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Cessione di stupefacenti a minori: l’aggravante

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna, limitatamente all’applicazione dell’aggravante per la cessione di stupefacenti a minori. La Suprema Corte ha stabilito che la conoscenza della minore età dell’acquirente non può essere presunta, ma deve essere provata dal Pubblico Ministero. Il semplice rapporto di conoscenza tra spacciatore e acquirente non è sufficiente a dimostrare che il primo fosse consapevole dell’età del secondo. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cessione di Stupefacenti a Minori: Quando Scatta l’Aggravante? La Cassazione Chiarisce

La cessione di stupefacenti a minori è una delle fattispecie più gravi previste dalla legge sulle droghe, punita con una specifica circostanza aggravante. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 23444/2025) ha ribadito un principio fondamentale: la conoscenza della minore età dell’acquirente da parte dello spacciatore non si presume, ma deve essere rigorosamente provata. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Condanna e un Ricorso

Il caso nasce da una condanna emessa dal Tribunale di Trani e confermata dalla Corte di Appello di Bari. Un individuo era stato riconosciuto colpevole del reato di spaccio di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La pena era stata aumentata a causa dell’applicazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 80 dello stesso decreto, poiché la cessione era avvenuta nei confronti di un ragazzo minorenne.

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, contestando unicamente questo punto: l’applicazione dell’aggravante. Secondo la difesa, non era stato dimostrato che egli fosse a conoscenza della minore età del giovane acquirente.

La Prova dell’Aggravante nella Cessione di Stupefacenti a Minori

Il cuore della questione giuridica risiede nell’onere della prova relativo all’elemento psicologico dell’aggravante. Per poter aumentare la pena, non basta che l’acquirente sia oggettivamente un minore. È necessario dimostrare che il venditore:
1. Sapeva che l’acquirente era minorenne (dolo diretto).
2. Ignorava l’età per colpa (ad esempio, per non aver prestato la minima attenzione a evidenti tratti adolescenziali).
3. Ha erroneamente ritenuto che fosse maggiorenne, ma questo errore è stato determinato da colpa.

Il ricorso dell’imputato si fondava proprio sulla mancanza di tale prova. La semplice familiarità tra i due soggetti, o il fatto che il minore sapesse a chi rivolgersi per acquistare la droga, non implica automaticamente che lo spacciatore ne conoscesse l’età.

Le Motivazioni: La Conoscenza dell’Età non può Essere Presunta

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante. I giudici supremi hanno chiarito in modo inequivocabile che non esiste alcuna “presunzione di conoscenza” della minore età.

Il giudice di merito, si legge nella sentenza, è tenuto a motivare in modo specifico sull’elemento psicologico che sorregge l’aggravante. Non è sufficiente affermare che i due si conoscessero. La familiarità non implica di per sé la conoscenza di tutti i dati anagrafici di una persona. Spetta all’accusa dimostrare che l’imputato era consapevole dell’età del ragazzo o che avrebbe potuto e dovuto esserlo con l’ordinaria diligenza.

Richiamando un proprio precedente (Sez. 4, n. 1351 del 2020), la Corte ha ribadito che il giudice deve accertare e dimostrare in concreto la sussistenza di questo requisito soggettivo, senza potersi basare su scorciatoie probatorie o presunzioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione ha importanti conseguenze pratiche. Annullando la sentenza con rinvio, la Cassazione ha incaricato un’altra sezione della Corte di Appello di Bari di riesaminare il caso, attenendosi a questo principio di diritto. Il nuovo giudice dovrà valutare se, dalle prove raccolte, emergano elementi concreti per affermare che l’imputato fosse cosciente di vendere droga a un minorenne.

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive e il principio di colpevolezza, secondo cui ogni elemento del reato, comprese le circostanze aggravanti, deve essere coperto dall’elemento psicologico dell’agente. Per i casi futuri di cessione di stupefacenti a minori, le procure dovranno quindi concentrarsi non solo sul fatto storico della cessione, ma anche sulla raccolta di prove idonee a dimostrare la consapevolezza dell’età dell’acquirente da parte dell’imputato.

Per applicare l’aggravante della cessione di droga a un minorenne, è sufficiente che l’imputato conoscesse la persona?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che la conoscenza o la familiarità non implicano di per sé la conoscenza di tutte le qualità della persona, come l’età.

Esiste una presunzione legale che chi cede droga a un minore conosca la sua età?
No, la sentenza chiarisce che non è prevista alcuna presunzione di conoscenza della minore età. Il giudice ha l’obbligo di motivare specificamente sull’elemento psicologico (dolo o colpa) che supporta l’aggravante, dimostrando che l’imputato conosceva l’età o la ignorava per colpa.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante e ha disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio su quel punto, che dovrà basarsi sul principio secondo cui la conoscenza dell’età del minore deve essere provata e non presunta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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