Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18152 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE
avverso il decreto del 25/09/2024 del TRIBUNALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite-le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catania, Sezione misure di prevenzione, nel procedimento di prevenzione patrimoniale nei confronti di NOME COGNOME con il provvedimento di cui in epigrafe, ha rigettato l’opposizione ex art. 59, comma 6, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, presentata nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE allo stato passivo formato e reso esecutivo dal Giudice delegato in data 22 maggio 2024, a seguito della confisca di prevenzione disposta nell’ambito di detto procedimento, avente ad oggetto, altresì, l’immobile ad uso abitativo sito in Fiumefreddo di Sicilia (CT) intestato a NOME COGNOME moglie del proposto. La suddetta società, cessionaria a titolo oneroso e pro soluto in blocco del portafoglio di crediti pecuniari vantati dal Credito Emiliano s.p.a., nell’ambito del sub-procedimento di verifica dei crediti ex art. 52 del summenzionato decreto, presentava istanza di accertamento del credito derivante dal contratto di mutuo fondiario del 25/07/2007 col quale il Credito Emiliano aveva concesso a NOME COGNOME un mutuo ipotecario per l’importo di euro 135.000, che veniva rigettata dal Giudice delegato, deducendo la mancata produzione del contratto di cessione del credito e l’assenza di deduzione in ordine alle condizioni di cui al suddetto articolo. Avverso tale decreto detta società ha presentato opposizione, rilevando che il contratto di mutuo era stato concesso nel 2007, allorquando la pericolosità sociale di COGNOME non si era ancora manifestata, e per scopi estranei all’attività di impresa del suddetto, essendo la predetta somma peraltro mutuata dalla moglie dello stesso.
Il Tribunale, nel rigettare l’opposizione, ha osservato che, pur essendo stato concesso il mutuo nel 2007, il diritto di credito è stato ceduto dal Credito Emiliano alla CRIO SVP nel 2020, allorquando lo stesso immobile oggetto di mutuo, oltre che lo stesso compendio immobiliare e aziendale facente capo a NOME COGNOME e alla moglie era stato già sottoposto a confisca di prevenzione. Ha, inoltre, rilevato che, prima che si perfezionasse la cessione in blocco dei crediti, COGNOME aveva manifestato la sua pericolosità sociale qualificata quale affiliato al clan COGNOME e soggetto che investiva i proventi del clan in attività lecite, venendo tratto in arresto nel 2017 con l’accusa di partecipazione ad
associazione mafiosa. Ha aggiunto che ciò avrebbe dovuto indurre la società cessionaria ad effettuare prudentemente e diligentemente maggiori indagini, prima di concludere l’operazione negoziale, sul conto della COGNOME, principale socia e intestataria non solo del compendio immobiliare di Guglielmino, ma anche delle più importanti società poste prima sotto sequestro e poi sotto confisca di prevenzione, quindi ritenuta prestanome del marito, il cui reddito risultava del tutto sperequato sia nell’anno dell’acquisto che in quelli immediatamente precedenti e successivi al 2007; indagini, che né la banca cedente né la CRIO RAGIONE_SOCIALE cessionaria risultano avere posto in essere e neppure documentato, non potendo, pertanto, quest’ultima essere ritenuta in stato di buona fede ovvero di incolpevole affidamento. Ha, invero, rilevato che il fatto che l’immobile sia stato acquistato con un contratto di mutuo fondiario elargito dal Credito Emiliano non basta ex se a fondare la buona fede ovvero la non strumentalità dell’acquisto rispetto all’attività illecita, non essendo mai stato provato nel giudizio di confisca (né in sede di opposizione) da dove provenisse il denaro per l’acquisto dell’immobile ovvero con quale denaro fossero state pagate le rate di mutuo.
La RAGIONE_SOCIALE propone, tramite difensore di fiducia, ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione deduce violazione del principio del contraddittorio ex art. 111 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost.
Lamenta che il Tribunale d’ufficio ha sollevato la questione della buona fede della società cessionaria, questione mai eccepita dall’amministrazione giudiziaria o dal Tribunale in sede di provvedimento oggetto di opposizione, su cui la società cessionaria non è stata, quindi, invitata ad interloquire. Osserva che detta società avrebbe potuto, invero, argomentare sulla mancata rilevazione di tale eccezione da parte dell’amministrazione giudiziaria ed in ogni caso difendersi nel merito.
2.2. Col secondo motivo di ricorso la difesa rileva violazione dell’art. 52 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere il Tribunale ritenuto insussistente la buona fede in capo al cessionario del credito.
Osserva, in particolare, che il contratto di mutuo era stato stipulato nel 2007 da NOME COGNOME moglie del proposto, in un periodo lontano da quello in cui risulta sorta la pericolosità sociale di Guglielmino (2012-2017); e che, pertanto, detto contratto era stato stipulato in
buona fede dal creditore originario. Rileva che nel caso in cui il credito sia ceduto in epoca posteriore alla trascrizione del sequestro il creditore cessionario può comunque avvalersi, ai sensi dell’art. 1263 cod. civ., della buona fede del creditore originario.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione viene denunciata violazione dell’art. 52 d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, per avere il Tribunale ritenuto sussistente la strumentalità dell’erogazione del mutuo alla COGNOME rispetto all’attività criminale del coniuge, sebbene il contratto sia stato concluso nel 2007, peraltro quando la suddetta non era ancora coniugata con NOME, mentre la pericolosità sociale di quest’ultimo è stata accertata nel 2012.
Il difensore insiste, alla luce di detti motivi, per l’annullamento del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
Va, invero, premesso che, in tema di impugnazioni di misure di prevenzione patrimoniali, il ricorso per cassazione avverso il decreto che decide sulle opposizioni allo stato passivo e sulle impugnazioni dei crediti ammessi nel procedimento di accertamento dei diritti dei terzi può essere proposto, ex art. 59 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per tutti i motivi di cui all’art. 606 cod. proc. pen., non essendo, in tal caso, applicabili gli artt. 10 e 27 del d.lgs. cit., che limitano i vizi deducibili alla sola violazione di legge (Sez. 6, n. 28350 del 15/07/2020, Intesa Sanpaolo s.p.a., Rv. 279627 – 01).
1.1. COGNOME Il primo motivo di impugnazione è infondato.
In tema di confisca di prevenzione e tutela dei terzi, nel procedimento di ammissione allo stato passivo richiesto dai creditori ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, l’omessa indicazione alle parti di una questione di fatto, oppure mista di fatto e di diritto, rilevata d’ufficio, sulla quale si fondi la decisione, priva le parti stesse del potere di allegazione e di prova sulla questione decisiva e, pertanto, comporta la nullità del provvedimento (c.d. “a sorpresa” o “della terza via”) per violazione del diritto di difesa quante volte la parte che se ne dolga prospetti, in concreto, le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio sulla predetta questione fosse stato tempestivamente attivato (Sez. 6, n. 48472 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285561: fattispecie in cui era stata dichiarata la prescrizione
presuntiva del diritto di credito vantato dall’opponente solo col provvedimento finale del giudice delegato di non ammissione al passivo dei crediti maturati prima che le società, da lui rappresentate, fossero sottoposte a sequestro di prevenzione).
Tali considerazioni si riferiscono al rilievo d’ufficio di una eccezione “in senso stretto”, come tale riservata alla parte ex art. 2938 cod. civ.
Nel caso di specie, invece, a seguito dell’opposizione della società cessionaria, il Tribunale ha valutato d’ufficio, non la sussistenza di un’eccezione in senso stretto, ma la presenza dei presupposti previsti dalla legge per l’ammissione del credito allo stato passivo, cioè ha compiuto il giudizio sollecitato dalla stessa ricorrente.
L’art. 52 del sopra riportato decreto legislativo indica i presupposti per ottenere il riconoscimento del credito, prevedendo, tra l’altro, alla lettera b), nel testo originario (in vigore fino alle modifiche apportate dalla I. n. 161 del 2017) che «il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità». Strumentalità del credito e buona fede del creditore assumono dunque una evidente centralità nel giudizio di verifica della opponibilità alla procedura del credito oggetto di insinuazione; e si tratta di temi di giudizio strettamente interconnessi, perché le connotazioni dell’uno finiscono per refluire sulla valutazione dell’altro.
1.2. Fondati, invece, sono il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente.
Invero, in materia di misure di prevenzione patrimoniali, per escludere l’ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente al sequestro, il tribunale è tenuto a fornire analitica dimostrazione che il credito è strumentale all’attività illecita del soggetto pericoloso o a quelle che ne costituiscono il frutto o il reimpiego, salvo che, una volta dimostrato tale nesso, il creditore non provi di averlo ignorato in buona fede (Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca, Rv. 272232: in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato il provvediemnto di rigetto dell’opposizione allo stato passivo che aveva negato l’iscrizione del credito derivante da un contratto di mutuo ipotecario vantato da un istituto bancario, ritenendone non provata la buona fede per l’omessa acquisizione, in fase istruttoria, della dichiarazione dei redditi del mutuatario e dei garanti, senza alcuna valutazione in ordine al nesso di strumentalità del credito nè, nella
prospettiva della buona fede del creditore, della circostanza che la pericolosità del proposto si era manifestata a notevole distanza di tempo dalla concessione del finanziamento).
Tale principio opera anche nel caso di cessione del credito in blocco.
Questa Corte in composizione qualificata, risolvendo il precedente contrasto giurisprudenziale sulla corretta interpretazione del suddetto art. 52, ha osservato che la cessione di un credito ipotecario, precedentemente insorto, successiva alla trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sé l’ammissibilità della ragione creditoria, né determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest’ultimo dimostrare la propria buona fede (Sez. U, n. 29847 del 31/05/2018, Island, Rv. 272978 – 01: in motivazione, la Corte ha precisato che l’acquisto del credito “in blocco”, ai sensi dell’art. 58, d.lgs. n. 385 del 1993, non è circostanza decisiva ai fini della prova della buona fede, costituendo una semplice modalità di cessione del credito che non esime il cessionario dagli oneri di verifica relativi alla originaria sussistenza dei requisiti di ammissibilità).
Il terzo cessionario è, quindi, titolare degli stessi diritti del creditore cedente, compresa la possibilità di far valere detto credito e di dimostrare la buona fede all’epoca in cui il credito è sorto in capo al creditore originario, nella cui posizione è subentrato, oltre che al momento della cessione. Nel caso in cui la titolarità si fondi su una cessione, pertanto, occorre andare a verificare sia il momento genetico, sia quello derivativo, senza che si possa in alcun modo attribuire valore preclusivo della possibilità di emersione del profilo della buona fede al momento della trascrizione del provvedimento ablatorio, eseguita prima della cessione del credito. Il creditore cessionario è chiamato a provare, ai fini dell’ammissione del credito, non tanto la mancata conoscenza del provvedimento di sequestro o di confisca, quanto la buona fede originaria, oltre alla buona fede propria, sotto il profilo, segnalato dalla giurisprudenza di legittimità, della mancanza di accordi fraudolenti con il proposto.
Nel caso in esame il Tribunale di Catania ha rilevato che il credito è sorto a seguito di contratto di mutuo fondiario del 25 luglio 2007, stipulato tra NOME COGNOME e il Credito Emiliano, che la pericolosità sociale del proposto si è manifestata a partire dal 2012 e che i crediti sono stati ceduti alla società ricorrente nel 2020.
Non ha adeguatamente valutato il profilo preliminare della strumentalità del credito da insinuare rispetto all’attività illecita di COGNOME o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, limitandosi ad osservare che non è stato provato da dove provenisse il denaro per l’acquisto dell’immobile e con quale denaro fosse stata pagata la rata del mutuo.
Non ha considerato a tale riguardo che il mutuo era erogato in un momento in cui non si era manifestata la pericolosità sociale del proposto e che, pertanto, era necessario dapprima verificare la strumentalità del credito.
Invero, la strumentalità di un credito derivante dalla concessione di un mutuo ipotecario al proposto, può presumersi, fino a prova contraria, nei casi di corrispondenza temporale tra l’insorgenza del credito e l’accertata pericolosità sociale, dovendosi ritenere che l’incrementata disponibilità di mezzi finanziari sia senz’altro idonea ad agevolare, pur indirettamente, la realizzazione delle attività illecite (Sez. 5, n. 1869 del 17/11/2021, dep. 2022, Deutsche, Rv. 282734). Tale corrispondenza nel caso in esame non sussisteva, per cui andava verificato il nesso di strumentalità del credito rispetto all’attività illecita del proposto, che costituisce il primo accertamento in ordine logico, rispetto al quale non sembra sufficiente evocare il mancato rispetto degli obblighi di diligenza per incompletezza dell’istruttoria e in particolare le mancate indagini sulla provenienza delle somme necessarie per pagare le rate del mutuo.
Il Tribunale ha, poi, posto al centro del suo giudizio la sola valutazione della condizione soggettiva della società cessionaria al momento della cessione del credito e non anche quella della società cedente, della cui buona fede può valersi la società cessionaria. In particolare, non ha spiegato perché anche la banca cedente nel 2007, alcuni anni prima rispetto al manifestarsi della pericolosità sociale, dovesse ritenersi in mala fede.
Tali GLYPH carenze GLYPH e/o GLYPH contraddizioni GLYPH motivazionali GLYPH impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, rispettoso dei principi di diritto evidenziati, al Tribunale di Catania.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al
Tribunale di Catania.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.