Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 39173 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 39173 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ENNA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a IARA( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/02/2024 del GIP TRIBUNALE di ENNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio con restituzione degli atti al Gip presso il Tribunale di Enna.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari di Enna, decidendo sulla richiesta di applicazionena concordata fra l’imputato NOME COGNOME e il Pubblico Ministero in ordine al reato di cui agli artt. 113 e 589 bis cod. pen. (in cooperazione colposa con NOME COGNOME) in danno di NOME COGNOME, commesso il Regalbuto il 16.8.2021 con evento morte il 24.8.2021, ha dichiarato, ex art. 129 cod. pen., COGNOME non punibile, perché il fatto non costituisce reato.
1.1.11 fatto è stato descritto nella imputazione nel modo seguente. COGNOME, percorrendo con l’autovettura Fiat Ducato, di proprietà di COGNOME, l’autostrada INDIRIZZO in direzione Catania, al knn NUMERO_TELEFONO, aveva perso il controllo del mezzo e causato un sinistro a seguito del quale il passeggero NOME era deceduto.
L’addebito di colpa nei confronti di COGNOME è stato individuato nella violazione dell’art. 78 d.lgs 9 aprile 1992 n. 285 per aver installato sul veicolo Fia Ducato Qumatici con dimensioni e indice di carico non conformi alla carta di circolazione; nei confronti di COGNOME è stato individuato nella negligenza, imprudenza e imperizia, nonché nella violazione dell’art. 141 CdS per aver proceduto alla velocità di 130 knn/h a fronte del limite di 100 km/h presente in loco.
1.2. Il RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto, sulla base degli atti, NOME che difettassero COGNOME nella condotta di COGNOME i requisiti della causalità della colpa NOME e della evitabilità dell’evento.
Avverso la sentenza z ha proposto ricorso il Pubblico Ministerq formulando un unico motivo, con cui ha dedotto il difetto di motivazione, sub specie del travisamento dei fatti e la violazione di legge. Il ricorrente ricorda che il consulent tecnico, AVV_NOTAIO, aveva accertato che il sinistro era stato causato dal cedimento strutturale dello pneumatico posteriore destro e che ciò aveva comportato la perdita di controllo del mezzo e il successivo impatto frontale contro il guard rail, cui era seguito il ribaltamento del mezzo: i pneumatici montati non erano conformi a quanto indicato nella carta di circolazione e il conducente viaggiava alla velocità di 130 km a fronte di un limite in loco di 100 km. I consulente aveva indicato, come principale causa del sinistro, l’utilizzo dei pneumatici posteriori con dimensione ed indici di carico non conformi a quanto indicato nella carta di circolazione, ma aveva anche rilevato che, se l’imputato avesse rispettato i limiti di velocità, avrebbe potuto controllare meglio il veicolo fase di stabilità e, dunque, aveva individuato l’ addebito colposo dell’eccesso di
velocità da parte del ricorrente come concausale rispetto al sinistro. Tali conclusioni erano state ribadite dal consulente della persona offesa.
Il giudice, a fronte di tali rilievi, pur dando atto che, secondo il consulente tecnico, ove COGNOME avesse guidato ad una velocità inferiore al limite, avrebbe avuto maggiori possibilità di controllare il veicolo, aveva ritenuto non accertata l’idoneità del comportamento alternativo lecito (ovvero la condotta di guida nel rispetto dei limiti di velocità) ad evitare l’evento.
Dalla lettura della relazione del consulente tecnico -osserva il Pubblico Ministero ricorrente- emerge come lo stesso avesse dato atto che la violazione delt i articolo 141 del CdS da parte dell’imputato era stata una concausa del sinistro.
Il ricorrente sottolinea i anche- come la decisione impugnata sia affetta da una errata interpretazione della legge in relazione al requisito della causalità della colpa. Il Giudice, infatti, aveva riconosciuto come l’imputato avesse violato la regola cautelare, ma, sulla base delle conclusioni della consulenza tecnica del Pubblico Ministero / e con pretermissione delle conclusioni del consulenza tecnica della parte civileera pervenuto ad un giudizio controfattuale negativo, fondato, in sostanza, su una illegittima e arbitraria interpretazione delle espressioni veicolate dal sapere esperto. Il Giudice, applicando correttamente i principi di diritto, dopo aver accertato la sussistenza della violazione della regola cautelare, avrebbe dovuto, in primo luogo, acclarare che la regola violata mirava a prevenire esattamente l’evento verificatosi e, poi, effettuare un giudizio controfattuale in linea con quanto esposto dal consulente del P.M. e dal consulente del parte civile: in tal modo sarebbe giunto alla conclusione che, ove l’imputato avesse rispettato la velocità prescritta, con elevato grado di probabilità logica, l’evento non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato un evento con minor portata lesiva.
Il Procuratore generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al G.I.P. presso il Tribunale di Enna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Si deve premettere che la sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. emessa dal G.I.P. cui sia stata formulata la richiesta congiunta di applicazione pena è suscettibile di impugnazione al di fuori dei limiti di cui all’art. 448, comnna 2 bis, cod. proc. pen. Tale articolo, che enuncia i motivi di ricorso avverso la sentenza di applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., non trova applicazione nei casi nei quali, il giudice, investito della richiesta di applicazione di pena, abbia, all’esi di una valutazione del merito, pronunciato sentenza di proscioglimento ex art.
NOME
(1-(:?
, t 129 cod. proc. pen.; in tal[ NOME la sentenza, pienamente assimilabile, quanto ai motivi di ricorso, ad una sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio di merito (Sez. 3, n. 36221 del 06/06/2019, Muzzolini, Rv. 277612 – 01), è ricorribile per cassazione per tutti i motivi enunciati dall’art. 606 cod. proc. pen.
2.Tanto premesso, il ricorso è fondato.
Pacifica la ricostruzione della dinamica dell’incidente come riportata supra e, altresì, pacifico il profilo di colpa specifica addebitabile all’imputato, consist nell’aver superato i limiti di velocità presenti in loco, il G.I.P. ha ritenuto difettasse nel caso di specie “la causalità della colpa nella sua declinazione della c.d. evitabilità dell’evento di danno”. Ha osservato il giudice, a tale fine, che sull scorta degli atti del fascicolo non è possibile sostenere la sussistenza della cosiddetta evitabilità del danno ossia non è possibile affermare che il comportamento alternativo lecito (nel caso di specie la guida al di sotto dei limiti dei 100 km/h) avrebbe sicuramente, o con alto grado di probabilità significativa, evitato l’insorgere del danno. Il consulente tecnico del Pubblico Ministero aveva, infatti, individuato la causa principale dell’evento nel cedimento della gomma posteriore destra del Fiat Ducato, mentre, a proposito della condotta tenuta da COGNOME si era limitato ad affermak che, laddove l’imputato avesse guidato con velocità inferiore al limite prescritto in loco, avrebbe avuto maggiori possibilità di controllare il veicolo e quindi di evitare l’impatto, senza peraltro specificare se tal eventualità costituisse una mera possibilità astratta ovvero concreta e significativamente probabile.
Il G.I.P., dunque, ha emesso sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., ritenendo che, sulla base degli atti, la prova raggiunta in ordine alla rilevanza causale dell’addebito colposo dell’imputato fosse insufficiente.
Il tema che viene in rilievo è quello dell’ampiezza dei poteri che il giudice, cui sia rivolta una richiesta di applicazione pena, esercita in sede di accertamento dell’esistenza di una causa di proscloglinnento.
Nel rito speciale ex art. 444 e ss. cod. proc. pen., oggetto della valutazione del giudice è il patto intervenuto tra le parti nel suo contenuto essenziale, sì che l’organo giurisdizionale, di fronte ad un’istanza di applicazione pena, deve limitarsi in senso positivo a verificare l’astratta corrispondenza della fattispecie concreta alla fattispecie legale prospettata dalle parti, la corretta applicazione comparazione delle circostanze, nonché la congruità della pena, mentre in senso negativo egli deve accertare l’inesistenza di cause di nullità, improcedibilità o di estinzione del reato o di elementi che consentono di escludere la sussistenza del fatto. Il controllo circa l’inesistenza di cause di non punibilità è il passaggio logico-valutativo E
preliminare all’esercizio del potere di controllo sulla correttezza della imputazione e sulla congruità della pena proposta.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in più occasioni, hanno chiarito che NOME la sentenza di patteggiamento non implica alcun accertamento della colpevolezza dell’imputato, NOME in quanto il rito speciale è caratterizzato dalla mancanza di attività di accertamento del fatto contestato (in tal senso Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep.2001, Rv.218526 ; Sez. U, 3 del 25/11/1998, dep. 1999,Messina, Rv.212437; Sez. U, n. 6 del 25/03/1998, COGNOME, Rv. 210872; Sez. U, n. 5 del 28/05/1997, Lisuzzo, Rv.207877). Sulla scorta di tali pronunce, anche nella giurisprudenza successiva, si è affermato che la sentenza di applicazione della pena su richiesta, pur dopo la espressa previsione della sua assoggettabilità a revisione, contenuta nell’art. 629 cod. proc. pen.(nel testo modificato dall’art. 3, comma primo, della legge 12 giugno 2003 n. 134), ha conservato una natura peculiare, per cui essa non implica un accertamento della penale responsabilità dell’imputato, con relativo obbligo di motivazione, ma richiede solo la verifica dell’insussistenza delle cause di non punibilità previste dall’art.129 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 28192 del 04/03/2004, Anizi, Rv. 228857). Correlativamente, quanto alla natura eyampiezza dei poteri che il giudice esercita in sede di accertamento dell’esistenza delle cause di proscioglimento, si è affermato che il giudice non deve compiere alcuna verifica sulla responsabilità penale dell’imputato in ordine al reato addebitato, dovendo limitarsi ad esaminare se sia da escludere la prova dell’innocenza. Il rinvio all’art. 129 contenuto nell’art. 444 cod. proc. pen. comporta che, malgrado il patteggiannento intervenuto fra le parti, il giudice debba, emanare una pronuncia di proscioglimento quando emergono elementi positivi della sua innocenza e, dunque, quando riconosce che il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, non costituisce reato, non è preveduto dalla legge come reato, il reato è estinto o manca la condizione di procedibilità. Si è, in tal senso, sostenuto che il giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta di applicazione della pena (Sez. 2, n. 41785 del 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595 – 01). L’indagine del giudice, dunque, non comprende quelle valutazioni dei fatti e delle prove che, nel rito ordinario, rappresentano la necessaria premessa per l’affermazione della responsabilità: l’organo giudicante non deve verificare l’esistenza degli elementi probatori richiesti per la sentenza di condanna, essendo sufficiente che non sussistano i presupposti per l’applicazione del proscioglimento immediato. Ne consegue che il giudice non può pronunciare sentenza di proscioglimento o di assoluzione per mancanza/ insufficienza o contraddittorietà delle prove desumibili Corte di Cassazione – copia non ufficiale
del fascicolo del Pubblico Ministero (Sez. 4, n. 27952 del 07/06/2012 , Rv. 253588 – 01; Sez. 6, n. 15700 del 25/03/2009, COGNOME, Rv. 243071 – 01S; ez. 2, n. 6095 del 09/01/2009, COGNOME, Rv. 24327), a meno che la mancanza di prova sia irreversibile, ossia si versi in una situazione probatoria che non possa essere sviluppata nel dibattimento (Sez. 3, 28971 del 07/06/2012, COGNOME, Rv. 253148).
L’assoluzione dell’imputato per essere il compendio probatorio insufficiente e contraddittorio è riservata, invero, a quei segmenti processuali dove è previsto uno spazio per il contraddittorio e non al patteggiamento, rispetto al quale le parti consensualmente rinunciano al diritto della prova. (Sez. 2, n. 47444 del 17/10/2014, COGNOME, Rv. 260957;
Sez. 2, n. 1390 del 12/12/2014, dep.2015, Molina, Rv. 261857)
Il G.I.P., nel caso di specie, non si è attenuto ai principi su indicati, in quanto, nella sostanza, ha emesso una sentenza di declaratoria di non punibilità per insufficienza della prova, rilevando una situazione di incertezza, peraltro non irreversibile. Le conclusioni del consulente del P.M., fatte proprie dal Giudice, proprio in quanto formulate in termini dubitativi, non deponevano per la prova positiva della assenza di responsabilità dell’imputato, ma, semmai, avrebbero comportato, anche nella sede dibattimentale, la necessità di un approfondimento, eventualmente anche peritale.
Il giudice, dunque, in luogo di “conformare” i suoi poteri valutativi al rito scelto, ha adottato una risposta processuale non coerente con la richiesta di applicazione della pena avanzata dalle parti per definire la posizione di COGNOME.
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al Tribunale di Enna (Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari) per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Enna (Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari) per l’ulteriore corso.