LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Cellulare in carcere: no attenuanti se condiviso

Un detenuto, condannato per possesso di cellulare in carcere, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo le attenuanti generiche e il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, sostenendo di aver usato il telefono solo per informarsi sulla salute dei familiari durante la pandemia. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, sottolineando che la condivisione del cellulare con altri compagni di cella dimostra una maggiore offensività del reato, escludendo così l’applicabilità di entrambi i benefici richiesti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Cellulare in carcere: la condivisione esclude le attenuanti

L’introduzione illecita e il possesso di un cellulare in carcere costituiscono un reato specifico, ma la valutazione della sua gravità può variare in base alle circostanze. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che la condivisione del dispositivo con altri detenuti è un fattore determinante che aggrava la condotta, precludendo l’accesso a benefici come le attenuanti generiche e la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il caso: un telefono in cella durante la pandemia

Un detenuto, ristretto presso la casa circondariale di Salerno, veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 391-ter del codice penale, per aver posseduto un telefono cellulare all’interno dell’istituto penitenziario. L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali. In primo luogo, sosteneva che il telefono fosse stato utilizzato essenzialmente per informarsi sulle condizioni di salute dei suoi familiari, in un periodo di forte preoccupazione dovuto all’emergenza sanitaria da Covid-19. Per questo motivo, chiedeva il riconoscimento delle attenuanti generiche. In secondo luogo, lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo che la sua condotta, valutata nel complesso, fosse di minima offensività.

La decisione della Cassazione sul cellulare in carcere

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto infondati entrambi i motivi di impugnazione, fornendo chiarimenti cruciali sulla valutazione della gravità di questo tipo di reato.

Le motivazioni

La Corte ha smontato la linea difensiva punto per punto. Riguardo al primo motivo, relativo alle attenuanti generiche, i giudici hanno evidenziato un dato di fatto emerso nel processo: il cellulare in carcere non era ad uso esclusivo dell’imputato, ma veniva utilizzato anche da altri compagni di cella. Questa circostanza, secondo la Corte, dimostra una “obiettiva maggiore offensività del fatto”. La tesi difensiva, secondo cui il telefono serviva solo per i contatti familiari, è stata liquidata come una mera affermazione non provata e, comunque, come una prospettazione alternativa dei fatti, non valutabile in sede di legittimità.

Anche il secondo motivo, sulla particolare tenuità del fatto, è stato respinto. La Corte ha chiarito che la condotta non poteva essere considerata di “lieve offensività” proprio in virtù della messa a disposizione del cellulare ad altri detenuti. Questo elemento è stato ritenuto decisivo. I giudici hanno inoltre precisato un importante principio di diritto: il requisito della non occasionalità della condotta (cioè l’assenza di altri reati simili) rileva solo se il fatto, di per sé, è già considerato tenue. Poiché in questo caso la condotta è stata giudicata non tenue a causa della sua intrinseca gravità (dovuta alla condivisione), la questione di eventuali precedenti penali è diventata irrilevante.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro: la valutazione della gravità del possesso di un cellulare in carcere non può limitarsi alle motivazioni personali del singolo detenuto. La condivisione del dispositivo con altri reclusi amplifica la portata offensiva del reato, poiché aumenta il numero di contatti non autorizzati con l’esterno, minando ulteriormente la sicurezza e l’ordine dell’istituto penitenziario. Di conseguenza, tale comportamento rende molto difficile, se non impossibile, ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche o della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione riafferma la necessità di un’analisi oggettiva della condotta, che in questo caso è stata ritenuta incompatibile con qualsiasi forma di clemenza.

È possibile ottenere le attenuanti generiche per il possesso di un cellulare in carcere se lo si usa solo per motivi familiari?
Non necessariamente. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il cellulare viene condiviso con altri detenuti, ciò dimostra una maggiore offensività del fatto che può portare all’esclusione delle attenuanti, indipendentemente dalle motivazioni personali del possessore.

La condivisione di un cellulare in carcere con altri detenuti è un’aggravante?
Sì, secondo questa sentenza, la messa a disposizione del telefono ad altri compagni di cella è un elemento che dimostra una “obiettiva maggiore offensività del fatto”. Questa circostanza è decisiva per negare benefici come le attenuanti generiche e la particolare tenuità del fatto.

Perché nel caso di specie non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto?
La particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché la condotta non è stata ritenuta di lieve offensività. La Corte ha specificato che la condivisione del cellulare con altri reclusi ha reso il fatto intrinsecamente più grave, impedendo l’applicazione di questa causa di non punibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati