Cauzione Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso è Inammissibile
L’obbligo di versare una cauzione sorveglianza speciale rappresenta un aspetto cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20927/2024) ha fornito importanti chiarimenti sui limiti dell’impugnazione contro tale obbligo, sottolineando la differenza tra questioni di diritto, ammissibili in sede di legittimità, e doglianze di fatto, destinate all’inammissibilità. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati.
Il Contesto del Ricorso: Misure Preventive e Obblighi Finanziari
Il caso nasce dal ricorso di un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con annesso obbligo di versare una cauzione. L’interessato si opponeva a tale pagamento basando le sue argomentazioni su due punti principali:
1. Coesistenza di altre misure: Al momento dell’esecuzione della sorveglianza, il soggetto era già sottoposto a un’altra misura cautelare (l’obbligo di dimora). A suo avviso, questa circostanza avrebbe dovuto differire l’efficacia della sorveglianza speciale e, di conseguenza, l’obbligo di versare la cauzione.
2. Stato di indigenza: Il ricorrente sosteneva di essere in condizioni di assoluta indigenza, tali da non potergli consentire il pagamento della somma. Come prova, adduceva la sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato in un periodo successivo.
La Corte d’Appello di Palermo aveva già respinto queste argomentazioni, ma il caso è approdato dinanzi alla Suprema Corte per una valutazione finale.
La Decisione sulla Cauzione Sorveglianza Speciale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma si ferma a un livello precedente, stabilendo che le ragioni presentate dal ricorrente non avevano i requisiti per essere esaminate in quella sede. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni nette e proceduralmente rigorose. Le censure del ricorrente sono state ritenute “manifestamente infondate” e inammissibili per diversi motivi.
Innanzitutto, i giudici hanno evidenziato che le argomentazioni erano una mera ripetizione di quanto già esposto e rigettato dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva fornito una motivazione logica e priva di vizi giuridici, spiegando che:
* L’obbligo di dimora non era incompatibile con la sorveglianza speciale, pertanto le due misure potevano coesistere senza che una escludesse l’altra.
* La prova dell’indigenza era insufficiente. L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel 2023 non poteva dimostrare retroattivamente l’impossibilità di pagare la cauzione relativa a un fatto commesso nel 2019. Si trattava di periodi temporali troppo distanti.
* Il ricorrente non aveva mai intrapreso le azioni corrette per far valere la sua presunta impossibilità economica, come richiedere una rateizzazione del pagamento o segnalare formalmente la sua condizione al Tribunale della prevenzione, l’organo competente.
La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di valutare la corretta applicazione della legge. Le lamentele del ricorrente erano “doglianze in punto di fatto”, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione deve basarsi su specifiche violazioni di legge e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La decisione insegna che, per contestare efficacemente un obbligo come la cauzione sorveglianza speciale, è indispensabile presentare le proprie ragioni, specialmente quelle economiche, nelle sedi e nei tempi opportuni, con prove concrete e pertinenti al periodo di riferimento. Limitarsi a riproporre argomentazioni fattuali già respinte in appello conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
L’ammissione al patrocinio a spese dello Stato prova automaticamente l’impossibilità di pagare una cauzione imposta in precedenza?
No, la Corte ha stabilito che l’ammissione al patrocinio in un anno (2023) non è una prova sufficiente per dimostrare l’assoluta indigenza in un periodo distante e precedente, come quello della commissione del fatto (2019) a cui la cauzione si riferiva.
La presenza di un’altra misura cautelare, come l’obbligo di dimora, sospende l’obbligo di versare la cauzione per la sorveglianza speciale?
No, la sentenza chiarisce che una misura come l’obbligo di dimora non è ritenuta incompatibile con l’esecuzione della sorveglianza speciale. Pertanto, l’obbligo di versare la cauzione rimane valido e non viene sospeso o differito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile anziché essere rigettato nel merito?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano manifestamente infondate, si risolvevano in doglianze di fatto (non consentite in sede di legittimità) e reiteravano profili già correttamente valutati e respinti dalla Corte d’Appello con motivazioni logiche e giuridicamente corrette.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20927 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20927 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; –
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME di cui al primo e al secondo motivo di ricorso – nei quali il difensore lamenta rispettivamente violazione dell’art. 14, commi 2-bis e 2-ter d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159 e violazione dell’art. 76 del medesimo decreto – sono manifestamente infondate, oltre che non consentite in sede di legittimità, risolvendosi in doglianze in punto di fatto.
Osservato che dette doglianze sono reiterative di profili di censura già vagliati con argomentazioni non manifestamente illogiche e scevre da vizi giuridici dalla Corte di appello di Palermo nel provvedimento impugnato.
In esso si evidenzia che: – nel caso in esame non appare necessaria, ai fini del decidere, l’acquisizione dell’ordinanza di custodia cautelare offert dall’appellante, trattandosi di provvedimento applicativo di misura cautelare che, alla data di notifica del verbale di esecuzione della sorveglianza speciale, er stata certamente revocata, risultando da detto verbale, versato in atti, COGNOME sottoposto a obbligo di dimora e quindi a misura non incompatibile con l’esecuzione della sorveglianza speciale; – quanto al pagamento della cauzione imposta in sede di applicazione della misura di prevenzione personale, non può ritenersi provata l’assoluta indigenza dell’imputato sulla base dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nell’anno 2023, ossia in un periodo distante dalla commissione del fatto (2019); – non risulta, inoltre, che l’imputato abbi richiesto la rateizzazione del versamento della cauzione in parola ovvero segnalato al Tribunale della prevenzione la propria impossibilità ad adempiere.
Rilevato, pertanto, che il ricorso – nel quale si insiste aspecificamente sul fatto che in pendenza della misura cautelare la misura della sorveglianza speciale doveva ritenersi differita e, quindi, COGNOME doveva ritenersi non obbligato al pagamento della cauzione, nonché sull’indigenza quale comprovata dall’ammissione al patrocinio a spese dello Stato – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.