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Causa di non punibilità: no se manca legame affettivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per falsa testimonianza. La difesa sosteneva l’applicazione della causa di non punibilità per aver agito per salvare un prossimo congiunto, ma i giudici hanno respinto tale tesi. La decisione si fonda sulla stessa dichiarazione dell’imputata, la quale aveva ammesso in sede di testimonianza l’assenza di un legame sentimentale e di convivenza con la persona protetta, facendo così venir meno i presupposti per l’applicazione della scriminante.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: quando non si applica per falsa testimonianza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha chiarito i limiti di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 384 del codice penale in caso di falsa testimonianza. La decisione sottolinea come l’esimente non possa essere invocata se, al momento dei fatti, non sussiste più un legame affettivo o di convivenza tra il testimone e la persona che si intende proteggere. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni dei giudici.

Il caso: la condanna per falsa testimonianza e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di una donna per il reato di falsa testimonianza, previsto dall’art. 372 del codice penale. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dall’imputata tramite ricorso per Cassazione. La difesa si basava su un unico motivo: l’errata esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p. Tale norma prevede che non sia punibile chi commette il reato per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. Secondo la ricorrente, la sua falsa testimonianza era finalizzata a proteggere il suo ex partner.

La decisione della Corte sulla causa di non punibilità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure sollevate manifestamente infondate e generiche. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva escluso in modo logico e puntuale l’applicabilità dell’esimente. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché la causa di non punibilità non era applicabile?

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che hanno portato i giudici a negare l’applicazione dell’art. 384 c.p. La Corte ha evidenziato come la stessa imputata, durante la sua testimonianza, avesse dichiarato di non essere più legata sentimentalmente alla persona che intendeva proteggere. Inoltre, è emerso che i due non erano conviventi all’epoca del fatto.

Questi due elementi sono risultati decisivi. La giurisprudenza, infatti, interpreta la nozione di “prossimo congiunto” in modo rigoroso, richiedendo un legame attuale e concreto, che può essere di natura familiare, affettiva stabile o di convivenza. L’ammissione della stessa imputata ha fatto venir meno il presupposto fondamentale su cui si basa la causa di non punibilità: l’esistenza di un vincolo affettivo talmente forte da giustificare, agli occhi del legislatore, un’azione altrimenti illecita. La motivazione del giudice del gravame è stata quindi ritenuta logica, coerente e puntuale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le cause di non punibilità non sono un’esenzione automatica, ma la loro applicazione è subordinata a una verifica rigorosa dei presupposti di legge. Nel caso specifico dell’art. 384 c.p., il legame tra chi commette il reato e chi viene protetto deve essere effettivo e attuale al momento del fatto. Una relazione sentimentale passata o l’assenza di convivenza sono elementi sufficienti per escludere il beneficio. La decisione serve da monito sulla necessità di valutare attentamente tutte le circostanze di fatto prima di invocare una scriminante, la cui applicazione non può fondarsi su legami ormai cessati.

Perché il ricorso dell’imputata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati e generici, secondo la valutazione della Corte di Cassazione.

Qual è la ragione principale per cui la causa di non punibilità (art. 384 c.p.) non è stata applicata?
La causa di non punibilità non è stata applicata perché la stessa imputata, in sede di testimonianza, aveva dichiarato di non avere più un legame sentimentale con la persona che intendeva proteggere e di non essere convivente con essa all’epoca dei fatti, facendo così mancare il presupposto del “prossimo congiunto” richiesto dalla norma.

A quali conseguenze economiche è andata incontro la ricorrente dopo la decisione?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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