della macchina, fosse plausibile che non avessero percepito il passaggio di denaro. Il Tribunale, in definitiva, non ha affrontato il tema della non coincidenza tra il contenuto dei messaggi e le osservazioni della polizia giudiziaria, superando le relative incongruenze con mere illazioni, tali da determinare un difetto di motivazione in quanto motivazione meramente apparente. Con riferimento al medesimo accadimento, il Tribunale ha osservato che i finanzieri erano stati disattenti o comunque non avessero goduto delle condizioni minime di produttiva osservazione con riferimento alla percezione del passaggio di danaro ma estremamente attenti e in condizioni assolutamente favorevoli per rilevare l’esecuzione di una meticolosa attività di bonifica da parte del COGNOME. Il fatto, riconosciuto dallo stesso Tribunale, che il COGNOME non avesse utilizzato alcuno strumento per visionare l’interno dell’auto del COGNOME avrebbe richiesto una specifica e adeguata dimostrazione che la sua azione avesse la finalità di bonificare il veicolo. E’ lo stesso Tribunale ad affermare la correttezza dell’iscrizione del COGNOME solo 1’8 febbraio 2023, a distanza di un anno e mezzo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dai servizi di osservazione e controllo, e al contempo ad affermare che le indagini espletate fino all’arresto della COGNOME avevano segnalato un ruolo del ricorrente estraneo al traffico di droga, al più ad esso servente e collaterale, così confermando l’ambiguità del significato degli esiti dell’osservazione dell’8 gennaio 2021 in sé considerati, ove si prescinda dalla loro correlazione con i contenuti delle chat, definita dalla difesa forzata e arbitraria. I giudici della cautela hanno ritenuto che l’episodio sfociato nell’arresto di COGNOME NOME avesse fornito definitiva conferma al fatto che COGNOME NOME fosse l’utilizzatore del criptotelefonino con ID NUMERO_DOCUMENTO sebbene, secondo la difesa, tale episodio non abbia contribuito in alcun modo all’identificazione del NOME, introducendo enormi criticità al riguardo posto che al momento dell’arresto della donna l’usuario dell’ID NUMERO_DOCUMENTO risultava, sulla base del contenuto delle chat, presente sul luogo dell’operazione di p.g. e tuttavia non era stato avvistato dei finanzieri, quali non avevano riferito della presenza di altri oltre allo COGNOME e alla COGNOME; nonostante, alla data del 19 febbraio 2021, il COGNOME fosse già oggetto delle attenzioni della polizia giudiziaria che per ben due volte, 1’8 agosto 2020 e 1’8 gennaio 2021, si era recata davanti alla sede della sua impresa registrando il suo incontro prima con lo COGNOME e poi con quest’ultimo e con il COGNOME. Il Tribunale ha aggirato il dato del mancato avvistamento del COGNOME al momento dell’arresto della COGNOME sostenendo che l’attività di monitoraggio in corso da parte della Guardia RAGIONE_SOCIALE in quel frangente prescindesse del tutto dal contenuto delle comunicazioni delle chat criptate, all’epoca ignote agli inquirenti, così introducendo un dato irrilevante rispetto all’identificazione del COGNOME con l’usuario dell’ID NUMERO_DOCUMENTO, a fronte dell’allegazione che dalle chat fosse emersa la sua presenza sul posto. Anche su tale punto il Tribunale ha neutralizzato i fatti obiettivi con l’allegazione della disattenzione dei finanzieri. I fatti successi all’arresto dell’COGNOME sono stati ritenuti confermativi del c:oinvolgimento de COGNOME sebbene quest’ultimo nell’interrogatorio di garanzia avesse riferito di aver intrattenuto una relazione sentimentale con la donna; in tale contesto, nessun rilievo avrebbe la circostanza che fosse stato il COGNOME a consigliare alla COGNOME di nominare suo difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO. Nessuna dimostrazione è stata introdotta circa il fatto che a interessarsi delle vicende processuali delle COGNOME fosse stato l’usuario dell’NUMERO_DOCUMENTO. Viene eccepito il travisamento della prova in quanto nell’ordinanza è stato dato rilievo a due chat, del 21 febbraio e del 23 febbraio 2021, sebbene non vi fosse riscontro al fatto che l’usuaric dell’ NUMERO_DOCUMENTO si fosse incontrato con il difensore della COGNOME o che vi fosse stato contatto fra gli usuari dei due identificativi CODICE_FISCALE e LOH2L7. Dalla chat registrata il 26 febbraio 2021 si sarebbe dovuto desumere che l’usuario dell’ NUMERO_DOCUMENTO avesse incontrato il «compagno della persona» che, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
identificabile nel COGNOME, non poteva che essere altra persona rispetto al COGNOME. Anche tale elemento è stato neutralizzato con illazioni, non essendo emersa traccia di un convivente della COGNOME e non essendo comprensibile quale utilità avrebbe potuto avere l’usuario dell’ NUMERO_DOCUMENTO dall’inc:ontro con chi non conviveva con la COGNOME. Nelle conversazioni intercettate si fa riferimento a richieste del pubblico ministero di otto anni e alla contestazione dei reati di cui agli artt. 74-80, ossia a informazioni totalmente destituite di fondamento in quanto il processo a carico delle COGNOME sarebbe stato celebrato solo nell’ottobre 2021, ossia otto mesi dopo rispetto alla comunicazione dell’usuario dell’ NUMERO_DOCUMENTO, il pubblico ministero avrebbe richiesto una condanna a cinque anni di reclusione e, in ogni caso, mai era stato contestato alla RAGIONE_SOCIALE il reat associativo. Il Tribunale ha ritenuto che negli incontri ragionevolmente avvenuti tra le parti (pubblico ministero e avvocato) fosse plausibile che si fosse parlato anche di un proposito di patteggiamento muovendo dalla pena di otto anni, sebbene nel febbraio 2021 sarebbe stato impensabile che si fossero già avviate interlocuzioni per la definizione di un possibile patteggiamento, prima ancora che fosse formulato il capo di imputazione. La circostanza che il pubblico ministero e il difensore si fossero incontrati costituisce affermazione totalmente assertiva; ne deriva la irrazionalità dell’ordinanza laddove ipotizza l’incontro tra il COGNOME l’AVV_NOTAIO tra il 28 febbraio e il 1 marzo 2021 in relazione alla affermazione dell’usuario dell’ NUMERO_DOCUMENTO di programmare di andare a incontrare in quei giorni il difensore dell’COGNOME, essendo allegati solo contatti telefonici tra il COGNOME l’avvocato e non anche un incontro. Sulla base dell’analisi dei tabulati relativi all’utenza 3356300406, intestata e formalmente in uso al COGNOME, è stato acquisito che quest’ultimo, nei giorni 28 febbraio-1 marzo, non si fosse recato a Roma, dove si trova l’AVV_NOTAIO, ma il Tribunale ha svolto illazioni sul fatto che tale avvocato si fosse spostato in quello stesso periodo per garantire assistenza alla COGNOME. Anche a voler ritenere supportata da sufficienti indiz l’identificazione del COGNOME nell’ NUMERO_DOCUMENTO, la difesa ritiene il quadro indiziario privo della necessaria gravità: con riferimento alla contestazione sub 6), l’ipotesi accusatoria si è fondata su un messaggio della chat riprodotto alle pagg. 9-10 dell’ordinanza senza che sia indicato l’identificativo del destinatario del messaggio; con riguardo alla contestazione sub 8) ci si riferisce a una pluralità di episodi in un arco temporale ampio sebbene siano riferibili al COGNOME chat collegate a un solo episodio, ossia quello dell’acquisizione dei 3 chili di sostanza stupefacente sequestrata alla COGNOME; con riferimento alla contestazione sub 1), essa è stata elevata sul presupposto che il ricorrente fosse coinvolto in una molteplicità di fatti attuativi del programma criminoso ma la mancanza di elementi a suo carico, quanto al capo sub 6) nella sua interezza e quanto al capo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
sub 8) in ordine a tutti gli episodi diversi da quello del :19 febbraio 2021, comporterebbe il venir meno di un adeguato supporto indiziario.
Il difensore del ricorrente ha depositato in data 4 marzo 2024 memoria insistendo per l’annullamento anche alla luce dell’informazione provvisoria relativa alla sentenza delle Sezioni Unite n.2 del 29 febbraio 2024.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegNOME le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto, secondo princìpi più volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità, richiamati a pag. 49 dell’ordinanza impugnata, il pubblico ministero non ha l’obbligo di mettere a disposizione del Giudice per le indagini preliminari e del Tribunale del riesame gli atti d’indagine nella loro integralità, purché gli stralci depositati sia rappresentativi degli elementi sui quali si fonda la richiesta cautelare e siano così garantiti il diritto di difesa e lo sviluppo del contraddittorio (si richiama sul pu Sez. 6, n.34394 del 13/07/2022, Petushi, Rv. 283729 – 01; Sez. 2, n. 21822 del 26/02/2014, COGNOME, Rv. 259844 – 01). Tale criterio interpretativo risulta idoneo a giustificare anche le ragioni per le quali non è stato preso in esame l’indice degli atti allegati alla richiesta di misura cautelare.
Il secondo motivo di ricorso pone il problema della rilevabilità d’ufficio, piuttosto che su eccezione di parte, della mancata tempestiva messa a disposizione della difesa dei documenti sui quali si fonda la richiesta di misura cautelare. Il Tribunale ha sottolineato come la difesa avesse riconosciuto esplicitamente di aver avuto accesso al supporto informatic:o e ai tabulati in forma integrale dopo averne fatto richiesta alla segreteria del pubblico ministero. E’ stato già affermato che, in tali casi, l’intempestività della messa a disposizione dei documenti da parte della Procura deve e può formare oggetto di una esplicita richiesta di differimento dell’udienza da parte della difesa.
2.2. Richiamando, per tale profilo, i principi espressi in proposito dal supremo consesso della Corte di legittimità, ove al difensore sia stato ingiustificatamente impedito il diritto di accesso alle registrazioni poste a base
della richiesta del pubblico ministero, tanto non determina la nullità del genetico provvedimento impositivo, legittimamente fondato sugli atti a suo tempo prodotti dal pubblico ministero a sostegno della sua richiesta, nè comporta la inutilizzabilità degli esiti delle captazioni effettuate, perché questa scaturisce solo nelle ipotesi indicate dall’art. 271, comma 1, cod. proc. pen.; non comporta la perdita di efficacia della misura, giacché la revoca e la perdita di efficacia della misura cautelare conseguono solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge (artt. 299, 300, 301, 302, 303, 309, comma 10, cod. proc. pen.). Determina, invece, un vizio nel procedimento di acquisizione della prova per la illegittima compressione del diritto di difesa e non inficia l’attività di ricerca de stessa ed il risultato probatorio, in sé considerati. Esso comporta, quindi, una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178, lett. c), cod proc. pen., soggetta al regime, alla deducibiliità ed alle sanate rie di cui agli art 180, 182 e 183 cod. proc. pen.
Nel caso concreto, è la stessa difesa che, nel ricorso, ammette di non aver eccepito la nullità né chiesto il rinvio dell’udienza.
Il terzo motivo di ricorso pone il tema del diritto della difesa di acquisir i dati c.d. grezzi, prima della loro decrittazione, inviati dall’autorità francese esecuzione di 0.I.E. n.13/2021.
Va evidenziato in primo luogo che, contrariamente a quanto allegato nel ricorso, il Tribunale ha fornito espressa motivazione sul punto. In particolare, con riguardo al diritto della difesa di ottenere i dati sui quali si fond provvedimento cautelare per come acquisiti prima della loro decrittazione unitamente alle chiavi di decrittazione, il Tribunale ha ribadito, a pag. 50 nota 27, come l’obbligo di trasmissione degli atti abbia ad oggetto gli atti presentati al Giudice per le indagini preliminari con la richiesta cautelare nonché gli elementi sopravvenuti a favore dell’indagato; si aggiunge che il diritto della difesa ad accedere ai dati per come acquisiti prima della loro decrittazione non è desumibile dalla pronuncia della Corte EDU Grande Camera del 26 settembre 2023 NOME COGNOME c. Turchia, che ha ritenuto violato il diritto a un equo processo in un caso ben diverso dal presente, in cui la prova decisiva del giudizio di colpevolezza si identificava nella mera constatazione dell’utilizzo da parte dell’indagato di un sistema criptato di messaggistica telefonica, equiparato in via presuntiva dai giudici nazionali alla adesione consapevole e volontaria dello stesso a un’organizzazione terroristica, a prescindere dal contenuto dei messaggi e dalla identità delle persone con cui erano stati scambiati (Sez. 6, 26/10/2023, n. 46833, COGNOME, in motivazione). E se i princìpi convenzionali giocano un ruolo importante nell’interpretazione del diritto nazionale, non bisogna trascurare
che, secondo quanto espresso dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 49 del 14 gennaio 2015, per attribuire valenza generale vincolante alle decisioni della Corte EDU, rispetto alle quali si è detto che hanno come punto di riferimento imprescindibile il caso concreto specificamente trattato e che solo rispetto a casi analoghi potrebbero assumere il valore di affermazione di un principio generale, si debba tener conto tanto delle peculiarità del caso deciso quanto del fatto che la decisione adottata deve essere espressione di un orientamento definitivo, che costituisce «diritto consolidato» generato dalla giurisprudenza europea.
Giova, per altro verso, evidenziare che si tratta di censura aspecifica in quanto priva dell’allegazione della non corrispondenza al vero dei dati decrittati posti a base del provvedimento cautelare. Si è, in più occasioni, evidenziato che l’algoritmo che consente la decrittazione dei messaggi non altera il contenuto del dato, essendo nozione acquisita alla scienza informatica che in assenza dell’algoritmo necessario alla decodificazione è impossibile ottenere un testo intellegibile con contenuto in lingua italiana difforme dal reale, potendosi al più avere una sequenza alfanumerica o simbolica priva di alcun senso. La pronuncia risulta esente da vizi e conforme alla logica secondo la quale la decrittazione del dato informatico è attività distinta dalla captazione e le operazioni di decodificazione del significato delle comunicazioni intercettate sono da tenere distinte dai requisiti di utilizzabilità della prova. Le incertezze circa la corrette della decodificazione delle intercettazioni utilizzabili attengono al valore e all portata probatoria delle comunicazioni decrittate e quindi non possono avere ingresso nel giudizio ove la difesa non alleghi argomenti a sostegno di errori nella lettura e/o nella interpretazione dei messaggi captati (Sez. 1, n. 6364 del 13/10/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 29866 del 08/07/2022, COGNOME, in motivazione). 4. Il quarto motivo di ricorso è fondato nei termini che seguono. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sul tema inerente al fatto che l’autorità francese si sia attivata solo e unicamente all’esito dell’ordine di indagine italiano, i giudici del merito cautelar hanno fornito una risposta che deve essere ora riesaminata alla luce delle recenti pronunce delle Sezioni Unite. Il verbale del 6 gennaio 2022 redatto dalla polizia giudiziaria francese dà atto dell’avvenuta «estrazione» delle informazioni relative ai Conti Sky ECC tramite interfaccia di ricerca neozelandese. Tale operazione è stata interpretata dai giudici del merito cautelare come indicativa della acquisizione di dati già in possesso dello Stato di esecuzione; a pag. 54 dell’ordinanza impugnata si fa riferimento alla nota prot. 197 del 3 dicembre 2021 di Eurojust, che nel ricorso si afferma essere afferente a procedimenti inconferenti rispetto a quello in esame. Il riferimento alle polizie di Stati membr
ulteriori rispetto a quella francese, che ha curato il procedimento di estrazione dei dati, non risulta però sufficiente a dare conto della provenienza dei dati da una più ampia attività investigativa inerente a un procedimento penale estero preesistente all’ordine di indagine europeo emesso dalla Procura italiana, elemento necessario secondo quanto si dirà in seguito.
4.1. Sul tema della disciplina di garanzia che afferisce a t:ali acquisizioni, va ricordato che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE d’RAGIONE_SOCIALE deve aver a oggetto una prova acquisibile nello Stato di emissione e deve essere eseguito in conformità a quanto previsto nello Stato di esecuzione per il compimento di un analogo atto di acquisizione probatoria, dovendosi certamente presumere il rispetto di tale disciplina e dei diritti fondamentali, salvo una concreta verifica di segno contrario che, allo stato, non risulta allegata. Deve essere, poi, ricordato che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli artt.1 e 9 della Direttiva 2014/41/UE implicano che l’utilizzazione degli atti trasmessi a seguito di attività di cooperazione internazionale (come più volte affermato in tema di rogatoria attiva) non sia condizionata a un accertamento da parte del giudice dello Stato di emissione concernente la regolarità delle modalità di acquisizione esperite dall’autorità straniera, in quanto vige la presunzione di legittimit dell’attività svolta e spetta al giudice straniero la verifica della correttezza del procedura e l’eventuale risoluzione di ogni questione relativa alle irregolarità lamentate nella fase delle indagini preliminari (Sez.1, n.2312 del 2/02/2023, Demce, in motivazione; Sez. 5, n. 1405 del 16/11/2016, del). 2017, Ruso, Rv. 269015; Sez. 2, n. 24776 del 18/05/2010, COGNOME, Rv. 247750; Sez. I, n. 21673 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 243796).
4.2. Occorre, inoltre, osservare come l’arti. d. Igs. 21 giugno 2017, n. 108, secondo quanto chiarito da Sez. 6 n. 44154 del 26 ottobre 2023, consenta secondo il principio di proporzionalità che una richiesta istruttoria venga eseguita attraverso l’ordine di investigazione europeo purchè essa sia necessaria per la prosecuzione delle indagini, in tal modo rispettando quanto affermato dalla Corte di Giustizia Europea laddove ha imposto la verifica in concreto dell’effettiva necessità di un intervento acquisitorio. La censura evidenzia che, all’atto della emissione il 5 ottobre 2021 da parte della Procura della Repubblica di Bari dell’ordine di esecuzione europeo n. 13/21, non fosse stato acquisito alcun elemento utile a giustificare l’avvio di indagini nei confronti del COGNOME. A tanto la difesa giunge osservando come l’iscrizione della notizia di reato nei confronti del COGNOME sia avvenuta solo 1’8 febbraio 2023, cosicché sarebbe provato che, prima della ricezione degli esiti dell’ordine di esecuzione, non esistessero elementi utili a giustificare l’emissione di tale ordine.
4.3. A pag.50 dell’ordinanza impugnata si è, però, chiarito che, sebbene l’iscrizione del COGNOME nel registro delle notizie di reato fosse avvenuta solo quando, dopo l’esecuzione dell’ordine di indagine, erano emersi elementi sufficienti a collegare la posizione del COGNOME al traffico di sostanze stupefacenti, tuttavia nella stessa richiesta di ordine di indagine il COGNOME era indicato quale persona interessata all’atto di indagine e al contempo erano indicati come indiziati di traffico di sostanze stupefacenti i soggetti che avevano in uso gli apparecchi cellulari con predeterminati user ID e nickname, tra i quali risultava il criptofonino abbiNOME alla user ID NUMERO_DOCUMENTO con nickname NOME (verosimilmente le iniziali del prevenuto), poi risultato in uso al COGNOME. Anche sotto il profilo del regolare selezione dei dati utili alle indagini, nel rispetto del principio proporzionalità, sono stati indicati plurimi elementi a disposizione degli inquirenti al momento dell’emissione dell’O.I.E. (emergenti dal monitoraggio operato tramite videoripresa nei pressi dell’impresa RAGIONE_SOCIALE gestita dal RAGIONE_SOCIALE, servizi di o.c.p. che avevano verificato alcuni incontri tra il COGNOME e uno dei principali indagati, COGNOME NOME, pag.26 e nota n.18 pag.28, da intercettazioni dell’utenza 33563004096 intestata e in uso al COGNOME, cfr. nota n.19 pag.33, in occasione dell’arresto con sequestro di kg.3 di cocaina di COGNOME NOME con la quale il COGNOME pacificamente intratteneva una relazione sentimentale, dalla geolocalizzazione della predetta utenza, pag.44).
4.4. Non si tratta, dunque di una richiesta di indagine europea finalizzata ad avviare le indagini nei confronti del COGNOME, quanto piuttosto ad approfondirle. L’interpretazione seguita nell’ordinanza in merito alla disciplina di cui agli artt. 132, comma 3-bis, 1.178/2021 e 6 par. 1 lettj b) della Direttiva 2014/41/UE si fonda sul concetto che il pubblico ministero si possa avvalere dello strumento di collaborazione giudiziaria con uno Stato membro sulla base di semplici indizi della sussistenza di un fatto reato delineato sufficientemente senza che ne siano individuati i responsabili. Tale presupposto, ritenuto logicamente sussistente nel caso in esame, è stato contrapposto all’assunto difensivo secondo il quale per il ricorso alla procedura dell’ordine di indagine europeo sarebbe necessario che l’autore del reato sia stato già identificato e come tale già iscritto nel registro ai sensi dell’art. 335 cod. proc. pen.
4.5. Il tema proposto dalla difesa circa il rapporto tra i presupposti per l’emissione dell’ordine di indagine europeo e i presupposti per l’iscrizione di una persona nel registro delle notizie di reato si fonda sul principio espresso dalla sentenza Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009 (Lattanzi, Rv. 244378 – 01) circa l’obbligo di iscrizione della notizia di reato quando si è superata la soglia del mero sospetto e l’attribuibilità del reato all’indagato assuma una certa pregnanza. Ma il presupposto del ragionamento difensivo non è pregnante in
quanto inidoneo a incidere sull’utilizzabilità degli atti acquisiti mediante 0.I.E. dato lo stato delle indagini alla data in cui l’ordine fu emesso, posto che trova qui applicazione, ratione temporis (Sez.6, ord. n.2329 del 15/01/2024, in motivazione), il principio secondo il quale «Il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registr delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al giudice per le indagini preliminari sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato c del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma 3, cod. proc. pen.» (Sez. 6, n.4844 del 14/11/2018, dep.2019, Ludovisi Rv. 275046 – 01).
4.6. Considerato, però, che l’acquisizione delle chat da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari è avvenuta con lo strumento di collaborazione giudiziaria internazionale rappresentato dall’RAGIONE_SOCIALE, discipliNOME dal d.lgs. 27 giugno 2017, n. 108, emaNOME per dare attuazione alla direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, occorre rilevare che in relazione al contrasto inerente all’individuazione dello strumento processuale interno da porre a parametro per l’importazione delle chat decrittate e richieste con O.I.E. le Sezioni Unite hanno recentemente affermato (notizia provvisoria di decisione n.4/2024) che l’acquisizione di atti di altro procedimento penale non deve essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità nello Stato di emissione dell’O.I.E.
4.7. Riprendendo, dunque, il tema della previa acquisizione dei dati trasmessi dall’autorità di altro Stato membro, il pubblico ministero italiano è legittimato, ai sensi dell’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 108 del 2017 a emettere, nell’ambito delle proprie attribuzioni nella fase delle indagini preliminari, un ordine europeo di indagine volto all’acquisizione di una prova «già disponibile» e a trasmetterlo direttamente all’autorità di esecuzione (CGUE del 8/12/2020, C584/19 a proposito delle condizioni in virtù della quali un ufficio di Procura sia qualificabile come «Autorità di emissione»). La Corte di giustizia ha, a tale proposito, statuito che, una volta che la prova è stata acquisita nello spazio comune europeo e in conformità al diritto dell’Unione, la sua ulteriore circolazione, con trasferimento ad altro procedimento, non richiede una nuova autorizzazione del giudice, ma solo che sia rispettato il limite della utilizzabilit per ragioni di sicurezza pubblica e repressione di gravi reati (Corte di giustizia, sentenza 7 settembre 2023, A.G. – C-162/22, relativa all’utilizzazione della documentazione acquisita dal giudice presso gli operatori di telecomunicazioni in processi diversi da quello originario; sentenza 16 dicembre 2021, NOME.P., C-
724/19, 10 in tema di ordine europeo di indagine emesso da un pubblico ministero per l’acquisizione in altro Paese di dati dagli operatori di telecomu n icazione).
4.8. Tale profilo di censura dovrà, dunque, essere nuovamente esamiNOME e approfondito dal giudice del rinvio in ragione delle carenze motivazionali indicate al precedente par.4.
Quanto all’ammissibilità dell’acquisizione degli atti mediante ordine europeo di indagine penale, l’art. 6, par. 1 lett. b), Direttiva 2014/41/UE, prescrive che «l’autorità di emissione può emettere un ordine europeo di indagine solamente quando l’atto o gli atti di indagine richiesti nell’ordine europeo di indagine avrebbero potuto essere emessi alle stesse condizioni in un caso interno analogo». L’art. 10, par. 5, di tale direttiva sancisce, inoltre, ch «ove, conformemente al paragrafo 1, l’atto di indagine richiesto nell’ordine europeo di indagine non sia previsto dal diritto dello Stato di esecuzione o non sia disponibile in un caso interno analogo, e ove non vi siano altri atti di indagine che consentano di ottenere lo stesso risultato dell’atto di indagine richiesto, l’autorità di esecuzione informa l’autorità di emissione che non è stato possibile fornire l’assistenza richiesta». L’autorità giudiziaria dello Stato di emissione non può, pertanto, demandare all’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione il compimento di un atto di indagine che non sia contemplato dalla lex fori, né tantomeno richiedere la trasmissione di prove che non avrebbero potuto formare di acquisizione in un procedimento penale interno. La disposizione intende, infatti, evitare che le prove raccolte dall’autorità giudiziaria dello Stato esecuzione, in conformità al proprio ordinamento, possano eludere i divieti di acquisizione probatoria stabiliti dalla legge processuale dello Stato di emissione, divenendo utilizzabili ai fini decisori. È, dunque, necessario verificare se i principio di equivalenza sancito dalla 6, par. 1 lett. b), Dir. 2C14/41/UE sia stato rispettato nel caso di specie e, segnatamente, se le chat acquisite dall’autorità giudiziaria francese fossero acquisibili nell’ordinamento italiano. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.1. Il Collegio ritiene che, alla luce dei recenti arresti della Cort Costituzionale e delle Sezioni Unite, l’orientamento interpretativo, sposato nell’ordinanza impugnata, secondo il quale le chat intervenute sulla piattaforma SkyEcc avrebbero natura di «documenti di dati informatici», debba essere rivisitato. Nella giurisprudenza costituzionale si è ampliato il concetto di «corrispondenza» con argomentazioni inerenti a qualunque flusso di comunicazioni, ancorchè esaurito (Corte Cost. 7 giugno 2023 n.170, in cui si afferma che «Il concetto di «corrispondenza» è ampiamente comprensivo, atto ad abbracciare ogni comunicazione di pensiero umano: idee, propositi,
sentimenti, dati, notizie, tra due o più persone determinate, attuata in modo diverso dalla conversazione in presenza; in linea generale, pertanto, lo scambio di messaggi elettronici – e-mail, SMS, WhatsApp e simili – rappresenta, di per sé, una forma di corrispondenza agli effetti degli artt. 15 e 68, terzo comma, Cost.»; già in tal senso Sez.4, n. 40903 del 28/06/2016, COGNOME, Rv.268228-01; Sez. 3, n. 50452 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265615-01). Tale definizione è da porre in correlazione con le posizioni assunte in materia dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che ha ricondotto «sotto il cono di protezione dell’art. CEDU», ove pure si fa riferimento alla «corrispondenza» tout court, i messaggi di posta elettronica (Corte EDU, sent. 5/09/20:17, COGNOME c. Romania, § 72; Corte EDU, sent. 3/04/2007, Copland c. Regno Unito, § 41), gli SMS (Corte EDU, sent. 17/12/2020, Saber c. Norvegia, § 48) e la messaggistica istantanea inviata e ricevuta tramite internet (Corte EDU, sent. COGNOME, cit., § 74).
5.2. Risulta inoltre decisivo, sul punto, il dictum di SSUU COGNOME AVV_NOTAIO COGNOME (informazioni provvisorie di decisione nn.3 e 4 del 29 febbraio 2024), da cui si evince che il trasferimento all’Autorità giudiziaria italiana, in esecuzione di ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni effettuate mediante criptofonini e già acquisite e decrittate dall’Autorità giudiziaria estera in u proprio procedimento penale rientra nell’acquisizione di atti di un procedimento penale, che rispetta l’art.6 della Direttiva 2014/41/UE in quanto, secondo la loro natura, trova il suo fondamento negli artt.78 disp. att. cod. proc. pen., 238, 270 cod. proc. pen.
5.3. Ove si riconosca natura captativa alle comunicazioni effettuate mediante criptofonini, e si accerti che i flussi di comunicazione, al momento in cui tali dati sono stati richiesti dall’Autorità giudiziaria italiana, non erano pi corso, il relativo trasferimento tra due procedimenti penali è ammesso a opera del pubblico ministero nell’ordinamento italiano alle condizioni previste dall’art.270 cod. proc. pen., da considerare il «caso interno analogo» al quale fa riferimento la disposizione eurounitaria (rilevanza e indispensabilità per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresi:o in flagranza) secondo i criteri di bilanciamento degli opposti interessi indicati dalle Sezioni Unite nella sentenza Cavallo (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, dep.2020, Rv. 277395 – 01) e recentemente da Corte E.D.U., Sezione Terza, del 13 febbraio 2024, nel procedimento Podchasov c. Russia (n.33696/19); ferma restando l’inconferenza delle censure inerenti alle modalità di acquisizione dei dati già valutate dall’Autorità giudiziaria di altro Stato membro secondo la lex loci, come già detto al par.4.1.
Considerato, dunque, che appare necessario riesaminare la natura dell’attività svolta all’estero e attribuire alla stessa la corretta qualificazi giuridica, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio affinchè il Tribunale verifichi nuovamente l’utilizzabilità, nel presente giudizio cautelare, delle suindicate chat. Tale disamina è funzionale a consentire alla difesa di contestare la necessità e la regolarità dell’O.I.E. (CGUE 11/11/2021, C 852/19 Gavanozov, § 54) sotto il profilo del rispetto dei diritti fondamentali dell’indagato ai sensi degli artt.6 e 14 §7 Direttiva 2014/41/UE.
6.2. In merito alla rilevanza e indispensabilità delle chat per l’accertamento di reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza si osserva,, da un lato, che procede in relazione al reato di cui all’art.74 T.U. Stup. e, dall’altro, che è sta già affermato il principio secondo il quale «In fase di indagini preliminari, non è necessario che nel provvedimento che utilizza, ai sensi dell’art. 270 cod. proc. pen., i risultati di intercettazioni effettuate in procedimento diverso s espressamente motivata l’indispensabilità di tali risultati ai fini dell’accertamento dei delitti per cui si procede e per i quali è previsto l’arresto in flagran potendo la valutazione di indispensabilità essere compiuta anche implicitamente, mediante l’attribuzione agli elementi utilizzati di specifica rilevanza ai fini de
decisione adottata (Sez. 3, n. 5821 del 18/0.1/2022, Napolitano, Rv. 282804 01).
6.3. Resta, quindi, da assicurare, come richiesto dall’art.14 par.7 Direttiva 2014/41/UE (che così recita «Lo Stato di emissione tiene corto del fatto che il riconoscimento o l’esecuzione di un OEI sono stati impugnati con successo conformemente al proprio diritto nazionale. Fatte salve le norme procedurali nazionali, gli Stati membri assicurano che nei procedimenti penali nello Stato di emissione siano rispettati i diritti della difesa e sia garantito un giusto processo nel valutare le prove acquisite tramite l’OEI>>) il pieno esercizio del diritto di difesa. Sul punto, occorre che la decisione inerente alle condizioni di ammissibilità dei dati così acquisiti sia rimessa al giudice del merito cautelare onde assicurare il contraddittorio (Sez. 6, n. 44155 del 26/10/2023 COGNOME, in motivazione), anche perché le valutazioni circa l’utilizzabilità del materiale captativo proveniente dal procedimento in cui sono state disposte le relative operazioni, non vincolano il giudice del diverso procedimento, che conserva piena autonomia decisoria e deve procedere ad autonomo apprezzamento (Sez. 1, n. 42006 del 28/10/2010, Tavelli, Rv. 249109 – 01).
Il tema centrale del quinto motivo di ricorso si sviluppa con riferimento al raffronto tra gli esiti delle chat acquisite dall’autorità francese e le attività investigative espletate sino al febbraio 2023. Partendo dal presupposto che il COGNOME è stato iscritto nel registro degli indlagati in data 8 febbraio 2023, la difesa ne ha desunto l’inidoneità degli esiti investigativi prima di allora acquisiti a identificare nel COGNOME un soggetto gravemente indiziato in relazione al reato associativo. Il motivo di ricorso tende a destrutturare la cosiddetta sovrapponibilità dei dati acquisiti dall’autorità giudiziaria francese agli atti indagine eseguiti dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE e mette in luce, tra l’altro, la discrasia pacificamente sussistente tra l’orario delle conversazioni intercettate dall’autorità francese e l’orario dei movimenti percepiti dai finanzieri durante i servizi di controllo e pedinamento. Tale censura, dati i presupposti sui quali si fonda l’identificazione del COGNOME, risulta fondata in quanto nell’ordinanza viene attribuita alla discrasia cronologica di una o due ore la giustificazione dell’allocazione dei server contenenti i dati in aree geografiche con fuso orario diverso da quello italiano (pag. 57) senza specificazione dei dati oggettivi sui quali si è fondata tale giustificazione.
7.1. Giova, inoltre, sottolineare la contraddittorietà della ordinanza nella parte in cui, da un lato ha ritenuto che le osservazioni sul campo dei finanzieri avessero consentito di portare avanti le indagini indipendentemente dalle comunicazioni sulle chat criptate, così da rendere poco rilevante e non incidente
sull’economia processuale lo sfasamento orario rispetto ai fatti (pag.57 ordinanza), mentre dall’altro ha riconosciuto natura dirimente all’acquisizione delle chat ai fini della individuazione della gravità indiziaria a carico del COGNOME rispetto al reato associativo in quanto, solo dopo l’acquisizione di tali elementi, sarebbero state possibili l’identificazione e l’iscrizione del COGNOME nel registro degli indagati.
7.2. Indipendentemente, pertanto, dalle allegazioni difensive contenute nel motivo di ricorso in esame, tutte tendenti a proporre una diversa lettura dei fatti, non consentita in fase di legittimità, è tuttavia condivisibile l’assunto difensiv secondo il quale la motivazione espressa dal Tribunale, fondata su considerazioni espresse in termini di verosimiglianza (pag. 67), plausibilità (pag. 70) per fornire spiegazioni e replica ai numerosi aspetti di ambivalenza degli esiti investigativi, oltre che sull’inspiegabile contrasto tra la natura dirimente delle intercettazioni mediante chat ai fini della identificazione del COGNOME e la gravità indiziaria degli elementi in precedenza acquisiti dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE, mostrano un così grave vizio motivazionale da rendere di fatto la motivazione espressa apparente.
Tali sono le ragioni per le quali l’ordinanza deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Bari.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Bari per nuovo esame.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp.att. c.p.p.
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Così deciso il 13 marzo 2024 Il ,COns .gliere stensore
Il Presidente