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Causa di non punibilità: quando i precedenti la escludono

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19251/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per evasione. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta a causa dei precedenti penali specifici e dell’assenza di una prognosi favorevole, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: perché i precedenti penali contano

La Suprema Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale. Questo istituto, pensato per evitare sanzioni penali per reati di minima gravità, non può essere concesso automaticamente. La decisione evidenzia come la presenza di precedenti penali specifici e una valutazione negativa sulla futura condotta dell’imputato siano elementi decisivi che ne precludono l’applicazione. Analizziamo insieme la vicenda processuale e le ragioni della Corte.

Il caso: Ricorso in Cassazione per Evasione

Una donna, condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma per il reato di evasione (art. 385 c.p.), ha presentato ricorso in Cassazione. L’unico motivo del ricorso si concentrava su due aspetti: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e, in generale, un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe errato nel non riconoscere la lieve entità del reato commesso, che avrebbe potuto giustificare l’esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131-bis c.p. Questo articolo permette infatti al giudice di non procedere penalmente quando l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non è abituale.

L’importanza dei precedenti nella valutazione della causa di non punibilità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza e ripetitività delle argomentazioni già presentate in appello. Gli Ermellini hanno sottolineato che la sentenza impugnata era del tutto priva di vizi di motivazione. I giudici di merito avevano, infatti, correttamente valorizzato la presenza di elementi ostativi che impedivano una mitigazione della pena.

In particolare, due fattori sono risultati determinanti:
1. I precedenti specifici: la ricorrente aveva già riportato condanne per reati della stessa indole. Questo elemento è stato considerato un indicatore di una certa inclinazione a delinquere, incompatibile con la finalità dell’istituto della particolare tenuità del fatto.
2. L’assenza di una prognosi favorevole: i giudici non hanno ravvisato elementi sufficienti per formulare un giudizio positivo sulla futura condotta dell’imputata. La prognosi favorevole è un requisito essenziale per poter beneficiare della non punibilità, poiché indica che l’episodio criminoso è stato isolato e non vi è pericolo di recidiva.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla corretta applicazione dei principi che regolano l’art. 131-bis c.p. La norma richiede una valutazione complessiva che non si limiti alla sola gravità del fatto, ma che consideri anche la personalità dell’autore del reato. La sentenza impugnata aveva compiuto questa valutazione in modo approfondito e logico, evidenziando come i precedenti specifici della ricorrente fossero un chiaro ostacolo all’applicazione della causa di non punibilità. Il ricorso, non presentando argomenti nuovi o capaci di scalfire la logicità della decisione di merito, è stato ritenuto manifestamente infondato.

La Corte ha quindi confermato la condanna, aggiungendo anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso inammissibile.

Le conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione serve come importante promemoria: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un diritto automatico. I giudici sono tenuti a svolgere un’analisi attenta e completa della situazione, che include la storia criminale del soggetto e le sue prospettive di reinserimento sociale. La presenza di precedenti penali, soprattutto se specifici, rappresenta un forte indizio contrario alla concessione del beneficio, segnalando una tendenza a violare la legge che mal si concilia con l’idea di un comportamento meramente occasionale e di minima offensività.

I precedenti penali possono impedire l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, la presenza di precedenti penali, in particolare se specifici (cioè per reati della stessa natura), è considerata un elemento ostativo che può portare il giudice a negare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., come stabilito nel caso di specie.

Cosa valuta il giudice per concedere la non punibilità ex art. 131-bis c.p.?
Il giudice valuta non solo la tenuità dell’offesa, ma anche la condotta dell’imputato. Elementi cruciali sono l’assenza di precedenti penali specifici e la presenza di elementi che possano fondare una prognosi favorevole, ovvero la previsione che l’imputato non commetterà altri reati in futuro.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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