Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26494 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26494 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TIVOLI il 06/10/1961 LE ASSICURAZIONI DI RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 17/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza nei confronti di COGNOME limitatamente al punto concernente la valutazione del beneficio della non menzione della condanna; la dichiarazione di inammissibilità nel resto del ricorso; la dichiarazione di inammissibilità del ricorso del responsabile civile.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Roma, in data 17 ottobre 2024, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2, cod. pen. GLYPH in danno di NOME COGNOME (commesso in Roma il 10 aprile 2015), ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche GLYPH con giudizio di prevalenza GLYPH sulla contestata aggravante e ha rideterminato la pena in mesi 6 di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale; con la stessa sentenza è stata confermata la condanna dell’imputato in solido con i responsabili civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RomaRAGIONE_SOCIALE Mutua Assicuratrice Romana, al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede in favore delle costituite parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME e la condanna dei predetti soggetti al pagamento di una provvisionale di euro 15.000 in favore della parte civile NOME COGNOME.
Il processo ha ad oggetto un incidente stradale ricostruito nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente.
La sera del 10 aprile 2015, verso le ore 23.00, COGNOME, GLYPH alla guida dell’autobus della linea 88, provenendo da INDIRIZZO, rallentando, aveva impegnato la rotatoria di INDIRIZZO suddivisa in due carreggiate: quella di destra per i veicoli che devono procedere in direzione di INDIRIZZO, quella di sinistra per coloro che devono svoltare a sinistra in direzione INDIRIZZO o comunque ritornare su INDIRIZZO in senso opposto a quello originario di provenienza; senza premurarsi di controllare se sulla sua sinistra vi fossero veicoli in transito e senza segnalare il cambio di direzione, si era immesso nella carreggiata di sinistra, in tal modo ostruendo la viabilità al ciclomotore Aprilia Scarabeo condotto da NOME COGNOME; questi, accortosi della improvvisa ostruzione della carreggiata, aveva effettuato manovre atte ad impedire l’impatto con l’autobus, ma aveva perso l’equilibrio ed era caduto a terra: con il capo era finito sotto la ruota posteriore sinistra dell’autobus ed era così deceduto sul colpo.
Quali addebiti di colpa, nei confronti dell’imputato, sono stati individuati l negligenza, l’imprudenza, l’imperizia e la violazione degli artt. 140, 141, 143, comma 7, e 154, comma 1, d.lgs 30 aprile 1992 n. 285.
Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso, a mezzo del difensore, l’imputato e il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE
2.1. Il ricorso dell’imputato si è articolato in cinque motivi.
2.1.1. Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello motivato per relationem rispetto alla sentenza di primo grado in ordine alla affermazione della responsabilità dell’imputato. La Corte di appello avrebbe affidato l’impianto giustificativo della conferma della condanna in primo grado alla tecnica della motivazione per relationem e non avrebbe adeguatamente vagliato le specifiche censure formulate dal ricorrente in sede di impugnazione.
2.1.2 Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in particolare degli artt. 42 e ss cod. pen. e dell’art. 154 CdS. Il difensore ricorda che la violazione da parte dell’imputato di una norma per la disciplina della circolazione stradale non può di per sé fare presumere l’esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l’evento di danno. Nei gradi di giudizio si era sostenuto che la morte del conducente del ciclomotore aveva rappresentato la concretizzazione del rischio che la regola cautelare asseritannente violata era intesa a prevenire e si era indicata quale parametro di giudizio controfattuale l una più cauta esecuzione della presunta manovra di cambio di corsia da parte del conducente dell’autobus. In realtà – argomenta il difensore – la condotta di guida di COGNOME, anche se direttamente correlabile all’evento sul piano della causalità fenomenica, non poteva dirsi causale sul piano della c.d. causalità della colpa. Ai fini dell’addebito di responsabilità, non è sufficiente accertare il nesso di causalità materiale tra la condotta e l’evento, ma occorre verificare quale il sia il rischio che la norma cautelare violata mirava a scongiurare, verificando l’efficienza causale della condotta sulla scorta di una valutazione, ex ante, di tutte le circostanze del caso concreto. Applicando al caso in esame i suddetti principi, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere la mancanza di prova, al di là di ogni ragionevole dubbio, della violazione da parte di Viglietta della regola di cui all’art. 154 CdS, atteso che, operata la necessaria verifica sul piano della causalità della colpa, doveva escludersi che l’imputato avesse, con la sua condotta, determinato la condizione di rischio che la regola era volta –COGNOME, in ogni caso, non avrebbe, comunque, avuto lo spazio e il tempo di reazione sufficienti per effettuare qualsiasi manovra elusiva dell’investimento. Ciò in quanto il corpo di COGNOME, all’esito della caduta avvenuta senza preventivo urto con l’autobus, veniva proiettato sotto le ruote gemeilari posteriori sinistre del mezzo pubblico in un tempo inferiore a quello psicotecnico di reazione del conducente imputato. Sotto il profilo della prevedibilità dell’evento, il conducente del bus, al momento del sinistro, aveva già impegnato la rotatoria di INDIRIZZO e era concentrato nella impostazione della imminente manovra di svolta a destra che si stava accingendo ad effettuare. Peraltro, anche laddove avesse scorto il ciclomotore attraverso lo specchietto laterale sinistro, lo avrebbe visto ancora in perfetto assetto di marcia e molti metri più indietro rispetto alla sua posizione, seri Corte di Cassazione – copia non ufficiale
poterne prevedere la caduta, sicché doveva concludersi che la condotta del conducente era stata solo occasione e non anche causa dell’evento.
Anche sotto il profilo soggettivo i profili di colpa rimproverati all’imputa nella effettuazione di una repentina e non segnalata manovra di cambio di corsia, avrebbero dovuto essere esaminati dalla Corte in ragione delle circostanze del caso concreto.
2.1.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge ed in specie L IL dell’art. 589 bis, comma 7, cod. pen. e, comunque, travisamento della prova relativamente alla sussistenza di molteplici violazioni di norme cautelari ravvisate nella condotta della vittima nella perizia dell’ing. COGNOME Il difensore ricord che il perito nominato dal Tribunale aveva concluso nel senso che la perdita di controllo del mezzo da parte della vittima era dipesa dalla errata valutazione degli spazi di manovra indotta dallo stato di alterazione psicofisica in cui versava, dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche e cannabinoidi. Lo stesso perito aveva ravvisato nella condotta di Liberti gli estremi della colpa generica e della colpa specifica e i in particolarg la violazione degli artt. 141, comma 2, e 154 CdS, per avere egli posto in essere una manovra di sorpasso dell’autobus con improvvisa deviazione a sinistra,’, non obiettivamente percepibile dall’imputato.
In sede di esame autoptico la dott.ssa COGNOME aveva rinvenuto nel sangue della vittima la presenza di tetraidrocannabinola in concentrazione di 28 nanogrannmi millilitro, attestante un consumo presumibilmente antecedente di una o due ore rispetto al decesso, nonché la presenza di alcel etilico alla concentrazione di 1.15 gli. La Corte era, dunque, incorsa nel vizio del travisamento della prova in ordine alla valutazione dei conclamati profili di colpa rilevati dal perito.
2.1.4 Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione di legge GLYPH e in specie dell’art. 133 cod. pen. relativamente al computo della pena. La Corte di appello non aveva esplicitato le ragioni della individuazione della pena base, sicché l’imputato non era stato in grado di comprendere le ragioni della sanzione inflitta.
2.1.5. Con il quinto motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna. Il difensore rileva che, nonostante lo specifico motivo di appello formulato in tal senso, la Corte aveva omesso qualsivoglia motivazione, in violazione del principio per cui la sentenza con cui venga concesso uno solo tra i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna deve indicare le ragioni per le quali gli elementi valutati in senso favorevole per la concessione dell’uno non siano meritevoli di fondare la concessione dell’altro.
2.2. Il ricorso del Responsabile ,ivile si è articolato in tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello motivato per relationem rispetto alla sentenza di primo grado in ordine alla affermazione della responsabilità dell’imputato. La Corte di appello avrebbe affidato l’impianto giustificativo della conferma della condanna in primo grado alla tecnica della motivazione per relationem e non avrebbe adeguatamente vagliato le specifiche censure formulate dal ricorrente in sede di impugnazione
2.2.2 Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla mancata considerazione della cooperazione colposa della vittima. Il difensore ricorda che il perito nominato dal Tribunale aveva concluso nel senso che la perdita di controllo del mezzo da parte della vittima era dipesa dalla errata valutazione degli spazi di manovra indotta dallo stato di alterazione psicofisica in cui versava, dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche e cannabinoidi. Lo stesso perito aveva ravvisato nella condotta di Liberti gli estremi della colpa generica e della colpa specifica e in particolare la violazione degli artt. 141, comma 2, e 154 CdS, per avere egli posto in essere una manovra di sorpasso dell’autobus con improvvisa deviazione a sinistra, non obiettivamente percepibile dall’imputato.
In sede di esame autoptico la dott.ssa COGNOME aveva rinvenuto nel sangue della vittima la presenza di tetraidrocannabinolo in concentrazione di 28 nanogramnni millilitro attestante un consumo presumibilmente antecedente di una o due rispetto al decesso, nonché la presenza di alcol etilico alla concentrazione di 1.15 g/l. La Corte era, dunque, incorsa nel vizio del travisamento della prova in ordine alla valutazione dei conclamati profili di colpa rilevati dal perito.
2.2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alle statuizioni civili e al riconoscimento di una provvisionale in favore delle parti civi Dopo che con l’atto di impugnazione Le Assicurazioni di Roma MAR aveva formulato uno specifico motivo con il quale aveva chiesto alla Corte di valutare il contributo della vittima nella causazione dell’evento, la Corte aveva omesso qualsivoglia motivazione, sia in ordine alla congruità della provvisionale riconosciuta, sia in ordine all’eventuale grado di corresponsabilità della vittima idonea ad incidere in senso civilistico sulla percentuale dell’eventuale risarcimento dei danni.
3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto annullarsi la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME COGNOME limitatamente al punto concernente la valutazione del beneficio della non menzione della condanna, con rinvio alla Corte di appello di Roma, altra sezione, per nuovo giudizio; dichiararsi inammissibile il ricorso dell’imputato nel resto; dichiararsi inammissibile il ricorso del responsabile civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso dell’imputato deve essere accolto con riferimento al solo quinto motivo concernente la statuizione relativa alla non menzione della condanna e deve essere rigettato nel resto. Il ricorso del responsabile civile deve essere rigettato.
Il primo motivo di entrambi ricorsi, incentrato sul vizio di motivazione per avere la Corte di appello adottato la tecnica della motivazione per relationem, è manifestamente infondato.
La censura è mossa su un piano meramente formale, in quanto il ricorrente si duole del mancato vaglio da parte della Corte territoriale delle doglianze formulate con l’atto di impugnazione e della adozione della tecnica di redazione della motivazione con un mero richiamo a quella del giudice di primo grado.
In linea generale, la motivazione per relationem di un provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: a) faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, ad un legittimo atto del procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del provvedimento di destinazione; b) fornisca la dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimenti di riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; c) l’atto di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile; quanto meno al momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, d gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o dell’impugnazione (Sez. U., n. 17 del 21/06/2000, Rv. 216664; Sez. 55199 del 29/05/2018, Rv. 274252; Set. 6, n. 53420 del 04/11/2014, Rv. 2 1839).
Per quanto attiene al processo di appello, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, in presenza di un atto di impugnazione che non sia da ritenere inammissibile per carenza di specificità, il giudice di appello non può limitarsi al mero e tralatizio rinvio alla motivazione della sentenza di primo grado, in quanto, anche nel caso in cui l’atto di gravame riproponga questioni già di fatto dedotte e decise in primo grado, egli ha l’obbligo di motivare, onde non incorrere nel vizio di motivazione apparente, in modo puntuale e analitico su ogni punto devoluto (ex plurimis, Sez. 2, n. 18404 del 05/04/2024, COGNOME, Rv. 286406 – 01; Sez. 3, n. 27416 del 01/0 .4/2014, M., Rv. 259666).
Il riferimento, recettizio o di semplice rinvio, alla sentenza di primo grado (o a un altro atto del procedimento, conosciuto o conoscibile dalle parti), è da
considerarsi legittimo solo quando il complessivo apparato argomentativo risulti congruo rispetto all’esigenza di confronto con le deduzioni e allegazioni difensive provviste del necessario grado di specificità.
2.1.Così inquadrato il tema sollecitato dai ricorrenti, nel caso di specie la censura è destituita di qualsiasi fondamento. Invero la Corte, dopo avere esposto la ricostruzione della dinamica dell’incidente sulla base delle risultanze del dibattimento di primo grado (pag. 3) ha elencato i motivi di impugnazione formulati dall’imputato (pag. 4), per poi passare alla loro trattazione nelle pagine seguenti. Il richiamo alla motivazione della sentenza di primo grado, dunque, è stato accompagnato dalla puntuale disamina e confutazione dei motivi di impugnazione.
3.11 secondo motivo del ricorso dell’imputato, incentrato sulla affermazione dellaresponsabilità ed in particolare sulla ritenuta sussistenza del nesso casuale e dell’addebito colposo, è infondato.
La censura sembra articolata sotto due diversi profili, ovvero, da un lato, quello della effettiva violazione da parte del ricorrente della regola cautelare dettata dal codice della strada e, dall’altro, quello della sussistenza della c.d. causalità della colpa.
3.1.11 primo profilo attiene, invero, alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, ovvero ad una questione di mero fatto. Il contenuto essenziale del ricorso in cassazione deve essere il confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con l argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Leonardo e altri Rv. 254584). Sono, perciò, estranei alla natura del sindacato di legittimità l’apprezzamento e la valutazione del significato degli elementi probatori attinenti al merito, che non possono essere apprezzati dalla Corte di Cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Da tale principio discende, quindi, che la ricostruzione di un incidente nella sua dinamica è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione.
Nel caso di specie il ricorrente, nella sostanza contesta l’assunto secondo cui il conducente, nello spostarsi a sinistra, avrebbe dovuto verificare la presenza di altri mezzi e che fosse, ex ante, esigibile da parte sua tale controllo. In tal modo, tuttavia, non si confronta con il passaggio argomentativo della sentenza impugnata con cui la Corte ha ricostruito l’incidente sulla base dei filmati delle telecamere di videosorveglianza di un bar, posizionate sulla destra della rotatoria, che avevano documentato gli attimi precedenti la caduta a terra del ciclomotore e in particolare, la luce proiettata dal faro del ciclomotore che sopravanza la sagoma dell’autobus e la manovra di cambio corsia dell’autobus, dovuta al fatto che la sede stradale era parzialmente occupata da due autovetture in sosta vietata, GLYPH senza preventiva segnalazione mediante indicatore GLYPH luminoso di direzione. Sotto tale ultimo profilo, i giudici hanno rilevato che l’imputato non aveva osservato le regole di condotta che il codice della strada e la normale prudenza gli imponevano, eventualmente anche arrestando la marcia, in caso di impossibilità di darvi attuazione per la presenza di auto in sosta sulla propria corsia di percorrenza. La violazione da parte di Viglietta della regola cautelare, generica e specifica, è stata, dunque, argomentata dalla Corte di appello in modo puntuale e logico, in coerenza con la previsione di cui all’art. 154 CdS, il quale prescrive, nel caso del cambio di corsia non solo di presegnalare l’impegno, ma anche di assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio per altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, della distanza e direzione degli stessi.
3.2. Il secondo profilo attiene all’accertamento del nesso di causa e in particolare della c.d. causalità della colpa. In tema di delitti colposi, per stabil la sussistenza del nesso causale tra la condotta del soggetto attivo e l’evento, occorre verificare la sussistenza non solo della causalità della condotta (ossia la dipendenza dell’evento dalla condotta in cui quest’ultima si ponga quale condicio sine qua non, in assenza di decorsi causali alternativi eccezionali, indipendenti e imprevedibili), ma altresì la sussistenza della causalità della colpa, intesa come introduzione da parte del soggetto agente del fattore di rischio poi concretizzatosi con l’evento, posta in essere attraverso la violazione delle regole di cautela tese a prevenire e a rendere evitabile il prodursi di quel rischio (Sez. 4, n, 17000 del 05/04/2016, COGNOME, Rv. 266645). Non ogni evento verificatosi può essere ricondotto alla condotta colposa del soggetto agente, ma solo quello che sia collegato causalmente alla violazione della specifica regola cautelare (Sez 4. n. 40050 del 29/03/2018, COGNOME, Rv 273870). Il giudice, dunque, non può limitarsi ad accertate il nesso di casualità materiale tra condotta ed evento dato, ma deve anche accertare quale sia il rischio che la norma cautelare violata è intesa a scongiurare, o, in altri termini, se la regola cautelare violata era volta a
scongiurare un evento del tipo di quello verificatosi ed ancora se il rispetto della regola cautelare, ovvero il comportamento alternativo lecito, sarebbe valso ad evitare l’evento con un giudizio di alta probabilità logica (c.d. giudizi controfattuale) secondo il dictum delle Sezioni Unite n. 38343 del 24/04/2014, COGNOME, Rv. 261105 e delle Sezioni Unite n. 30328 del 10/07/2002, COGNOME, Rv. 222138.
Nel caso in esame la Corte di Appello ha adeguatamente spiegato che l’evento, ovvero la perdita di controllo da parte del conducente del ciclomotore del mezzo e il conseguente decesso, nel caso in esame rappresentava proprio la concretizzazione del rischio che la norma cautelare violata era volta a evitare. Le regole del codice della strada e ancora prima le ordinarie norme di prudenza e perizia imponevano al conducente dell’autobus non solo di presegnalare l’impegno dell’altra corsia, ma anche di assicurarsi dell’assenza e della non sopravvenienza su tale corsia di altri mezzi. Individuata la regola cautelare violata, i giudici hann rilevato sussistere una correlazione tra tale violazione e il verificarsi del sinistr nel senso che la regola violata era volta a neutralizzare il rischio dell’evento effettivamente verificatosi e che il rispetto della regola avrebbe evitato o ridotto le conseguenze del sinistro.
4.11 terzo motivo del ricorso dell’imputato e il secondo motivo del ricorso del responsabile civile, incentrati sulla mancata configurazione del concorso di colpa della vittima, sono infondati.
4.1.La circostanza attenuante in esame è stata prevista nella nuova formulazione del reato di omicidio stradale introdotto con la legge 23 Marzo 2016 n. 41. L’art. 589 bis cod. pen. punisce chiunque cagiona la morte di un uomo per colpa con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale con la reclusione da due a sette anni. Il comma settimo dello stesso articolo prevede che qualora l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione o dell’omissione del colpevole, la pena sia diminuita fino alla metà. All’epoca di commissione del fatto, 10 aprile 2015, il fatto per cui si procedere era previsto dall’art. 589 cod. pen, a norma del quale l’omicidio colposo era punito nell’ipotesi base con la pena della reclusione da sei mesi a cinque anni e nell’ipotesi aggravata dalla violazione della norme sulla disciplina della circolazione stradale con la pena della reclusione da due a sette anni; non era contemplata in detta norma una circostanza attenuante del tipo di quella che sarà poi introdotta dal legislatore nel 2016. E’ noto che in materia di successione di leggi penali, una volta individuata la disposizione complessivamente più favorevole con riferimento al caso concreto, il giudice deve applicarla nella sua interezza, essendo fatto divieto, in ossequio al principio di legalità, di combinare frammenti normativi dell’una e dell’altra, così da delineare !”:.
una terza disciplina (da ultimo, ex plurimis, Sez. 4 n. 13207 del 27/01/2022, COGNOME, Rv. 282936, proprio con riferimento a fattispecie di omicidio stradale).
Nel caso in esame l’applicazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n.41/2016, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche (così come operato dalla Corte di Appello) e della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis comma 7 cod. pen., entrambe nella massima estensione, avrebbe portato, muovendo dalla pena base nel minimo edittale, ad una pena finale di 8 mesi (secondo il seguente calcolo: pena base anni 2 di reclusione, diminuita ex art. 589 bis, comma 7, cod. pen. alla pena di anni 1 di reclusione, ulteriormente diminuita ex art. 62 bis cod. pen. fino ad arrivare alla pena sopra indicata), più alta di quella irrogata dalla Corte di Appello.
4.2.In ogni caso i giudici di merito si sono soffermati anche sul possibile concorso di colpa della vittima, che in astratto potrebbe rilevare ai fini della gravit complessiva del reato, e lo hanno escluso con un percorso motivazionale coerente e non manifestamente illogico.
A tal fine questa Corte ha già precisato, con orientamento consolidato, che, il giudice di merito che intenda discostarsi dalle conclusioni del perito d’ufficio tenuto ad un più penetrante onere motivazionale, illustrando accuratamente le ragioni della scelta operata, in rapporto alle prospettazioni che ha ritenuto di disattendere, attraverso un percorso logico congruo, che evidenzi la correttezza metodologica del suo approccio al sapere tecnico-scientifico, a partire dalla preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità de informazioni scientifiche disponibili ai fini della spiegazione del fatto (Sez. 5, n 9831 del 15/12/2015, dep. 2016, COGNOME, .Rv. 267566; nello stesso senso Sez. 4, n. 37785 del 11/12/2020, T., Rv. 280165; Sez. 1, n. 46432 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 2719249). Occorre anche ricordare che la Corte di legittimità è tenuta a valutare non l’esattezza di una tesi piuttosto che di un’altra, ma la correttezza metodologica dell’approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, ossia la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità de informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto (Sez. 5, n. 6754 de 07/10/2014, dep.2015, C, Rv. 26272201; Sez. 4, n. 18933 del 27/02/2014, COGNOME, Rv. 26213901).
Ciò premesso, il Tribunale (pagg 10 e 11) ha osservato:
che la vittima, giunta alla confluenza con la rotatoria si era correttamente spostata verso sinistra, sopravanzando l’autobus e impegnando la corsia interna e aveva correttamente mantenuto tale traiettoria fino al verificarsi dell’evento;
che dalle risultanze processuali non era emerso che l’assunzione di alcol e cannabis avesse influito sulle capacità percettive e reattive della vittima. Da un lato, le immagini del video avevano documentato come il comportamento di guida
del COGNOME, negli istanti precedenti l’evento, non presentasse alcuna anomalia e, dall’altro, nella sequenza successiva non era comunque ravvisabile una possibile condotta alternativa ragionevolmente esigibile, nella condizioni date, da qualsiasi conducente di un veicolo a due ruote.
Analogamente la Corte di appello (pagg 6 e 7) ha chiarito che le modalità della condotta di guida del conducente del ciclomotore, desumibili dalle risultanze processuali, non avevano avuto rilevanza causale nella dinamica del sinistro. La vittima non aveva posto in essere alcuna violazione di regole cautelari e si era trovata, nella sua direzione di marcia, un imprevedibile ostacolo costituito dall’autobus che aveva invaso la sua corsia di pertinenza, senza segnalazione; anche la assunzione di alcól e fumo non aveva avuto alcuna connessione con l’incidente occorsogli.
Può, dunque, dirsi che il tema del concorso di colpa sia stato adeguatamente approfondito e che le ragioni per cui i giudici si sono discostati dalle conclusioni del perito siano state esplicitate in maniera logica e compiuta.
4.11 terzo motivo del ricorso del GLYPH Responsabile civile, incentrato sul riconoscimento della provvisionale, è inammissibile. Basti in proposito ricordare cheì per consolidato orientamento giurisprudenziale,i1 provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. (Sez. 5, n. 5001 del 17/01/2007, COGNOME, Rv. 236068 – 01; Sez. U. n.2246 del 19/12/1990, COGNOME, Rv. 186722).
5. Il quarto motivo del ricorso dell’imputato, incentrato sulla determinazione della pena, è manifestamenI infondato. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. o richiama la gravità del reato o la capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza ha anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi
GLYPH
o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288).
Nel caso in esame la pena base, mesi 9 di reclusione, è stata determinata in misura di poco superiore al minimo edittale ed è stata ridotta per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alla aggravante a mesi 6 di reclusione: tale determinazione è stata congruamente motivata attraverso un richiamo ai canoni di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero alla gravità del fatto e al grado della colpa, alla ridotta capacit criminale dell’imputato e al suo collaborativo comportamento processuale.
Il quinto motivo del ricorso dell’imputato, incentrato sul mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario, è fondato.
In sede di impugnazione della sentenza di primo grado, il ricorrente aveva formulato un motivo con cui aveva lamentato la mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che il beneficio della non menzione della condanna di cui all’art. 175 cod. pen. è fondato sul principio della “emenda” e tende a favorire il processo di recupero morale e sociale del condannato, sicché la sua concessione è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito e non è necessariamente conseguenziale a quella della sospensione condizionale della pena, dovendo, comunque, il giudice deve indicare le ragioni della mancata concessione sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 16366 del 28/03/2019, Rv. 275813 – 01). In tale senso si è affermato che la valutazione del giudice, riguardo alla concedibilità del beneficio in parola, deve intervenire esclusivamente sulla base dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., tenendo conto della ratio di tale istituto diretto a favorire ravvedimento del condannato mediante l’eliminazione di conseguenze del reato suscettibili di compromettere o intralciare la sua possibilità di lavoro (Sez. 3, n. 24362 del 22/02/2023, Rv. 284669 – 01; n. 560 del 1995, Rv. 200029-01). Non è, dunque, intrinsecamente contraddittoria la decisione che conceda il beneficio della sospensione condizionale della pena e non anche quello della non menzione, ma in tale caso il giudice è tenuto a dare conto delle ragioni della relativa determinazione.
Nel caso di specie, come detto, a fronte di specifica doglianza in tale senso, la Corte di merito nulla ha replicato, sicché si versa in un’ipotesi di vera e propria mancanza grafica della motivazione integrante il vizio di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
6. In conclusione, la sentenza deve essere annullata limitatamente alla questione relativa alla concedibilità del beneficio della non menzione con rinvio,
per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Roma. I
ricorsi devono essere rigettati nel resto con condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità
dalla parte civile COGNOME COGNOME che appare congruo liquidare, in conformità della richiesta, in euro duemilacinquecento, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 624 cod. proc. pen. deve essere dichiarata l’irrevocabilità
della declaratoria di responsabilità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione relativa alla concedibilità del beneficio della non menzione e rinvia, per nuovo giudizio sul
punto, ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel
presente grado di legittimità dalla parte civile COGNOME COGNOME che liquida in euro duemilacinquecento, oltre accessori come per legge. Dichiara l’irrevocabilità della declaratoria di responsabilità.
Deciso in Roma il 13 giugno 2025.