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Cessazione reato permanente: quando finisce il reato?

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un giudice che fissava la fine di un’attività criminosa associativa a una data successiva all’arresto dei suoi membri. La Corte ha stabilito che la determinazione della cessazione reato permanente spetta al giudice dell’esecuzione, che valuta le prove senza che tale valutazione di fatto possa essere riesaminata in sede di legittimità. Il ricorso dell’imputato, che proponeva una diversa interpretazione delle prove, è stato rigettato in quanto mirava a una rivalutazione del merito, non consentita in Cassazione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cessazione Reato Permanente: La Cassazione Definisce i Poteri del Giudice

La determinazione del momento esatto in cui un’attività criminale si conclude è una questione di cruciale importanza nel diritto penale. Quando si parla di cessazione reato permanente, come un’associazione a delinquere, stabilire la data finale della condotta ha implicazioni dirette su prescrizione, pene e altri effetti giuridici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che governano questa delicata fase del processo, chiarendo i ruoli del giudice dell’esecuzione e i limiti del ricorso in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguardava un soggetto condannato per aver fatto parte di un’associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti. Dopo la condanna definitiva, l’imputato si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di delimitare la durata della sua partecipazione al gruppo criminale. Secondo la sua difesa, la condotta si sarebbe dovuta considerare terminata con il suo arresto o, al più, con quello di suo fratello, considerato una figura chiave del gruppo, avvenuto alcuni anni dopo.

La Corte d’Appello, tuttavia, agendo come giudice dell’esecuzione, aveva respinto questa tesi. Basandosi sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia emerse nel processo di merito, la Corte aveva concluso che il gruppo criminale era rimasto attivo come fornitore in una specifica piazza di spaccio fino a tutto il 2007, una data ben successiva agli arresti. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione e sostenendo che l’interpretazione delle prove da parte della Corte territoriale fosse manifestamente illogica.

La Decisione della Cassazione sulla Cessazione del Reato Permanente

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando in pieno la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno sottolineato che l’analisi del ricorrente si traduceva in un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività preclusa al giudice di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Corte si fonda su due pilastri giuridici fondamentali. In primo luogo, viene ribadito il principio secondo cui, in tema di reato permanente contestato in ‘forma aperta’ (cioè senza una data di cessazione precisa indicata nel capo d’imputazione), spetta al giudice dell’esecuzione il compito di accertare tale data. Questo accertamento deve avvenire attraverso un’analisi accurata di tutti gli elementi a disposizione emersi nel processo di cognizione. La Corte d’Appello ha svolto correttamente questo compito, basando la sua ricostruzione su una lettura non illogica delle prove testimoniali.

In secondo luogo, la Cassazione ha evidenziato come le argomentazioni della difesa, pur presentate come un vizio di motivazione, in realtà mirassero a contrapporre una diversa interpretazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia. La difesa sosteneva che, poiché il collaboratore aveva iniziato ad avere rapporti con altri fornitori in un certo periodo, fosse inverosimile che le forniture da parte del gruppo dell’imputato fossero proseguite. Tuttavia, per la Cassazione, questa non è una contraddizione insanabile o un’illogicità manifesta, ma semplicemente un aspetto fattuale la cui valutazione spetta al giudice di merito. Tentare di far valere questa diversa lettura in sede di legittimità equivale a riproporre ‘temi in fatto’, attività non consentita in Cassazione.

Conclusioni

La sentenza riafferma un principio cardine della procedura penale: la netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La determinazione della cessazione reato permanente è una questione di fatto che, una volta definita dal giudice dell’esecuzione con una motivazione logica e coerente con le prove, non può essere rimessa in discussione davanti alla Cassazione. Questa pronuncia consolida il potere-dovere del giudice dell’esecuzione di definire con precisione i contorni temporali della condotta criminale, un passaggio essenziale per garantire la corretta applicazione della legge nella fase esecutiva della pena.

Chi stabilisce la data di fine di un reato permanente se non è indicata nella sentenza di condanna?
Spetta al giudice dell’esecuzione accertare la data di cessazione della condotta, analizzando accuratamente gli elementi probatori emersi nel corso del processo.

È possibile contestare la valutazione delle prove (come le dichiarazioni di un testimone) con un ricorso in Cassazione?
No, il ricorso per cassazione è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e alla logicità della motivazione. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti o di fornire una diversa interpretazione delle prove.

In questo caso, perché la Corte ha ritenuto che il reato fosse proseguito anche dopo l’arresto dei membri principali?
La Corte ha ritenuto che la ricostruzione del giudice dell’esecuzione, basata sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, non fosse illogica. Secondo tali prove, il gruppo criminale aveva continuato a operare come fornitore in una determinata piazza di spaccio fino a tutto il 2007, data successiva agli arresti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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