Causa di non punibilità ex art. 131-bis: i limiti temporali per la richiesta
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto deve essere presentata nei gradi di merito. Sollevarla per la prima volta in sede di legittimità rende il ricorso inammissibile. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Violazione della Sorveglianza Speciale
Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno. In particolare, durante un controllo avvenuto il 25 ottobre 2015, l’imputato non era stato trovato presso la sua abitazione, contravvenendo così agli obblighi imposti dalla misura di prevenzione.
Dopo la condanna, confermata dalla Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la mancata motivazione da parte dei giudici di merito riguardo all’esclusione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale, relativa alla particolare tenuità del fatto.
La Decisione della Cassazione e la causa di non punibilità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un presupposto procedurale netto e invalicabile: la questione relativa all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. non era mai stata sollevata nel corso del giudizio d’appello.
Introdurre questo argomento per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione costituisce la proposizione di una questione nuova, non consentita in sede di legittimità. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha basato la sua decisione su un orientamento giurisprudenziale consolidato. Viene richiamato il principio secondo cui la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione se la norma era già in vigore al momento della sentenza impugnata. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, infatti, vieta di presentare motivi non proposti in appello.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che, in assenza di una specifica richiesta da parte della difesa, il giudice di merito non ha alcun obbligo di pronunciarsi d’ufficio sulla potenziale applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa ha l’onere di sollevare la questione nei tempi e nei modi corretti, ovvero durante i gradi di giudizio in cui si valuta il merito della vicenda (primo grado e appello).
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per la difesa tecnica. È cruciale che tutte le questioni, comprese quelle relative a cause di non punibilità come la particolare tenuità del fatto, vengano tempestivamente sollevate e argomentate nel giudizio d’appello. Attendere il ricorso per Cassazione per introdurre nuovi temi o doglianze si traduce, come in questo caso, in una declaratoria di inammissibilità che preclude ogni esame nel merito.
La strategia difensiva deve essere completa e lungimirante sin dalle prime fasi del processo, anticipando tutte le possibili argomentazioni a favore dell’imputato ed evitando di precludersi preziose opportunità processuali.
È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale questione non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità se non è stata dedotta nel giudizio d’appello, ostandovi il disposto dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Cosa comporta la mancata richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. in appello?
Comporta che il relativo motivo di ricorso per Cassazione venga dichiarato inammissibile, impedendo alla Suprema Corte di esaminare la questione nel merito.
Il giudice di merito è obbligato a valutare d’ufficio la particolare tenuità del fatto?
No. Secondo l’orientamento citato nell’ordinanza, in assenza di una specifica richiesta della parte interessata, sul giudice di merito non grava l’obbligo di pronunciarsi sulla sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6660 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6660 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 03/02/1988
avverso la sentenza del 26/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata; letto il ricorso ricorso; rilevato che:
il ricorrente è stato tratto a giudizio e condannato perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno violava le prescrizioni non essendo presente nella propria abitazione in data 25 ottobre 2015;
con l’unico motivo di ricorso viene contestata l’assenza di motivazione con riguardo alla esclusione della punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.;
ritenuto che:
non risulta la richiesta della causa di non punibilità in sede di appello e ciò rende inammissibile la correlata questione posta, per la prima volta, in questa sede di legittimità;
deve, a tale proposito, essere richiamato il condiviso orientamento secondo cui «in tema di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., se il predetto articolo era già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata, né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità» (fra le molte, Sez. 5, n. 4835 del 27/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282773);
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/1/2025