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Causa di non punibilità: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La Corte ha ritenuto che i motivi del ricorso fossero mere repliche di censure già respinte, evidenziando il disvalore della condotta e l’intensità del dolo come elementi ostativi alla concessione del beneficio.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale, e sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando inammissibile il ricorso e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. Questo caso evidenzia come la mera riproposizione di argomenti già vagliati non sia sufficiente per ottenere una revisione della sentenza.

I fatti del caso

Un imputato, dopo la condanna in Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione. La sua principale doglianza riguardava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che il reato commesso rientrasse nei parametri previsti dall’art. 131-bis c.p., che consente di escludere la punibilità per fatti di minima offensività.

La decisione sulla causa di non punibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: il ricorso per cassazione non può essere una semplice riproposizione delle stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, a meno che non si evidenzino vizi logici manifesti o errori di diritto nella motivazione dei giudici di merito. In questo caso, la Corte ha ritenuto che il ricorso si limitasse a contestare una valutazione già effettuata in modo corretto e puntuale dalla Corte d’Appello.

Valutazione del disvalore della condotta e del dolo

Un punto cruciale della decisione riguarda i criteri per escludere la causa di non punibilità. I giudici di legittimità hanno confermato che la Corte d’Appello aveva correttamente identificato due elementi ostativi all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.:
1. L’elevato disvalore oggettivo della condotta: Il fatto commesso è stato giudicato intrinsecamente grave.
2. L’intensità del dolo: La volontarietà e la consapevolezza con cui l’imputato ha agito sono state considerate significative.

Questi due fattori, secondo la Corte, giustificavano pienamente il diniego del beneficio, rendendo la motivazione della sentenza impugnata immune da censure.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e dirette. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non presentava nuovi profili di censura, ma si limitava a replicare argomentazioni già adeguatamente vagliate e disattese. I giudici di merito avevano fornito una giustificazione giuridicamente corretta, puntuale e coerente con le risultanze processuali. La loro valutazione sul disvalore della condotta e sull’intensità del dolo è stata ritenuta logica e sufficiente a negare la particolare tenuità del fatto. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Il suo ruolo è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica delle motivazioni, non di riesaminare i fatti. Per ottenere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è necessario che la condotta sia di minima offensività sia sul piano oggettivo (il danno o il pericolo cagionato) sia su quello soggettivo (l’intenzione dell’agente). Se i giudici di merito motivano adeguatamente la gravità di questi aspetti, la decisione difficilmente potrà essere ribaltata in sede di legittimità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza evidenziare vizi logici o errori di diritto nella sentenza impugnata.

Quali elementi hanno impedito l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione della causa di non punibilità è stata esclusa a causa dell’elevato disvalore oggettivo della condotta e della significativa intensità del dolo, elementi che i giudici hanno ritenuto ostativi alla concessione del beneficio.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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