Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a San Giovanni Rotondo il DATA_NASCITA avverso la sentenza resa il 16 novembre 2022 dalla Corte di appello di Bari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere AVV_NOTAIO NOME COGNOME; Sentite le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. Sentito l’AVV_NOTAIO che ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza resa il 18 giugno 2020 dal Tribunale di Foggia che aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME in ordine ai delitti di estorsione e ricettazione.
Si addebita all’imputato di avere ricevuto, nella consapevolezza della sua provenienza furtiva, l’autovettura Audi provento del delitto di furto in danno di COGNOME NOME e di avere costretto quest’ultimo a consegnargli la somma indebita di 3.000 C ,per ottenere la restituzione dell’automobile, così procurandosi un ingiusto profitto.
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo:
2.1 violazione di legge penale e in particolare dell’art. 629 codice penale per assenza del requisito della minaccia e vizio di motivazione per omessa risposta in ordine ad una specifica censura della difesa.
Osserva il ricorrente che la sentenza premette che l’imputato aveva svolto il ruolo di intermediario perché la persona offesa si era rivolta a lui affinchè si attivasse per consentire il recupero dell’auto sottrattagli da ignoti.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’intermediario risponde comunque di concorso nel reato, salvo che il suo intervento abbia avuto la finalità di perseguire esclusivamente l’interesse della vittima. E questi elementi ricorrono nel caso di specie poiché l’imputato si è limitato a portare avanti la trattativa con i detento dell’autovettura rubata al conoscente, all’unico scopo di contenere e limitare il danno da questi subito.
2.2 Violazione dell’articolo 629 cod.pen. per assenza del profitto e dell’art. 521 cod. proc.pen. e vizio di motivazione poiché il delitto di estorsione è un illecito di dupli evento, il danno per la persona offesa e l’ingiusto profitto per l’agente. Il profitto dev realizzarsi per consumare la fattispecie del reato e COGNOME non ha conseguito alcun profitto di tipo economico ed, anzi, ha avvantaggiato la persona offesa ottenendo una riduzione del corrispettivo dovuto per la restituzione della vettura.
La Corte ha modificato la formulazione in forma monosoggettiva dell’imputazione, in forza del quale il profitto deve verificarsi nella sfera patrimoniale o giuridica dell’agent non essendo sufficiente che il profitto si realizzi in capo a terzi ; così facendo è incorsa nella violazione dell’art. 521 cod. proc.pen.poichè l’imputazione non prevede un reato in forma concorsuale.
2.3 Violazione di legge processuale in GLYPH ordine alla ritenuta GLYPH utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa il quale, nel corso dell’udienza, ha riferito che il giorn dopo il ritrovamento dell’autovettura aveva dichiarato il falso ai Carabinieri, sostenendo che il veicolo sottrattogli era stato casualmente ritrovato da suo padre. A questo punto l’esame avrebbe dovuto essere interrotto e avrebbero dovuto essere formulate alla persona offesa gli avvisi di cui all’art. 63 cod. proc.pen. poiché la condotta di COGNOME integra il reato di favoreggiamento personale.
La conseguenza diretta è l’inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni raccolte senza che al dichiarante sia stata data contezza della sua posizione processuale e che tale posizione venga formalizzata in atti.
La Corte di appello tenta di superare questa conclusione, sostenendo che la inutilizzabilità per violazione degli artt. 62 e 63 codice di rito avrebbe effetto soltan sulle dichiarazioni autoaccusatorie e non anche su quelle eteroaccusatorie, ma dimentica l’orientamento condivisibile secondo cui dette dichiarazioni sono inutilizzabili erga omnes.
2.4 Violazione dell’articolo 648 cod.pen. e vizio di motivazione in ordine alla detenzione dell’autovettura oggetto di furto e omessa motivazione sul profitto, poiché la sentenza afferma la responsabilità dell’imputato per la ricettazione ritenendo che questi avesse la disponibilità del bene prima che fosse portata a compimento la consumazione del delitto di estorsione, in quanto altrimenti non avrebbe potuto rivelare alla persona
offesa il luogo dove poter recuperare l’autovettura. La Corte di appello in sostanza afferma che avere conoscenza del luogo dove si trova l’autovettura equivale ad averne il possesso ma, secondo la Cassazione la mera conoscenza del luogo in cui è collocata la res non equivale a ricezione o ad acquisto né tantomeno al conseguimento del possesso della cosa.
2.5 Violazione degli articoli 192, 194 cod. proc.pen. e vizio di motivazione in ordine al giudizio di attendibilità della persona offesa e dei testi di parte.
2.6 Violazione dell’articolo 99 cod.pen. in relazione all’annessa motivazione sulla recidiva
e travisamento della prova poiché il giudice ha consentito al pubblico ministero di contestare la recidiva specifica reiterata infraquinquennale all’udienza del 20 Febbraio 2020, sebbene l’istruttoria dibattimentale si fosse chiusa il 27 giugno 2019.
E’ stato affermato che la chiusura del dibattimento cristallizza l’imputazione, che da quel momento non può più essere modificata. Nuove contestazioni possono essere ammesse nei soli limiti in cui scaturiscano dalle prove integrative acquisite nel caso di giudizi abbreviato. Il giudice non ha peraltro motivato in ordine alla sussistenza della recidiva e il collegio di appello ha integrato la motivazione assente, ma non poteva farlo.
2.7 Violazione degli articoli 62 numero 4 e 648 comma 2 cod.pen. e vizio di motivazione in quanto la Corte ha respinto la richiesta di concessione dell’attenuante in parola valorizzando la gravità delle condotte sotto il profilo del danno procurato alla persona offesa e del valore del bene ricettato ma, deduce il ricorrente, la condotta dell’imputato non ha ingenerato sofferenza e paura nella vittima, né ha ottenuto un profitto e non si sa se la macchina fosse stata acquistata nuova o usata e a che prezzo. Sicché a giudizio del ricorrente in assenza di elementi ostativi avrebbe dovuto essere concessa l’attenuante prevista dall’articolo 62 n. 4 cod.pen. in relazione al delitto di estorsion e anche per la ricettazione, poiché il valore della res è modesto.
2.8 Violazione dell’articolo 133 cod.pen. per omessa motivazione sia in ordine alla determinazione della pena base, sia in ordine all’aumento per la continuazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non può trovare accoglimento.
Dalla lettura della sentenza impugnata, e in particolare dalla esposizione dei motivi di appello, si evince che il ricorso ha pedissequamente reiterato molte delle censure già sollevate con l’atto di appello, alle quali la Corte ha fornito ampia ed esaustiva risposta; dette censure sono destinate a non superare il vaglio di ammissibilità poiché non si confrontano con la motivazione resa dalla Corte, mentre il motivo di ricorso deve contenere una valutazione critica delle risposte ricevute; inoltre risultano manifestamente infondate per le medesime ragioni già esposte ampiamente ed esaustivamente dalla Corte di appello che appaiono condivisibili.
1.1 Per ragioni di esposizione sistematica è bene affrontare per prime le censure di natura processuale sollevate con il terzo e il sesto motivo, relative alla utilizzabilità del dichiarazioni della persona offesa e alla contestazione della recidiva.
Assume il ricorrente che le dichiarazioni della persona offesa non possono essere utilizzate poiché nel momento in cui questi dichiarava di avere riferito il falso a Carabinieri, omettendo di raccontare la vicenda oggetto dell’odierno giudizio, il suo esame avrebbe dovuto essere interrotto, per comunicargli le sue prerogative difensive, essendo sorti a suo carico indizi in ordine al delitto di favoreggiamento personale nei confronti del COGNOME.
La Corte di appello ha respinto la eccezione sostenendo che la eventuale inutilizzabilità si riferisce alle dichiarazioni auto accusatorie e non a quelle etero accusatorie e tale motivazione è condivisibile poiché conforme alla più recente giurisprudenza di legittimità secondo cui le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, posto che la garanzia di cui all’art. 63, comma 1, cod. proc. pen. è posta a tutela del solo dichiarante. (Fattispecie di dichiarazioni rese dalle parti offese del reato di usura che si autoaccusavano di aver emesso fatture per operazioni inesistenti) (Sez. 2 – , Sentenza n. 28583 del 18/06/2021 Cc. (dep. 22/07/2021 ) Rv. 281807 – 01)
Ma va prima ancora osservato che non integra alcun illecito penale la condotta della persona offesa che abbia inizialmente taciuto alla polizia giudiziaria la vicenda estorsiva di cui era vittima, con la conseguenza che le dichiarazioni successivamente rese sono pienamente utilizzabili, senza che ricorrano i presupposti per l’applicazione delle formalità previste dagli articoli 63 e 64 cod. proc. pen. e a prescindere dall’eventuale esistenza della scriminante dello stato di necessità. (Sez. 2, Sentenza n. 48261 del 23/09/2016 Ud. (dep. 15/11/2016 ) Rv. 268368 – 01)
Ed infatti a carico del cittadino comune non sussiste alcun obbligo di denunziare un reato di cui sia stato vittima e nel caso in esame la persona offesa non ha voluto denunziare la estorsione patita ad opera del COGNOME, sicchè al momento in cui ha reso denunzia non potevano sorgere a suo carico indizi di favoreggiamento personale.
1.2 Altrettanto corrette le considerazioni della Corte in merito alla legittimità del contestazione della recidiva effettuata dopo la chiusura dell’istruttoria dibattimentale ma prima dell’avvio della discussione, trattandosi di contestazione suppletiva ex art. 517 cod. proc.pen. che non ha leso il diritto di difesa dell’imputato e ha garantito l’instaurazione del contraddittorio, dando alla difesa la possibilità di farne argomento di discussione.
In realtà, la vigente normativa non prevede limiti temporali o preclusioni all’esercizio del potere di modificare l’imputazione in dibattimento, anche perché la contestazione di una circostanza è un fatto conseguente a una attività meramente ricognitiva che, come tale,
non comporta alcuna immutatio dell’esistente e, conseguentemente, non determina alcuna situazione di “minorata difesa” nell’imputato.
Quanto alla motivazione in ordine alla recidiva, la Corte di Appello ha correttamente fatto uso del proprio potere integrativo delle argomentazioni del Tribunale rendendo congrua e adeguata motivazione in merito alla maggiore pericolosità dell’imputato che all’epoca dei fatti vantava numerosi precedenti penali e ha continuato a delinquere anche in epoca successiva ai fatti di causa, a riprova che i fatti oggetto del presente giudizio sono espressione di una crescente capacità a delinquere.
1.3 Corretta risulta la qualificazione giuridica di estorsione attribuita dai giudici di meri alla condotta posta in essere dall’imputato, poiché è certo che la libera volontà della persona offesa è stata coartata in ragione della prospettazione della perdita definitiva dell’autovettura sottrattagli, anche in assenza di esplicite minacce.
Si osserva che, secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, il soggetto che – come il COGNOME – assume la veste di intermediario fra gli estorsori e la vittima, anche se per incarico di quest’ultima non risponde di concorso nel reato solo se agisce nell’esclusivo interesse della stessa vittima e per motivi di solidarietà umana, altrimenti la sua opera contribuisce alla pressione morale ed alla coazione psicologica nei confronti della vittima e quindi conferisce un suo apporto causativo all’evento. Di conseguenza, colui che conduce le trattative rivolte a far ottenere al derubato la restituzione della refurtiva contro il pagamento di una somma, ben può ritenersi responsabile di estorsione, ovvero di concorso in essa, quando agisca nell’interesse degli autori del furto o intervenga nelle trattative per lucrare una somma di denaro.
La difesa ha sottolineato che l’imputato era stato sollecitato dalla persona offesa ad attivarsi per il ritrovamento dell’auto rubata, ma tale circostanza non lo esime da responsabilità in quanto l’istruttoria dibattimentale ha consentito di rilevare che questi aveva agito anche per perseguire un proprio interesse, considerato che non intratteneva con il derubato rapporti di amicizia che potessero giustificare un suo coinvolgimento disinteressato e che il predetto, in presenza di un teste, gli aveva promesso un regalo nell’ipotesi del ritrovamento dell’auto. La Corte ha inoltre sottolineato gli ampi margini di autonomia manifestati dal COGNOME nel corso della trattativa per la restituzione della vettura sottratta che palesano il ruolo centrale da lui assunto nella vicenda.
Al riguardo è opportuno ricordare che l’imputato accettò la condizione posta dalla persona offesa di versare l’importo richiesto soltanto dopo avere ottenuto la restituzione della vettura, senza previamente consultarsi con i presunti possessori del veicolo, e ciò palesa il suo diretto coinvolgimento nella vicenda estorsiva, che travalica il ruolo di mero portavoce e intermediario che lo stesso si attribuisce, e giustifica l’attribuzione di u potere autonomo diretto a perseguire un proprio interesse distinto da quello della persona offesa anche se coincidente.
Non va trascurato che ai fini dell’integrazione del concorso di persone nel reato di estorsione è sufficiente la coscienza e volontà di contribuire, con il proprio comportamento, al raggiungimento dello scopo perseguito da colui che esercita la pretesa illecita; ne consegue che anche l’intermediario risponde del reato di concorso in estorsione, salvo che il suo intervento abbia avuto la sola finalità di perseguire l’interesse della vittima e sia stato dettato da motivi di solidarietà umana. (Sez. 2, Sentenza n. 37896 del 20/07/2017 Cc. (dep. 28/07/2017 ) Rv. 270723 – 01)
Occorre inoltre ribadire che non sussiste violazione del principio di necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando, contestato a taluno un reato commesso “uti singulus”, se ne affermi la responsabilità in concorso con altri. (Sez. 2 – , Sentenza n. 22173 del 24/04/2019 Ud. (dep. 21/05/2019 ) Rv.,276535 – 01)
1.4 Infondata anche la censura in merito alla sussistenza della ricettazione.
La sentenza ha valorizzato la circostanza che l’imputato dopo avere ricevuto la promessa del corrispettivo, rivelò alla persona offesa il luogo in cui avrebbe ritrovato l’autovettura e ne ha desunto la prova della disponibilità della vettura da parte del COGNOME, pienamente coinvolto nella gestione dell’affare.
Giova, comunque, ricordare che la fattispecie criminosa prevista dall’art. 648 cod, pen. è comprensiva di una multiforme serie di attività successive ed autonome, rispetto alla consumazione del delitto presupposto, finalizzate al conseguimento di un profitto (acquisto, ricezione , occultamento o qualunque forma di intervento nel fare acquistare il bene). Ne consegue che integra gli estremi del delitto di ricettazione colui che si intromette nella catena di possibili condotte, successive ad un delitto già consumato, essendo consapevole dell’origine illecita del bene e determinato dal fine di procurare a sè o ad altri un profitto (Sez. 2, Sentenza n. 30062 del 16/06/2003 Ud. (dep. 17/07/2003 ) Rv. 226569 – 01)
La pronunzia richiamata dalla difesa, a sostegno dell’assunto secondo cui l’integrazione del delitto di ricettazione richiede il conseguimento in qualsivoglia modo, del possesso della cosa proveniente da delitto (Sez. 2, Sentenza n. 12763 del 11/03/2011 Ud. (dep. 29/03/2011 ) Rv. 249863 – 01), non si riferisce alla ricettazione per intermediazione.
1.5 Le censure in merito alla attendibilità della persona offesa non possono trovare accoglimento poiché invocano una diversa valutazione del compendio probatorio che è stato oggetto di attenta e puntigliosa verifica da parte dei giudici di merito, i quali hanno hanno reso concorde motivazione immune dai vizi dedotti.
1.6 Manifestamente infondate e generiche risultano le censure formulate in ordine al trattamento sanzionatorio poiché la Corte ha formulato congrua motivazione evidenziando che non ricorrono i presupposti dell’attenuante speciale prevista dall’articolo 648 cod.pen. e di quella prevista dall’articolo 62 numero 4 cod.pen. in ragione della gravità del danno provocato alla persona offesa e del valore significativo dell’autovettura ricettata, sottratta subito dopo il suo acquisto.
Non va peraltro sottaciuto che la pena è stata determinata in misura prossima al minimo edittale e anche l’aumento sanzionatorio per la ricettazione risulta molto contenuto e di certo non sproporzionato alla gravità della condotta.
2.Per queste ragioni si impone il rigetto del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali .
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.