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Cessione di droga: accordo sufficiente per il reato

Un soggetto, accusato di aver acquistato un ingente quantitativo di stupefacenti, ha impugnato la misura di custodia cautelare sostenendo che il reato fosse solo tentato, dato che la merce era stata restituita per scarsa qualità. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: il reato di cessione di droga si considera consumato nel momento in cui le parti raggiungono un accordo sulla quantità e sul prezzo, a prescindere dall’effettiva consegna o dal pagamento. La successiva restituzione non incide sulla già avvenuta consumazione del reato.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cessione di droga: quando il reato è consumato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13837/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di stupefacenti: il momento esatto in cui il reato di cessione di droga può dirsi perfezionato. La decisione chiarisce che il semplice accordo tra le parti è sufficiente a far scattare la consumazione del reato, anche se la merce viene poi restituita. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver acquistato, in concorso con altri, un ingente quantitativo di stupefacenti: 24 chilogrammi di hashish e un chilogrammo di cocaina. Secondo la ricostruzione, la sostanza era stata trasportata da un corriere in Sicilia, ma subito dopo la consegna, gli acquirenti l’avevano restituita a causa della sua scarsa qualità, che ne rendeva impossibile la vendita e il conseguente pagamento ai fornitori. Poco dopo, il carico veniva intercettato e sequestrato dalle forze dell’ordine, che arrestavano il corriere.

I Motivi del Ricorso: Tentativo e Prove Deboli

L’indagato presentava ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. Errata valutazione delle prove: Secondo la difesa, le conversazioni intercettate, prova principale a carico dell’indagato, erano ambigue, non supportate da riscontri oggettivi e interpretate in modo presuntivo. Inoltre, si contestava l’assenza di prove sul suo contributo economico o sulla sua partecipazione attiva all’accordo.
2. Qualificazione del reato come semplice tentativo: Il punto centrale del ricorso era la tesi secondo cui, data la mancata accettazione e l’immediata restituzione della droga, il reato non si era mai consumato. Si sarebbe trattato, al massimo, di un tentativo di acquisto, e non di una cessione di droga perfezionata.
3. Contraddittorietà sulle esigenze cautelari: Si lamentava l’illogicità della motivazione che giustificava la custodia in carcere, evidenziando che un co-indagato era stato rilasciato proprio in virtù della risalenza temporale dei fatti.

La Decisione della Cassazione sulla cessione di droga

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa con motivazioni nette e in linea con il suo orientamento consolidato.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le doglianze del ricorrente.

In primo luogo, ha definito generiche e infondate le critiche all’interpretazione delle intercettazioni. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente aveva ignorato elementi fattuali decisivi, come l’incontro con il corriere e il fatto di aver avuto la materiale disponibilità della sostanza, seppur per un breve periodo. L’interpretazione del contenuto delle conversazioni è compito del giudice di merito e può essere censurata in Cassazione solo in caso di manifesta illogicità o travisamento della prova, circostanze non dimostrate nel caso di specie.

Il punto cruciale della sentenza riguarda la distinzione tra reato tentato e consumato. La Corte ha ribadito un principio cardine: il reato di cessione di sostanze stupefacenti si consuma con il semplice accordo tra le parti sull’oggetto, la quantità e il prezzo. Non sono necessari né la consegna materiale della sostanza né l’effettivo pagamento del corrispettivo. In questo caso, l’accordo era stato raggiunto e la consegna era avvenuta. La successiva restituzione della merce a causa della sua scarsa qualità è stata considerata una condotta postuma, attinente alla fase di esecuzione del contratto illecito, ma ininfluente sulla già avvenuta consumazione del reato. L’impossibilità di pagare, derivante dalla cattiva qualità, rappresenta una violazione degli accordi presi, non un elemento che esclude il perfezionamento del reato.

Infine, riguardo alle esigenze cautelari, la Corte ha ritenuto logico che i giudici avessero considerato anche procedimenti più recenti a carico dell’indagato per valutare la sua attuale pericolosità sociale. Il paragone con la posizione di un co-indagato è stato giudicato irrilevante, data la diversità delle situazioni personali (l’altro soggetto non aveva commesso altri reati dopo i fatti contestati).

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con forza che nel campo della cessione di droga, la volontà criminale manifestata attraverso un accordo è di per sé sufficiente a integrare la fattispecie di reato consumato. La fase esecutiva, che include consegna, controllo qualità e pagamento, non sposta il momento consumativo. Si tratta di una precisazione fondamentale che rafforza gli strumenti di contrasto al narcotraffico, stabilendo che anche un affare fallito a causa della merce scadente costituisce un reato pienamente perfezionato, con tutte le conseguenze legali che ne derivano.

Quando si considera consumato il reato di cessione di droga?
Secondo la Corte, il reato di cessione di stupefacenti si considera consumato nel momento in cui le parti raggiungono un accordo sull’oggetto, sulla qualità e sul prezzo della sostanza, anche se non avvengono la consegna materiale o il pagamento.

La restituzione della droga di scarsa qualità trasforma il reato in un semplice tentativo?
No. La sentenza chiarisce che la restituzione della sostanza è una condotta successiva al perfezionamento del reato, che avviene con l’accordo. Pertanto, non trasforma il reato consumato in un tentativo, ma attiene unicamente alla fase esecutiva dell’accordo illecito.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione delle conversazioni intercettate?
L’interpretazione del contenuto delle intercettazioni è una questione di fatto riservata al giudice di merito. In sede di Cassazione, è possibile contestarla solo se la motivazione risulta manifestamente illogica o irragionevole, oppure se vi è stato un ‘travisamento della prova’, ovvero quando il giudice ha indicato nel provvedimento un contenuto delle intercettazioni diverso da quello reale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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