Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3088 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3088 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato il 04/01/1991 a Roma avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma del 18/04/2024;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata, il ricorso e i motivi nuovi proposti dal difensor del ricorrente;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato; sentito il difensore dell’indagato, Avvocata NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma con ordinanza del 18 aprile 2024 (motivazione depositata il successivo 21 maggio) ha respinto la richiesta formulata, ex art. 309 cod. proc. pen., da NOME per la revoca dell’ordinanza genetica emessa dal Gip di Roma in data 28 marzo 2024 con la quale è stata
applicata all’indagato la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione all’addebito provvisorio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso l’ordinanza del riesame COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso nel quale deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 309 commi 5 e 10 cod. proc. pen. per avere omesso il Tribunale del riesame di rispondere all’eccezione relativa alla mancata trasmissione al Tribunale medesimo di tutti gli atti relativi all’Ordine di Indagine Europeo n. 91/22 con il quale PM avrebbe acquisito elementi investigativi dall’Autorità francese e di tutte le chat scambiate sulle piattaforme criptate di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE (segnatamente, di tutti e tre i PIN di SkyEcc e di due account RAGIONE_SOCIALE), riferibili ai fratelli COGNOME NOME e NOMECOGNOME sebbene tali atti risultano richiamati nella richiesta del PM e nell’ordinanza cautelare, invocandosi la conseguente perdita di efficacia di quest’ultimo provvedimento.
2.2. Violazione di legge dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. per avere il Tribunale cautelare respinto l’eccezione di inutilizzabilità dei messaggi scambiati sulla piattaforma di comunicazione Sky e RAGIONE_SOCIALE acquisiti dall’estero, con doglianza superata “sulla base dei principi di diritto enunciati dalle SU n. 23756/24, che rendono infondate tutte le censure formulate nei ricorsi attinenti l’inutilizzabilità dei dati informatici relativi alle comunicazioni intercorse attravers il sistema criptato e acquisite con gli OIE”. Si obietta al riguardo che detti messaggi sarebbero il risultato di intercettazioni “massive” di conversazioni o comunicazioni disposte dall’Autorità francese e che sono sì acquisibili dall’Autorità giudiziaria italiana in virtù dell’art. 270 c.p.p. che consente l’utilizzabilità delle intercettazi effettuate in procedimenti diversi da quelli in cui le stesse sono stati disposti, ma con l’osservanza delle garanzie previste dall’ordinamento interno (articoli 191 e 271 cod. procc. Pen.) che nella specie non sono state rispettate. Profili, questi, che vengono approfonditi nella memoria depositata recante “motivi nuovi”, alla luce della sentenza della Sez. 4 di questa Corte, n. 32915 del 15/07/2022 e della pronuncia della Grande Sezione della Corte di Giustizia Ei .iropea nella causa C670/22 depositata il 30.04.2024, e con riferimento allei. della Direttiva dell’UE in materia di ordine di indagine europeo,
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va dunque rigettato.
Invero, con il primo motivo si è eccepita la mancata trasmissione da parte del Pubblico ministero di tutta la documentazione e le comunicazioni utili, per tale
ragione invocandosi la perdita di efficacia della misura. Peraltro, va rilevato che talune delle questioni, nei termini indicati nel ricorso (in particolare, la mancata trasmissione degli ordini di indagine europea), non risultano propriamente poste all’attenzione del Tribunale del riesame.
2.1. Da ciò deriva l’inammissibilità della censura, dal momento che «in tema di impugnazioni cautelari, la parte che propone richiesta di riesame, per la natura di mezzo di gravame della stessa, è tenuta ad articolare appositi motivi, sicché, ove successivamente proponga ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame, è tenuta a dedurre motivi corrispondenti a quelli con i quali erano state fatte valere le questioni a questo prospettate, pena l’inammissibilità delle deduzioni, siccome nuove» (Sez. 3, n. 29366 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286752 – 01; Sez. 2, n. 11027 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266226 – 01).
2.2. Quanto alla mancata trasmissione dei provvedimenti autorizzativi dell’Autorità giudiziaria francese, le doglianze appaiono generiche, atteso che, al contrario, il Tribunale del riesame (pag. 19) ha dato atto che “la polizia giudiziaria francese ha trasmesso, con altrettanti plichi separati e sigillati, i cd-rom contenenti gli elementi di prova richiesti con gli ordini di indagine. I plichi sono giunti in Itra e sono stati ricevuti dalla competente polizia giudiziaria … Sempre la polizia giudiziaria ha quindi proceduto alla estrapolazione e trascrizione delle conversazioni provenienti dai cd-rom. Dopo di ciò, i files estratti sono stati trasmessi a questo Tribunale del riesame. Si tratta di operazioni compiute da pubblici ufficiali e assistite da presunzione di legittimità. Rispetto a tali operazion il rischio di manipolazioni segnalato dalla difesa è meramente astratto”. Dunque, in riferimento al contenuto delle comunicazioni acquisite dall’estero e trasmesse, le stesse risultano inviate poi integralmente dal PM al Tribunale del riesame, e le censure sul punto paiono generiche nella parte in cui è stata lamentata la trasmissione di dati “potenzialmente favorevoli all’indagato”. Sul punto, infatti, deve ribadirsi il principio secondo il quale in tema di ricorso per cassazione avverso misure cautelari, l’eccezione relativa alla mancata trasmissione di atti rilevanti da parte del pubblico ministero al tribunale del riesame non può essere proposta per la prima volta nel giudizio di cassazione (Sez. 3, n. 47559 del 16/07/2019, Milanese, Rv. 277991 – 01), ma deve essere dedotta, in termini concreti e specifici, dinanzi al tribunale del riesame, atteso che solo tale organo può compiere la necessaria valutazione di merito in ordine al valore contenutistico dell’atto tardivamente trasmesso, al fine di stabilire il momento in cui tale atto sia entrato nella disponibilità del pubblico ministero e se esso costituisca elemento sopravvenuto favorevole per l’indagato (Sez. 6, n. 7355 del 19/09/2018 – dep. 18/02/2019, COGNOME, Rv. 275208 – 01).
Infondato è anche il secondo motivo, con il quale si deduce che l’acquisizione di dati all’estero mediante O.I.E. sia avvenuta in violazione del giusto processo, dei diritti di difesa e delle norme processuali italiane in tema di utilizza bilità.
3.1. Invero, le questioni oggetto di detto motivo sono state risolte dalle Sezioni Unite (ud. 29/02/2024, sentenze n. 23755, COGNOME, e n. 23756, COGNOME) che hanno affermato i seguenti principi:
la trasmissione con ordine europeo di indagine (0.E.I.) del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234-bis c.p.p., che opera al di fuori delle ipotesi di collaborazione tra autorità giudiziarie, bensì nella disciplin relativa alla circolazione delle prove tra procedimenti penali, quale desumibile dagli artt. 238 e 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p. In particolare, la sentenza “Giorgi” si è espressa in merito ai risultati di intercettazioni effettuate sulla piattaforma informatica criptata RAGIONE_SOCIALE e sui relativi “criptofonini”, affermando che la loro acquisizione, per quanto già detto, non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 234-bis c.p.p., bensì nella disciplina di cui all’art. 270 c.p.p.;
b) in materia di 0.E.I., le prove già in possesso delle autorità competenti dello Stato di esecuzione possono essere legittimamente richieste e acquisite dal pubblico ministero senza la necessità di preventiva autorizzazione da parte del giudice del procedimento nel quale si intende utilizzarle;
c) l’emissione, da parte del pubblico ministero, di RAGIONE_SOCIALE diretto ad ottenere il contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in un procedimento penale pendente davanti ad essa, non deve essere preceduta da autorizzazione del giudice italiano, quale condizione necessaria a norma dell’art. 6 direttiva 2014/41/UE, perché tale autorizzazione, nella disciplina nazionale relativa alla circolazione delle prove, non è richiesta per conseguire la disponibilità del contenuto di comunicazioni già acquisite in altro procedimento;
la disciplina di cui all’art. 132 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, relativa all’acquisizione dei dati concernenti il traffico di comunicazioni elettroniche e l’ubicazione dei dispositivi utilizzati, si applica alle richieste rivolte ai fornitor servizio, ma non anche a quelle dirette ad altra autorità giudiziaria che già detenga tali dati, sicché, in questo caso, il pubblico ministero può legittimamente accedere agli stessi senza chiedere preventiva autorizzazione al giudice davanti al quale intende utilizzarli (tale principio è stato formulato dalla sentenza “Gjuzi”);
l’utilizzabilità del contenuto di comunicazioni scambiate mediante criptofonini, già acquisite e decrittate dall’autorità giudiziaria estera in u procedimento penale pendente davanti ad essa, e trasmesse sulla base di 0.E.I., deve essere esclusa se il giudice italiano rileva che il loro impiego determinerebbe una violazione dei diritti fondamentali, fermo restando che l’onere di allegare e provare i fatti da cui inferire tale violazione grava sulla parte interessata;
l’impossibilità per la difesa di accedere all’algoritmo utilizzato nell’ambito di un sistema di comunicazioni per criptare il testo delle stesse non determina una violazione dei diritti fondamentali, dovendo escludersi, salvo specifiche allegazioni di segno contrario, il pericolo di alterazione dei dati in quanto il contenuto di ciascun messaggio è inscindibilmente abbinato alla sua chiave di cifratura, ed una chiave errata non ha alcuna possibilità di decriptarlo anche solo parzialmente.
3.2. Alla luce di detti principi le questioni sollevate sul punto dal ricorrente sono infondate. Invero, il procedimento seguito per l’acquisizione a mezzo O.E.I. delle chat criptate utilizzate quali gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente – procedimento del tutto identico a quello scrutinato dalle Sezioni Unite – è legittimo, concernendo delitti (art. 74 T.U. Stup.) per i quali nell’ordinamento interno può essere disposta l’intercettazione ai sensi dell’art. 266 cod. proc. pen., né il ricorrente ha evidenziato specifiche e concrete violazioni dei diritti fondamentali idonee a integrare l’invalidità della prova acquisita secondo quanto indicato nelle lettere e) e f) sopra riportate.
3.3. Né risultano rilevanti le decisioni indicate nei motivi nuovi e alle quali la Difesa del ricorrente si è richiamata anche in sede di discussione orale.
Iniziando dal riferimento a una sentenza di questa Corte (fermo restando che il difforme orientamento che si era formato sul punto risulta superato dalle sentenze delle Sezioni unite prima indicate), va rilevato che dovrebbe propriamente trattarsi di Sez. 4, n. 13535 del 12/03/2024, COGNOME (emessa dopo le pronunce delle Sezioni Unite, ma prima del deposito delle relative motivazioni). Con tale pronuncia si è – in riferimento a ordinanza cautelare personale fondata sulle conversazioni acquisite dalla Autorità giudiziaria straniera sulla piattaforma Sky RAGIONE_SOCIALE e trasmesse a mezzo OIE – disposto l’annullamento con rinvio del provvedimento del Tribunale del riesame in quanto tale Giudice aveva ritenuto che la relativa utilizzazione nell’ordinamento interno dovesse essere regolata dall’art. 234 bis cod. proc. pen. Al riguardo, si è evidenziato che «il Tribunale del riesame, conformandosi ai principi enunciati dall’orientamento superato, ha erroneamente ritenuto ininfluente accertare le modalità con cui l’autorità francese aveva acquisito le conversazioni conservate nel server e poi trasmesse, in esecuzione dell’ordine europeo di indagine, al pubblico ministero italiano che le aveva richieste. Tale accertamento, opportunamente sollecitato dalla difesa con la
richiesta di riesame, doveva, invece, essere effettuato perché, come chiarito dalla sopravvenuta pronuncia a Sezioni unite dei 29 febbraio 2024, funzionale a stabilire le regole di acquisizione della messaggistica nel procedimento penale e, conseguentemente, i limiti della sua utilizzabilità ai fini della decisione cautelare». Nel caso oggetto del ricorso all’esame di questo Collegio, invece, l’ordinanza impugnata ha correttamente valutato le chat sulla base della disciplina dell’art. 270 cod. proc. pen., come indicato dalle Sezioni Unite.
3.4. Non rilevante è altresì il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia della UE del nella causa C-670/22 depositata il 30.04.2024, con specifico riferimento all’art. 31 della Direttiva dell’UE in materia di ordine di indagine europeo. In detta pronuncia si è precisato che l’infiltrazione in apparecchi terminali, diretta ad estrarre dati relativi al traffico, all’ubicazione e a comunicazioni, costituisce un’intercettazione di comunicazioni e soggiace all’applicazione dell’art. 31 della direttiva 2014/41/UE. Ogni richiesta connessa ad un’operazione del genere deve essere notificata all’autorità a tal fine designata dallo Stato membro in cui si trova la persona sottoposta alla captazione (c.d. “Stato di notificazione”); qualora lo Stato membro che abbia interesse al compimento dell’intercettazione non riesca ad individuare l’autorità competente dello Stato di notificazione, comunicherà con qualsiasi autorità che riterrà idonea ai fini dell’accertamento.
Tale profilo è stato esaminato dalla sentenza delle Sezioni Unite “COGNOME” che, al par. 15.5.2. del Considerato in diritto, dopo avere precisato che alla disciplina dell’art. 31 della direttiva è stata data attuazione con l’art. 44 del d.lgs. n. 108 del 2017, ha indicato come «nell’ordinamento italiano, sulla base della disciplina di cui all’art. 31 Direttiva 2014/41/UE, l’inutilizzabilità dei risultati di intercettazi disposte da autorità di altro Stato ed effettuate nei confronti di persone il cui «indirizzo di comunicazione» è attivato in Italia sussiste solo se l’autorità giudiziaria italiana rileva che le captazioni non sarebbero state consentite «in un caso interno analogo», perché disposte per un reato per il quale la legge nazionale non prevede la possibilità di ricorrere a tale mezzo di ricerca della prova». Presupposto, questo, come già chiarito, non sussistente nel caso in esame. Sotto altro profilo, le eventuali violazioni del procedimento acquisitivo svoltosi in Francia, rispetto alla disciplina processuale ivi vigente, avrebbero dovute essere eccepite dinanzi all’Autorità giudiziaria francese.
Al rigetto dell’impugnazione consegue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024
Consigliere estensore
Presidente
NOME
Etcple Aprile
SEZIONE VI PENALE