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Chat criptate: la Cassazione conferma l’arresto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per narcotraffico, la cui accusa si basava su messaggi scambiati su una piattaforma di chat criptate. La Corte ha confermato la legittimità della custodia cautelare in carcere, stabilendo che le prove digitali acquisite da autorità francesi tramite un Ordine Europeo di Indagine sono pienamente utilizzabili nel procedimento italiano, in linea con i recenti principi enunciati dalle Sezioni Unite. L’identificazione dell’indagato e le esigenze cautelari sono state ritenute correttamente motivate.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat Criptate e Narcotraffico: Legittima la Prova Ottenuta all’Estero

L’uso di chat criptate per la gestione di attività illecite è una sfida costante per gli inquirenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 35390/2024) ha affrontato un caso emblematico, confermando la piena utilizzabilità delle prove digitali ottenute tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI) e consolidando un importante principio giuridico in materia.

I Fatti: L’Accusa di Narcotraffico e le Prove Digitali

Il caso riguarda un uomo sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver acquistato, in concorso con un mediatore, un ingente quantitativo di cocaina. Il quadro accusatorio si fondava in gran parte sul contenuto di conversazioni avvenute su una nota piattaforma di messaggistica criptata, i cui dati erano stati acquisiti dalle autorità giudiziarie francesi e successivamente trasmessi alla Procura italiana tramite un Ordine Europeo di Indagine.

Oltre a queste conversazioni, l’indagine si avvaleva di intercettazioni tradizionali, analisi di tabulati telefonici e attività di riscontro della polizia giudiziaria. L’insieme di questi elementi delineava un’associazione a delinquere dedita al traffico di stupefacenti che faceva largo uso di dispositivi cellulari criptati per eludere le investigazioni.

I Motivi del Ricorso: La Difesa Contesta l’Uso delle Chat Criptate

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse obiezioni sulla legittimità delle prove e sulla necessità della misura cautelare. I punti principali del ricorso erano:

1. Inutilizzabilità delle chat: Secondo i legali, l’acquisizione delle conversazioni non poteva essere considerata come semplice raccolta di documenti informatici (ex art. 234-bis c.p.p.), ma andava qualificata come un’attività di intercettazione, soggetta a regole procedurali più stringenti, che in questo caso non sarebbero state rispettate.
2. Violazione del diritto di difesa: La difesa lamentava l’impossibilità di verificare le modalità originarie di acquisizione dei dati e l’algoritmo di decriptazione, elementi essenziali per controllare la legittimità e l’attendibilità della prova.
3. Mancata identificazione certa: Si contestava l’identificazione dell’indagato quale effettivo utilizzatore del dispositivo criptato, non essendo stato trovato in suo possesso al momento dell’arresto.
4. Carenza delle esigenze cautelari: La difesa sosteneva che il giudice non avesse considerato adeguatamente il tempo trascorso dai fatti contestati (oltre due anni) e il percorso di reinserimento sociale intrapreso nel frattempo dall’indagato.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. La decisione si allinea ai recenti e fondamentali pronunciamenti delle Sezioni Unite (sentenze ‘Giorgi’ e ‘Gjuzi’ del 2024), che hanno tracciato una linea chiara sull’acquisizione di prove digitali tramite cooperazione giudiziaria europea.

Le Motivazioni

La Corte ha stabilito che la procedura seguita per ottenere le chat criptate è pienamente legittima. Non si è trattato di un’intercettazione disposta dalle autorità italiane, ma dell’acquisizione, tramite OEI, di prove (i contenuti delle chat) che erano già nella disponibilità dell’autorità giudiziaria francese. Questo procedimento rientra nella logica della circolazione delle prove all’interno dell’Unione Europea e non richiede l’applicazione delle norme interne sulle intercettazioni.

La Cassazione ha inoltre ribadito che spetta alla difesa fornire elementi specifici per dubitare della genuinità dei dati o per dimostrare una violazione dei diritti fondamentali nel corso delle indagini svolte all’estero, onere che nel caso di specie non è stato assolto. Per quanto riguarda l’identificazione dell’indagato, i giudici hanno ritenuto che fosse stata raggiunta attraverso una serie di elementi logici e convergenti, come il contenuto delle conversazioni in cui si parlava della sua necessità di nascondersi e il suo successivo arresto proprio nel luogo indicato nelle chat.

Infine, la Corte ha giudicato corretta la valutazione sulle esigenze cautelari. Il pieno inserimento dell’indagato in un’associazione internazionale di narcotrafficanti, unito al tentativo di sottrarsi a una precedente pena, sono stati considerati elementi sufficienti a giustificare la misura della custodia in carcere, ritenendo ancora attuale il pericolo di reiterazione del reato, nonostante il tempo trascorso.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per il contrasto alla criminalità organizzata nell’era digitale. Viene confermata la validità di un modello investigativo basato sulla cooperazione internazionale e sull’uso dell’Ordine Europeo di Indagine per acquisire prove decisive come i contenuti delle chat criptate. La decisione chiarisce che, una volta che i dati sono stati legittimamente raccolti da un’autorità di un Paese membro, la loro trasmissione e utilizzabilità in Italia seguono le regole della cooperazione giudiziaria, ponendo a carico della difesa l’onere di dimostrare eventuali vizi procedurali o violazioni di diritti fondamentali avvenuti nello Stato di origine.

Le prove provenienti da chat criptate, ottenute da autorità estere tramite Ordine Europeo di Indagine, sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che sono pienamente utilizzabili. Non si tratta di un’intercettazione soggetta alle norme interne, ma dell’acquisizione di prove già esistenti e disponibili presso un’autorità giudiziaria di un altro Stato membro, la cui trasmissione è regolata dalle norme sulla cooperazione europea.

Come viene identificato l’utilizzatore di un telefono con chat criptate se non viene trovato in suo possesso?
L’identificazione può avvenire attraverso altri elementi di prova (indizi gravi, precisi e concordanti). Nel caso esaminato, l’identificazione è stata confermata sulla base del contenuto delle conversazioni (in cui si parlava della sua latitanza) e di riscontri fattuali, come l’arresto dell’indagato nel rifugio di cui si discuteva nelle chat stesse.

Il tempo trascorso dal reato e un percorso di reinserimento sociale possono annullare la necessità della custodia cautelare in carcere?
Non necessariamente. La Corte ha ritenuto che, a fronte di un reato grave e del pieno inserimento dell’indagato in un’associazione criminale internazionale, la protrazione della condotta illecita e i tentativi di sottrarsi alla giustizia mantengono attuale il pericolo di reiterazione del reato, giustificando la misura cautelare anche a distanza di tempo dai fatti contestati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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