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Causa di non punibilità: quando il ricorso è generico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso riguardante la causa di non punibilità per reazione ad atto arbitrario di un pubblico ufficiale. Il motivo risiede nella genericità dei motivi di doglianza, privi di elementi oggettivi capaci di dimostrare un errore sul fatto. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reazione ad Atto Arbitrario: Quando la Causa di Non Punibilità Non Si Applica

L’ordinamento giuridico prevede situazioni in cui, pur essendo stato commesso un fatto astrattamente qualificabile come reato, l’autore non viene punito. Una di queste è la causa di non punibilità per reazione a un atto arbitrario del pubblico ufficiale, disciplinata dall’art. 393-bis del codice penale. Tuttavia, per invocarla con successo, non basta una semplice affermazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i requisiti necessari, sottolineando come un ricorso generico porti inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità.

Il Percorso Giudiziario del Caso

La vicenda trae origine dalla decisione della Corte d’Appello di Ancona, che aveva confermato una sentenza di condanna nei confronti di un’imputata. Quest’ultima, ritenendo di aver agito per reazione a un comportamento illegittimo di un pubblico ufficiale, ha proposto ricorso per Cassazione. La sua difesa si fondava principalmente sulla richiesta di applicazione della speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis c.p., sostenendo che i giudici di merito avessero erroneamente valutato le prove e negato la sussistenza di un atto arbitrario.

L’Analisi della Cassazione sulla Causa di Non Punibilità

La Suprema Corte ha esaminato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno evidenziato due principi fondamentali del processo penale.

In primo luogo, la valutazione del materiale probatorio e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e non viziata da errori di diritto. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e adeguata, basata su massime di esperienza condivisibili.

In secondo luogo, e questo è il punto cruciale, le doglianze relative alla mancata applicazione della causa di non punibilità sono state ritenute ‘del tutto generiche’. Per la Cassazione, non è sufficiente lamentare un presunto atto arbitrario; è necessario indicare elementi oggettivi e specifici da cui si possa desumere un errore sul fatto, tale da far apparire l’azione del pubblico ufficiale come un sopruso ingiustificato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso non investiva reali vizi della sentenza, ma mirava a ottenere una nuova e non consentita valutazione delle prove. L’apprezzamento del materiale probatorio, secondo gli Ermellini, era stato compiuto in modo logico e coerente dalla Corte d’Appello, il cui ragionamento risultava allineato con quello del Tribunale di primo grado.

Per quanto riguarda la specifica esimente dell’art. 393-bis c.p., la motivazione è netta: l’assenza di ‘elementi oggettivi da cui desumere un errore sul fatto’ ha reso il ricorso privo di fondamento. In pratica, la difesa non ha fornito alcuna prova concreta che potesse far dubitare della legittimità dell’operato del pubblico ufficiale e giustificare la reazione dell’imputata come una risposta a un atto percepito come arbitrario. La mera affermazione di aver subito un’ingiustizia, senza supporto fattuale, non può trovare accoglimento in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha delle implicazioni pratiche molto importanti. Innanzitutto, conferma che un ricorso in Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità specifici e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. In secondo luogo, chi invoca la causa di non punibilità per reazione ad atto arbitrario ha l’onere di argomentare la propria tesi in modo dettagliato e supportato da elementi concreti, non con mere asserzioni. Un ricorso generico non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano del tutto generiche e miravano a una rivalutazione delle prove, compito che spetta ai giudici di merito e non alla Corte di Cassazione. Inoltre, non sono stati forniti elementi oggettivi a sostegno della tesi dell’atto arbitrario del pubblico ufficiale.

Cosa è necessario per invocare con successo la causa di non punibilità per reazione ad atto arbitrario?
Secondo l’ordinanza, per invocare l’art. 393-bis c.p. è necessario presentare ‘elementi oggettivi da cui desumere un errore sul fatto, tale da fare apparire come atto arbitrario quello posto in essere dal pubblico ufficiale’. Non sono sufficienti doglianze generiche.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in questo caso?
In seguito alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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