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Causa di non punibilità: quando viene esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha ribadito che per escludere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis c.p., è sufficiente la valutazione negativa di un solo criterio, come la professionalità della condotta o l’esistenza di precedenti penali. Il ricorso è stato respinto anche per altri vizi procedurali.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità per tenuità del fatto: quando è esclusa?

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità nel diritto penale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 7837/2024) fornisce chiarimenti cruciali sui criteri che ne precludono il riconoscimento, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato.

I Fatti del Caso: dal Furto Aggravato al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Firenze. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

In primo luogo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In secondo luogo, contestava la mancata concessione delle attenuanti generiche e la conseguente dosimetria della pena, ritenuta eccessiva.

La Decisione della Cassazione sulla Causa di non punibilità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le censure. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno sottolineato la sua genericità e manifesta infondatezza. La Corte di Appello, infatti, aveva già motivato in modo logico il diniego del beneficio, evidenziando elementi ostativi quali:

* Un certo grado di professionalità nella condotta illecita.
* Il valore non infimo del bene sottratto.
* L’esistenza di precedenti penali a carico dell’imputato.

Il ricorrente, nel suo atto, si era limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza confrontarsi criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Questo vizio procedurale, da solo, è sufficiente a rendere il motivo di ricorso inammissibile.

Inammissibilità degli Altri Motivi di Ricorso

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle attenuanti generiche e alla dosimetria della pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la doglianza sulla mancata concessione delle attenuanti non era stata sollevata nei motivi di appello, e quindi non poteva essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, come previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

Per quanto riguarda la dosimetria della pena, i giudici hanno rilevato che la sentenza impugnata aveva correttamente applicato i minimi di legge, una scelta che, secondo la giurisprudenza costante, non necessita di particolari e approfonditi oneri di motivazione.

Le Motivazioni

Il punto centrale dell’ordinanza risiede nel principio ribadito dalla Corte riguardo ai criteri di applicazione dell’art. 131 bis c.p. I giudici hanno chiarito che i presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità sono cumulativi ai fini della sua concessione, ma alternativi ai fini del suo diniego. In altre parole, per escludere il beneficio, è sufficiente che il giudice accerti la mancanza anche di uno solo dei requisiti richiesti dalla norma. La valutazione negativa anche di un solo elemento (come le modalità della condotta, l’entità del danno o il comportamento abituale del reo) è di per sé sufficiente a precludere l’applicazione dell’istituto, senza che sia necessario esaminare gli altri.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso nell’interpretazione della particolare tenuità del fatto. Sottolinea che non si tratta di un beneficio concesso indiscriminatamente, ma di un istituto la cui applicazione è subordinata a una valutazione complessiva della condotta e della personalità dell’imputato. La presenza di precedenti penali o modalità operative che rivelano una certa professionalità nel crimine costituiscono elementi fortemente ostativi. Per gli operatori del diritto, questa ordinanza rappresenta un monito sull’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e pertinenti, che si confrontino analiticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità del gravame.

Per quale motivo il ricorso sulla causa di non punibilità è stato respinto?
È stato respinto perché ritenuto generico e manifestamente infondato. La Corte di Appello aveva già fornito una motivazione logica per il diniego (professionalità della condotta, valore del bene, precedenti penali), e la Cassazione ha confermato che la valutazione negativa anche di uno solo di questi elementi è sufficiente a escludere il beneficio.

Cosa significa che i criteri dell’art. 131 bis c.p. sono ‘alternativi quanto al diniego’?
Significa che per negare l’applicazione della causa di non punibilità, al giudice basta accertare che manchi anche solo una delle condizioni richieste (ad esempio, che l’offesa non sia tenue o che il comportamento del reo sia abituale). Non è necessario che tutti i criteri siano valutati negativamente.

Perché la Corte non ha esaminato la richiesta di concessione delle attenuanti generiche?
Perché questa specifica doglianza non era stata presentata nei motivi di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale impedisce di introdurre per la prima volta in Cassazione motivi che non siano stati dedotti nel precedente grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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