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Chat criptate e OEI: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso riguardante reati in materia di armi, affrontando due questioni giuridiche di grande attualità. La prima riguarda l’utilizzabilità delle conversazioni su chat criptate, acquisite da autorità straniere tramite Ordine Europeo di Indagine (OEI). La Corte ha stabilito che tali dati, se già acquisiti e decrittati all’estero, circolano come prove documentali e non come intercettazioni, rendendoli pienamente utilizzabili. La seconda questione concerne il calcolo della pena per un imputato che ha collaborato con la giustizia. La Corte ha annullato con rinvio la sentenza d’appello su questo punto, ribadendo che la speciale attenuante per la “dissociazione attuosa” non può essere neutralizzata nel bilanciamento con le circostanze aggravanti, come la recidiva, ma deve essere applicata successivamente. I ricorsi degli altri imputati, basati principalmente sull’inutilizzabilità delle chat criptate, sono stati rigettati.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Chat criptate e OEI: la Cassazione fa chiarezza su prove digitali e calcolo pena

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali per il diritto processuale penale moderno, in particolare l’utilizzo di prove derivanti da chat criptate acquisite tramite cooperazione giudiziaria europea e i corretti criteri per la determinazione della pena in caso di collaborazione con la giustizia. La pronuncia offre importanti chiarimenti su come il sistema giudiziario italiano si interfacci con le nuove tecnologie e le prove digitali transnazionali.

I fatti del processo

Il caso trae origine da un’indagine complessa basata sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Le accuse mosse a diversi imputati riguardavano la detenzione, il porto e la ricezione di armi da guerra, tra cui una granata, in preparazione di un omicidio che non è stato poi realizzato. L’attività investigativa si è avvalsa in modo significativo dell’analisi di messaggi scambiati su una piattaforma di comunicazione criptata, i cui dati sono stati ottenuti dall’autorità giudiziaria francese tramite un Ordine Europeo di Indagine (OEI).

Sia in primo grado che in appello, gli imputati sono stati condannati, ma hanno proposto ricorso per cassazione sollevando diverse questioni. I motivi principali di ricorso vertevano sull’asserita inutilizzabilità delle chat criptate, ritenute il frutto di attività di intercettazione illegittima, e su presunti errori nel calcolo della pena, specialmente per un imputato che aveva deciso di collaborare.

La decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Suprema Corte ha esaminato i ricorsi, giungendo a conclusioni diverse per le varie posizioni. Per un imputato, la sentenza è stata annullata con rinvio per un nuovo calcolo della pena, mentre i ricorsi degli altri sono stati respinti. Le motivazioni della Corte chiariscono principi fondamentali.

L’Utilizzo delle Chat Criptate Acquisite Tramite OEI

Il punto centrale per la maggior parte degli imputati era la legittimità dell’acquisizione delle conversazioni criptate. La difesa sosteneva che, trattandosi di flussi di comunicazioni, avrebbero dovuto seguire le rigide garanzie previste per le intercettazioni. La Cassazione ha respinto questa tesi, richiamando una recente e fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite (sent. Gjuzi, n. 23755/2024).

La Corte ha specificato che la disciplina da applicare dipende da come l’autorità estera ha ottenuto i dati. Se l’acquisizione è avvenuta in tempo reale (captazione di un flusso), si tratta di intercettazione. Se, invece, come nel caso di specie, l’autorità estera ha prima acquisito e decrittato i messaggi e solo successivamente li ha trasmessi all’Italia tramite OEI, questi dati non costituiscono più un flusso di comunicazioni in atto, ma una prova documentale già formata. In questo scenario, la loro trasmissione rientra nella disciplina della circolazione delle prove tra procedimenti penali (artt. 238 e 270 c.p.p.), che ha requisiti meno stringenti e ne consente l’utilizzo.

Il Calcolo della Pena per il Collaboratore di Giustizia

Un altro ricorrente, collaboratore di giustizia, lamentava un errore nel calcolo della sua pena. La Corte d’appello aveva ritenuto che la speciale circostanza attenuante per la “dissociazione attuosa” (art. 416-bis.1 c.p.) fosse stata correttamente bilanciata in equivalenza con l’aggravante della recidiva, annullandone di fatto gli effetti benefici.

Su questo punto, la Cassazione ha accolto il ricorso, affermando un principio consolidato (già espresso dalle Sezioni Unite nella sent. Contaldo, n. 10713/2010): l’attenuante della dissociazione, per la sua particolare importanza e finalità, si sottrae al giudizio di bilanciamento con le circostanze di segno opposto. La procedura corretta impone al giudice di calcolare prima gli eventuali aumenti per le aggravanti e solo dopo applicare la diminuzione di pena per l’attenuante speciale. La sentenza è stata quindi annullata limitatamente a questo aspetto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello per la rideterminazione della pena.

La Prova di Resistenza e la Reiezione degli Altri Motivi

Per gli imputati che contestavano l’uso delle chat criptate, la Corte ha inoltre applicato il principio della “prova di resistenza”. Ha cioè verificato che, anche eliminando ipoteticamente le conversazioni contestate, la condanna si sarebbe comunque fondata su altri e solidi elementi di prova, come le dichiarazioni convergenti dei collaboratori di giustizia, i tabulati telefonici, i servizi di osservazione e i sequestri effettuati. Questo ha reso la censura sull’utilizzabilità delle chat, in ogni caso, non decisiva per ribaltare il giudizio di colpevolezza. Altri motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili per genericità o perché volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Conclusioni

Questa sentenza consolida l’orientamento della giurisprudenza sull’acquisizione di prove digitali dall’estero, fornendo un quadro di riferimento chiaro per l’utilizzo di dati provenienti da sistemi di messaggistica criptata. La distinzione tra captazione di flussi e acquisizione di dati già conservati è determinante per stabilire le garanzie procedurali da applicare. Inoltre, la pronuncia riafferma con forza il valore della collaborazione con la giustizia, garantendo che i benefici premiali previsti dalla legge non vengano vanificati dal bilanciamento con circostanze aggravanti, in ossequio alla funzione di contrasto alla criminalità organizzata che tale istituto persegue.

I messaggi di una chat criptate, ottenuti da un’autorità estera tramite OEI, sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì, sono utilizzabili. La Corte di Cassazione, richiamando una decisione delle Sezioni Unite, ha chiarito che se i dati sono stati già acquisiti e decrittati dall’autorità straniera, la loro trasmissione all’Italia tramite OEI non è considerata un’intercettazione, ma la circolazione di una prova documentale, e quindi è legittima.

L’attenuante speciale per la dissociazione da un’associazione criminale può essere annullata da altre circostanze aggravanti come la recidiva?
No. La Corte ha ribadito che l’attenuante speciale per la cosiddetta “dissociazione attuosa” si sottrae al giudizio di bilanciamento con le circostanze aggravanti. Pertanto, la riduzione di pena che ne deriva deve essere applicata dopo aver calcolato gli aumenti per le eventuali aggravanti, senza che queste possano neutralizzarla.

Cosa significa “prova di resistenza” e come è stata applicata in questo caso?
La “prova di resistenza” è un criterio logico con cui la Corte valuta se una condanna rimarrebbe valida anche se venisse eliminata una prova contestata. In questo caso, la Cassazione ha ritenuto che, anche escludendo le chat criptate, la colpevolezza degli imputati era supportata da altre prove sufficienti (dichiarazioni di collaboratori, tabulati, osservazioni), rendendo la questione sull’utilizzabilità delle chat non decisiva ai fini della condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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