LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

CBD non è un farmaco: Cassazione annulla sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro probatorio a carico di due amministratori di società che commercializzavano prodotti a base di CBD. La Corte ha stabilito che, allo stato attuale della normativa, il cannabidiolo (CBD) non può essere classificato come ‘medicinale’ o ‘sostanza attiva’ ai sensi del d.lgs. 219/2006. La decisione si basa sulla mancata inclusione del CBD nelle tabelle ministeriali dei farmaci, rendendo illegittimo il sequestro disposto per la presunta vendita di farmaci senza autorizzazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

CBD non è un farmaco: La Cassazione Annulla un Sequestro e Fa Chiarezza

Con la sentenza n. 8145 del 2024, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: allo stato attuale della normativa, il CBD non è un farmaco. Questa decisione ha portato all’annullamento di un sequestro probatorio nei confronti di due imprenditori accusati di commercializzare medicinali senza autorizzazione. La pronuncia chiarisce la complessa e dibattuta questione della qualificazione giuridica del cannabidiolo, offrendo un punto di riferimento cruciale per operatori del settore e consumatori.

I Fatti del Caso: Vendita di Prodotti a Base di CBD e l’Intervento della Procura

Il caso ha origine da un’indagine a carico degli amministratori di due società che producevano e vendevano, anche online, prodotti a base di cannabidiolo (CBD). Secondo l’accusa, tale attività integrava il reato previsto dall’art. 147 del D.Lgs. 219/2006, ovvero la commercializzazione di medicinali senza le necessarie autorizzazioni.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pordenone aveva disposto un decreto di sequestro probatorio, sostenendo che il CBD dovesse essere considerato una sostanza farmacologicamente attiva. Il Tribunale, in sede di riesame, aveva confermato il sequestro, basandosi su pareri dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) e dell’Istituto Superiore di Sanità, che riconoscevano al CBD una natura di medicinale. Gli indagati hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica: il CBD è un Farmaco?

Il nucleo della controversia legale ruotava attorno a una domanda precisa: il CBD rientra nella definizione legale di ‘medicinale’ o ‘sostanza attiva’ ai sensi del D.Lgs. 219/2006? Secondo la difesa, la risposta era negativa, poiché il CBD non è inserito nelle tabelle del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/1990), che disciplinano le sostanze soggette a controllo.

Il Tribunale, al contrario, aveva ritenuto che la definizione di medicinale del D.Lgs. 219/2006 fosse autonoma e più ampia, e che potesse includere il CBD sulla base di valutazioni scientifiche, anche se non formalizzate in atti normativi vincolanti. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a risolvere questo conflitto interpretativo.

L’Iter Normativo Controverso sul CBD

La Corte ha evidenziato la grande incertezza normativa che circonda il CBD. Ha ricordato come un decreto del Ministero della Salute del 1° ottobre 2020, che tentava di inserire il CBD nella tabella dei medicinali, sia stato sospeso. Successivamente, un nuovo decreto del 7 agosto 2023 ha tentato la stessa operazione, ma anch’esso è stato sospeso dal TAR Lazio nell’ottobre 2023. Questa serie di interventi normativi, seguiti da sospensive giudiziarie, dimostra che, al momento dei fatti contestati, non esisteva una base legale solida per considerare il CBD un farmaco.

Le Motivazioni della Cassazione: il Principio di Tassatività in Materia Penale

La Suprema Corte ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, annullando il sequestro senza rinvio. Le motivazioni della decisione si fondano su principi cardine del diritto penale.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la qualificazione di una sostanza come medicinale o stupefacente, ai fini dell’applicazione di una norma penale, non può dipendere da pareri tecnici (come quelli di AIFA o ISS) privi di valore di legge. In materia penale vige il principio di tassatività e riserva di legge, secondo cui solo una norma chiara e precisa può definire un reato e i suoi presupposti.

In secondo luogo, la Corte ha affermato che, per le sostanze derivate dalla cannabis come il CBD, la normativa di riferimento è il D.P.R. 309/1990. Poiché il CBD non è inserito in nessuna delle tabelle allegate a tale decreto, non può essere legalmente qualificato come medicinale soggetto a controllo. La sua natura non stupefacente, a differenza del THC, era già stata riconosciuta da precedente giurisprudenza.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza sul Mercato del CBD

La sentenza stabilisce che il CBD non è un farmaco ai fini dell’applicazione della legge penale. Di conseguenza, la sua produzione e vendita non possono essere perseguite come commercializzazione abusiva di medicinali. Questa decisione ha implicazioni pratiche immediate:

1. Legittimità del Mercato: Fornisce una maggiore certezza giuridica agli operatori del settore del CBD, chiarendo che la loro attività, se svolta nel rispetto delle altre normative applicabili (es. sicurezza alimentare, etichettatura), non costituisce reato ai sensi del D.Lgs. 219/2006.
2. Principio di Legalità: Ribadisce la centralità del principio di legalità e tassatività in materia penale. Non si può essere perseguiti per un fatto che non è espressamente previsto come reato da una legge chiara e preesistente.
3. Necessità di un Intervento del Legislatore: La Corte evidenzia l’attuale vuoto normativo e la confusione generata da decreti ministeriali poi sospesi. La sentenza sollecita implicitamente un intervento organico del legislatore per regolamentare in modo chiaro e definitivo lo status e la commercializzazione dei prodotti a base di CBD.

Il CBD può essere legalmente considerato un farmaco in Italia?
No. Secondo la Corte di Cassazione, allo stato attuale della normativa, il CBD non può essere classificato come medicinale o sostanza attiva perché non è inserito nelle apposite tabelle ministeriali (previste dal d.P.R. 309/1990), che ne definiscono lo status legale.

Vendere prodotti a base di CBD costituisce il reato di vendita di farmaci senza autorizzazione?
No. Poiché il CBD non è classificato come farmaco, la sua commercializzazione non può integrare il reato previsto dall’art. 147 del d.lgs. 219/2006, che punisce appunto la produzione e vendita di medicinali in assenza delle necessarie autorizzazioni.

I pareri di enti come l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) sono sufficienti a classificare una sostanza come medicinale ai fini penali?
No. La Corte ha stabilito che i pareri di enti tecnici come l’AIFA o l’Istituto Superiore di Sanità, pur autorevoli, sono atti privi di valore vincolante e non possono integrare i precetti di una norma penale, che richiede una base legale certa e tassativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati