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Chat criptate: legittima l’acquisizione via O.E.I.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato sottoposto a custodia cautelare per narcotraffico, la cui responsabilità si basava principalmente su prove da chat criptate. La Corte ha stabilito che l’acquisizione di questi dati, già in possesso di autorità giudiziarie francesi, tramite un Ordine Europeo di Indagine (O.E.I.), è pienamente legittima. Non si tratta di una nuova intercettazione, ma dell’acquisizione di prove preesistenti. L’identificazione dell’indagato è stata confermata da elementi personali e riscontrabili emersi nelle conversazioni.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat Criptate: la Cassazione Conferma la Legittimità dell’Acquisizione via O.E.I.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di cruciale attualità nel processo penale: l’utilizzabilità delle chat criptate ottenute tramite cooperazione giudiziaria europea. La pronuncia chiarisce la legittimità dell’acquisizione di questi dati attraverso l’Ordine Europeo di Indagine (O.E.I.), distinguendola nettamente da una nuova attività di intercettazione. Questo caso offre spunti fondamentali sulla gestione della prova digitale transnazionale e sui diritti della difesa.

I Fatti del Caso: Misure Cautelari e Prove Digitali

Il procedimento nasce da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Un individuo viene raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, basata in larga parte sul contenuto di conversazioni avvenute su una piattaforma di messaggistica cifrata. Tali comunicazioni erano state decriptate dalle autorità francesi e successivamente trasmesse alla Procura italiana in esecuzione di un Ordine Europeo di Indagine.

I Motivi del Ricorso: la Difesa Contesta l’Uso delle Chat Criptate

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni procedurali. In primo luogo, ha contestato le modalità di acquisizione dei dati delle chat criptate, sostenendo che non fossero chiare le modalità con cui gli inquirenti avessero collegato i codici identificativi dei dispositivi all’indagato. In secondo luogo, ha lamentato una violazione del diritto di difesa, poiché sarebbe stata fornita solo una selezione delle chat ritenute rilevanti dall’accusa e non l’intero materiale acquisito.

Infine, la difesa ha criticato la motivazione del provvedimento cautelare, ritenendola carente e meramente adesiva alla richiesta del Pubblico Ministero, senza un’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, in particolare riguardo all’effettiva attribuzione del dispositivo crittografato al proprio assistito.

La Decisione della Cassazione: Legittimità dell’Acquisizione delle Chat Criptate via O.E.I.

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità dell’operato degli inquirenti e la validità del quadro indiziario. La decisione si fonda su principi recentemente affermati dalle Sezioni Unite della stessa Corte.

Riferimento ai Principi delle Sezioni Unite

I giudici hanno chiarito che l’acquisizione, tramite O.E.I., di dati informatici già raccolti e disponibili presso un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro (in questo caso, la Francia) non costituisce un’attività di intercettazione. Si tratta, invece, dell’acquisizione di una prova documentale preesistente. Pertanto, non si applicano le regole e le garanzie previste dal codice di procedura penale italiano per le intercettazioni (art. 266 e ss. c.p.p.), ma quelle relative alla circolazione delle prove in ambito europeo.

La Corte ha ribadito che la procedura è legittima a condizione che:
1. L’atto di indagine sarebbe stato ammissibile in un caso analogo interno.
2. Sia rispettato il principio di proporzionalità.

L’onere di dimostrare un’eventuale violazione dei diritti fondamentali nel corso dell’attività di captazione originaria spetta alla difesa, che nel caso di specie non ha fornito elementi concreti a sostegno.

L’Identificazione dell’Utilizzatore del Dispositivo

La Cassazione ha inoltre ritenuto infondata la censura sulla carenza di motivazione riguardo all’identificazione dell’indagato quale utilizzatore del “criptofonino”. Il Tribunale del riesame aveva correttamente valorizzato il contenuto stesso delle conversazioni. Nelle chat, infatti, emergevano riferimenti a eventi personali e specifici della vita dell’indagato, tutti puntualmente riscontrati dagli investigatori. Tra questi, un controllo di polizia subito in una data precisa, la detenzione di un fratello da molti anni e la richiesta di un impiego presso una determinata azienda. Questi elementi, nel loro complesso, hanno costituito la prova logica per attribuire con certezza l’identità dell’utilizzatore del dispositivo.

le motivazioni
Le motivazioni della Corte si allineano all’orientamento consolidato delle Sezioni Unite, volto a favorire la circolazione delle prove all’interno dello spazio giudiziario europeo, garantendo al contempo il rispetto dei principi fondamentali. La distinzione tra acquisizione di prove preesistenti e nuove attività di indagine è il perno su cui ruota l’intera costruzione giuridica. La sentenza sottolinea come l’Ordine Europeo di Indagine sia lo strumento designato per ottenere prove già formate all’estero, e la sua legittimità va presunta, salvo che la difesa fornisca prova contraria di una palese violazione dei diritti fondamentali avvenuta nello Stato di emissione. Per quanto riguarda l’attribuzione del dispositivo, la Corte valorizza il metodo della prova logica basata sul contenuto intrinseco delle comunicazioni, ritenuto sufficiente a superare le mere negazioni della difesa, quando i riferimenti personali sono precisi, molteplici e oggettivamente verificati.

le conclusioni
In conclusione, la sentenza ribadisce la piena utilizzabilità processuale delle chat criptate acquisite tramite O.E.I. da un altro Stato membro dell’Unione Europea. Viene confermato che tale modalità di acquisizione non richiede l’attivazione delle complesse procedure previste per le intercettazioni. La decisione consolida un principio chiave per il contrasto alla criminalità organizzata transnazionale, che fa ampio uso di tecnologie di comunicazione cifrata. Allo stesso tempo, si evidenzia l’importanza per le difese di articolare censure specifiche e provate su eventuali violazioni dei diritti fondamentali avvenute all’estero, non essendo sufficiente una contestazione generica della procedura di cooperazione.

È legittimo utilizzare in un processo penale italiano i dati di chat criptate acquisiti da autorità di un altro Stato UE?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è legittimo, a condizione che l’acquisizione avvenga tramite un Ordine Europeo di Indagine (O.E.I.). Questa procedura è considerata come l’ottenimento di una prova già esistente e non come una nuova intercettazione.

L’acquisizione di chat dall’estero richiede l’autorizzazione di un giudice italiano come per le intercettazioni?
No. Secondo la sentenza, trattandosi dell’acquisizione di atti già compiuti da un’autorità estera, non si applicano le norme del codice di procedura penale italiano previste per disporre nuove intercettazioni, che richiedono un intervento autorizzatorio del giudice.

Come viene provato che un indagato utilizzava un determinato dispositivo criptato?
La prova può derivare direttamente dal contenuto delle conversazioni. Se nelle chat sono presenti riferimenti specifici, personali e verificabili (come dettagli su eventi di vita, rapporti familiari o lavorativi), questi elementi possono essere usati come prova logica per attribuire con certezza l’utilizzo del dispositivo a quella persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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