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Cessione di stupefacenti: Cassazione e irrilevanza

Un individuo detenuto in carcere è stato condannato per la cessione di stupefacenti (hashish) a un altro detenuto. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che anche una quantità minima di droga è penalmente rilevante se ne viene provato l’effetto drogante. La Corte ha inoltre ribadito che non è possibile introdurre nuovi argomenti di contestazione per la prima volta nel giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cessione di Stupefacenti in Carcere: Irrilevante la Quantità se l’Effetto è Provato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19755 del 2024, torna a pronunciarsi sul tema della cessione di stupefacenti, offrendo importanti chiarimenti sulla rilevanza penale anche di quantità minime e sui limiti dei motivi di ricorso. Il caso riguarda un detenuto condannato per aver passato una dose minima di hashish a un altro recluso, una vicenda che solleva questioni sulla logicità della ricostruzione dei fatti e sulla soglia di punibilità.

I Fatti del Processo

Un detenuto, durante l’orario di servizio come spazzino all’interno del penitenziario, veniva condannato per aver ceduto una piccola quantità di hashish (0,018 grammi) a un altro detenuto. La dinamica, ricostruita grazie alla testimonianza di un agente di polizia penitenziaria, vedeva l’imputato chiamare insistentemente un altro recluso, addetto alle pulizie, per consegnargli un sacchetto di cellophane. Quest’ultimo, a sua volta, passava immediatamente l’involucro a un terzo soggetto che si stava dirigendo verso la sala colloqui.

La difesa dell’imputato proponeva ricorso in Cassazione basato su tre motivi principali:
1. Illogicità della motivazione: la ricostruzione dei fatti sarebbe stata illogica e basata su un pregiudizio legato ai precedenti penali dell’imputato. La difesa sosteneva che l’intenzione fosse solo quella di disfarsi della sostanza, trovata per caso, per evitare sanzioni disciplinari.
2. Mancata assoluzione per minima quantità: la quantità di sostanza era talmente esigua da non superare i limiti previsti da un decreto ministeriale del 2006, risultando priva di un reale effetto drogante e, quindi, di rilevanza penale.
3. Mancato riconoscimento di un’attenuante: si contestava la negazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p.

La Valutazione della Cassazione sulla Cessione di Stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Gli Ermellini hanno analizzato punto per punto i motivi di doglianza, confermando la solidità della sentenza impugnata.

La Ricostruzione Logica dei Fatti

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte ha ritenuto la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito del tutto logica e coerente. La versione alternativa dell’imputato (volersi solo liberare della sostanza) è stata smontata con un argomento semplice ma efficace: se quella fosse stata la reale intenzione, avrebbe potuto semplicemente gettare l’involucro nel water o nella spazzatura, invece di orchestrare una complessa mediazione con un altro detenuto che lavorava all’esterno del suo settore. Inoltre, la Corte ha sottolineato un dato cruciale: l’imputato e il destinatario finale si trovavano in aree diverse del carcere, rendendo necessario l’intervento di un intermediario per completare la cessione.

La Rilevanza Penale della Minima Quantità e i Motivi Nuovi

Sul secondo punto, la Corte ha evidenziato una criticità procedurale insuperabile. La questione relativa alla violazione del decreto ministeriale del 2006 non era stata sollevata come specifico motivo nel giudizio di appello. Introdurre questo argomento per la prima volta in Cassazione lo rende un motivo nuovo e, come tale, inammissibile. Ad ogni modo, la Corte d’appello aveva già superato la questione della quantità, rilevando che una consulenza tecnica aveva accertato la presenza di un ‘effetto drogante’, elemento sufficiente a integrare la fattispecie di reato, a prescindere dall’esiguità della dose.

Le Motivazioni e le Conclusioni della Corte

le motivazioni della Suprema Corte si fondano su principi consolidati sia di diritto sostanziale che processuale. In primo luogo, la valutazione dei fatti e la credibilità delle diverse versioni rientrano nella competenza esclusiva dei giudici di merito, e la Cassazione può intervenire solo in caso di vizi logici macroscopici, qui non riscontrati. La ricostruzione della Corte d’appello è stata giudicata aderente agli elementi probatori e capace di superare le argomentazioni difensive.

In secondo luogo, viene ribadito un principio cardine del processo penale: il divieto di introdurre ‘motivi nuovi’ nel giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti o proporre nuove strategie difensive, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti.

Infine, per quanto riguarda l’attenuante, la Corte ha sottolineato come la difesa non avesse nemmeno allegato un fine di lucro, presupposto essenziale per poter discutere dell’applicazione di tale circostanza. La gratuità della cessione, in questo contesto, non poteva essere valutata ai fini di una diminuzione di pena.

le conclusioni della sentenza sono chiare: la cessione di stupefacenti è un reato che si configura anche con quantità minime, a condizione che sia provato l’effetto drogante della sostanza. Inoltre, la strategia processuale deve essere definita fin dai primi gradi di giudizio, poiché non è consentito presentare doglianze inedite dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

Perché la versione dei fatti fornita dall’imputato non è stata ritenuta credibile?
La sua versione è stata giudicata illogica perché, se avesse voluto semplicemente disfarsi della sostanza per evitare sanzioni, avrebbe potuto usare metodi più semplici e diretti, come gettarla nel water, invece di chiamare insistentemente un altro detenuto per consegnargliela.

La cessione di una quantità minima di droga è sempre reato?
Sì, secondo questa sentenza, la cessione è reato anche per quantità minime, a condizione che una consulenza tecnica accerti la presenza di un ‘effetto drogante’. La quantità esigua, di per sé, non esclude la rilevanza penale del fatto.

È possibile contestare un aspetto della sentenza per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è possibile. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla violazione di un decreto ministeriale perché non era stato specificamente sollevato nel precedente giudizio di appello. I motivi di ricorso in Cassazione non possono essere ‘nuovi’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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