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Causa di non punibilità: quando è esclusa l’evasione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per evasione, escludendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla valutazione della concreta gravità dell’azione, caratterizzata da un tentativo di ingannare la polizia, e sull’abitualità della condotta, essendo state accertate altre evasioni nei giorni precedenti. La Corte ha ritenuto che tali elementi dimostrassero un’accresciuta capacità criminale, incompatibile con il beneficio richiesto.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: la Cassazione chiarisce i limiti per il reato di evasione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Il caso in esame riguardava un ricorso avverso una condanna per evasione, in cui la difesa sosteneva l’applicazione di tale beneficio. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato la richiesta, sottolineando come la gravità concreta della condotta e l’abitualità del comportamento siano ostative al riconoscimento della tenuità.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato nei gradi di merito per il reato di evasione. Durante un controllo, le forze dell’ordine lo avevano sorpreso fuori dalla sua abitazione mentre colloquiava con persone note per avere precedenti penali. Alla vista degli agenti, l’uomo aveva tentato di eludere il controllo rientrando celermente in casa e cambiandosi d’abito, un comportamento interpretato dai giudici come un chiaro tentativo di ingannare gli operanti. Inoltre, era emerso che nei giorni immediatamente precedenti erano state accertate altre identiche condotte di evasione da parte dello stesso soggetto.

I Motivi del Ricorso e la Causa di non Punibilità

La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, si contestava la valutazione della recidiva, ritenuta ingiustificata. In secondo luogo, e punto focale della questione, si lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. Secondo il ricorrente, il fatto contestato era di lieve entità e, pertanto, non meritevole di sanzione penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato integralmente la valutazione della Corte d’Appello, smontando punto per punto le argomentazioni difensive.

La Valutazione sulla Gravità della Condotta

La Corte ha evidenziato che la condotta non poteva essere considerata di lieve entità. Il tentativo di ingannare gli agenti, rientrando in casa e cambiando i vestiti, è stato visto non come un gesto banale, ma come una specifica modalità di realizzazione del reato che dimostrava una “accresciuta capacità criminale”. Questo comportamento, unito al fatto di intrattenersi con soggetti con precedenti, ha delineato un quadro di gravità concreta che va oltre la semplice violazione della misura restrittiva.

L’Abitualità del Comportamento come Ostacolo al Beneficio

Un altro elemento decisivo per escludere la particolare tenuità del fatto è stata l’abitualità. La Corte ha valorizzato le informative della polizia giudiziaria che attestavano altre evasioni commesse dall’imputato nei giorni immediatamente precedenti. Questa ripetizione di condotte illecite è stata considerata un chiaro indice di “abitualità”, una delle condizioni che la legge stessa prevede come ostative all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione rigorosa dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità. I giudici hanno ribadito che la valutazione della tenuità del fatto non deve essere astratta, ma deve tenere conto di tutti gli indicatori previsti dalla norma, tra cui le modalità della condotta e il comportamento successivo al reato. Nel caso specifico, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure proposte erano una mera riproduzione di questioni già adeguatamente analizzate e respinte dalla Corte d’Appello. La condotta del ricorrente, caratterizzata da astuzia (il cambio d’abiti) e da una serialità nel comportamento illecito (le precedenti evasioni), è stata ritenuta sintomatica di una personalità criminale non meritevole del beneficio della non punibilità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è un’esimente applicabile a ogni reato di modesta entità oggettiva. È necessario un esame complessivo della condotta e della personalità dell’autore. Comportamenti che rivelano una particolare scaltrezza o una tendenza a delinquere, come l’abitualità, precludono l’accesso a questo beneficio. La decisione serve da monito, chiarendo che anche un reato come l’evasione, se accompagnato da determinate modalità esecutive e da una ripetitività nel tempo, assume una gravità tale da giustificare pienamente la sanzione penale.

Quando un reato di evasione non può essere considerato di ‘particolare tenuità’?
Secondo questa ordinanza, un reato di evasione non è considerato di particolare tenuità quando la condotta presenta una specifica gravità, come il tentativo di ingannare le forze dell’ordine, o quando l’autore del reato ha tenuto comportamenti simili in un breve arco di tempo, dimostrando un’abitualità nella violazione della legge.

Perché il tentativo di cambiarsi i vestiti è stato considerato un fattore rilevante?
Il tentativo di cambiarsi rapidamente i vestiti è stato interpretato dalla Corte non come un gesto irrilevante, ma come un’azione deliberata volta a ingannare gli agenti di polizia. Questo comportamento è stato valutato come indicativo di una maggiore capacità criminale, rendendo il fatto più grave e incompatibile con il beneficio della non punibilità.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, qui quantificata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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