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Causa di non punibilità: obbligo di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza di condanna per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Il motivo risiede nella mancata motivazione del giudice di merito riguardo la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). Sebbene l’imputata avesse adempiuto alle prescrizioni, la Corte ha specificato che il giudice deve esplicitamente spiegare perché non concede tale beneficio, a meno che il rigetto non sia chiaramente deducibile dal contesto della sentenza, cosa che in questo caso non è avvenuta.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: l’obbligo di motivazione del giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: il giudice ha il dovere di motivare la sua decisione quando rigetta la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. Questo caso, nato da una violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, offre spunti importanti sull’equilibrio tra formalità e sostanza nella prevenzione degli infortuni e sui diritti della difesa nel processo.

Il Fatto: Violazione delle Norme sulla Sicurezza

Il caso ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Bari a un’imprenditrice, ritenuta responsabile per la violazione degli articoli 36 e 37 del D.Lgs. 81/2008. In particolare, le veniva contestato di non aver adempiuto agli obblighi di informazione e formazione nei confronti di una lavoratrice riguardo ai rischi specifici legati alla sua mansione. Per questa violazione, era stata condannata al pagamento di un’ammenda di 1.000,00 euro.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imprenditrice, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due motivi principali:

1. Mancata Estinzione del Reato

Si lamentava il mancato riconoscimento della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 24 del D.Lgs. 758/1994. Secondo la difesa, l’imputata aveva adempiuto a tutte le prescrizioni impartite dall’organo di vigilanza, regolarizzando la posizione della lavoratrice e pagando la somma dovuta a titolo di oblazione, come documentato dai modelli F23.

2. Mancata Applicazione della Causa di Non Punibilità

Il secondo motivo, che si è rivelato decisivo, riguardava la violazione dell’art. 131-bis del codice penale. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse completamente omesso di motivare il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, nonostante la presenza di tutti i presupposti: l’adempimento delle prescrizioni, il pagamento delle sanzioni, la scarsa pericolosità della condotta e l’assenza di precedenti penali a carico dell’imputata.

L’Analisi della Cassazione sulla causa di non punibilità

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso infondato. Ha infatti chiarito che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la responsabilità del datore di lavoro non si esaurisce nel mero adempimento formale degli obblighi. Gli obblighi informativi e formativi sono parte di un dovere di protezione dinamico, che deve tenere conto dell’evoluzione del rapporto di lavoro e garantire concretamente la sicurezza del lavoratore. Pertanto, il semplice adempimento postumo non è sufficiente a invocare automaticamente la causa estintiva.

Al contrario, la Corte ha accolto il secondo motivo. Ha ribadito il principio, già consolidato in giurisprudenza, secondo cui una sentenza che non motiva in alcun modo il rigetto di una richiesta difensiva di applicazione della causa di non punibilità deve essere annullata. Un rigetto può essere considerato implicito solo se dalla motivazione complessiva della sentenza emergono chiaramente elementi incompatibili con il riconoscimento della tenuità del fatto. Nel caso di specie, la sentenza del Tribunale di Bari era totalmente silente sul punto, senza fornire alcun elemento, né esplicito né implicito, per comprendere le ragioni del diniego.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul dovere del giudice di dare conto del proprio percorso logico-giuridico, specialmente quando si pronuncia su una specifica richiesta della difesa. L’applicazione dell’art. 131-bis c.p. richiede una valutazione complessa che tiene conto della modalità della condotta, dell’esiguità del danno o del pericolo e del comportamento dell’autore. Omettere completamente questa valutazione significa ledere il diritto di difesa e violare l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali. La Cassazione ha specificato che, non potendo desumere implicitamente le ragioni del rigetto dall’analisi della sentenza impugnata, l’unica soluzione possibile era l’annullamento della stessa, ma solo limitatamente a quel punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Tribunale di Bari, ma solo per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. Ha quindi rinviato il caso allo stesso Tribunale affinché proceda a un nuovo esame, questa volta motivando adeguatamente la sua decisione sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità. Il resto del ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione sottolinea che, anche in presenza di una violazione accertata, il sistema penale prevede meccanismi per graduare la risposta sanzionatoria, e il giudice non può ignorarli senza una valida e trasparente giustificazione.

Quando un giudice è obbligato a motivare la sua decisione sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Sempre, a meno che dalla motivazione complessiva della sentenza non si possano dedurre implicitamente le ragioni del rigetto. Se la sentenza è completamente silente sul punto, viola l’obbligo di motivazione e può essere annullata.

L’adempimento delle prescrizioni e il pagamento dell’oblazione estinguono sempre i reati in materia di sicurezza sul lavoro?
No. Secondo la sentenza, in materia di prevenzione degli infortuni, la mera ottemperanza a obblighi formali non è sufficiente a estinguere il reato. Gli obblighi del datore di lavoro sono dinamici e finalizzati a impedire concretamente l’evento lesivo, non a soddisfare una mera formalità burocratica.

Cosa succede se la Corte di Cassazione annulla una sentenza per mancata motivazione su un punto specifico?
La Corte annulla la sentenza limitatamente al punto viziato e rinvia il caso a un giudice di merito per un nuovo esame. Quest’ultimo dovrà riesaminare solo l’aspetto per cui è avvenuto l’annullamento (in questo caso, l’applicabilità dell’art. 131-bis) e fornire una motivazione adeguata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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