Causa di non punibilità: Esclusa in Caso di Condotta Abituale e Offesa Rilevante
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua operatività è subordinata a requisiti precisi, come evidenziato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento in esame chiarisce i limiti di questo istituto, specialmente in contesti di reati ambientali seriali, negando il beneficio quando la condotta dell’imputato si rivela abituale e l’offesa tutt’altro che minima.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per un reato ambientale. La difesa sosteneva che il fatto dovesse essere considerato non punibile per la sua particolare tenuità, invocando l’applicazione dell’articolo 131-bis del codice penale. Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado non avrebbe adeguatamente motivato le ragioni per cui tale beneficio non potesse essere riconosciuto.
La Causa di Non Punibilità e i Requisiti di Legge
L’art. 131-bis c.p. permette di escludere la punibilità per i reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, quando l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale. I due pilastri su cui si fonda l’istituto sono, quindi:
1. La minima offensività del fatto: valutata in base alle modalità della condotta, all’esiguità del danno o del pericolo.
2. La non abitualità del comportamento: il reato non deve essere espressione di una tendenza a delinquere.
La mancanza di anche uno solo di questi requisiti impedisce al giudice di applicare la causa di non punibilità.
La Decisione della Cassazione e le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano proprio sulla mancanza dei presupposti necessari per il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
L’Abitualità della Condotta come Ostacolo alla Non Punibilità
Il primo, e decisivo, argomento riguarda l’abitualità della condotta. I giudici hanno sottolineato come l’imputato avesse commesso ben quattro condotte illecite della stessa specie. Tre di queste si collocavano in un arco temporale tra il 2011 e il 2013, mentre l’ultima, oggetto del processo, risaliva al dicembre 2019. Questa sequenza di reati, secondo la Corte, dimostra una tendenza a commettere illeciti e non un episodio isolato, integrando così il requisito ostativo della “non abitualità” richiesto dalla norma.
La Rilevante Offensività del Fatto
Oltre al profilo soggettivo, la Corte ha rilevato la mancanza anche del requisito oggettivo della minima offensività. La sentenza impugnata aveva infatti ben evidenziato come l’illecito non fosse di lieve entità. A sostegno di questa conclusione, sono stati valorizzati diversi elementi:
* L’eterogeneità dei rifiuti: la natura variegata dei materiali illecitamente gestiti.
* Il quantitativo: un volume significativo di rifiuti.
* Il concreto rischio di contaminazione: la presenza di percolato, indice di un pericolo reale per il suolo e il sottosuolo.
Questi fattori, considerati nel loro complesso, delineano un quadro di offensività incompatibile con la nozione di “particolare tenuità” richiesta dall’art. 131-bis c.p.
Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la causa di non punibilità non è un beneficio automatico, ma una valutazione che il giudice deve compiere analizzando attentamente sia il profilo oggettivo del reato sia quello soggettivo del reo. La ripetizione di condotte illecite nel tempo è un chiaro indicatore di abitualità che preclude l’accesso all’istituto. Allo stesso modo, in materia ambientale, la natura e la quantità dei rifiuti, unitamente al rischio concreto di inquinamento, sono elementi sufficienti per considerare l’offesa non tenue e, di conseguenza, meritevole di sanzione penale. La decisione, pertanto, consolida un orientamento rigoroso volto a evitare che strumenti deflattivi si trasformino in una forma di impunità per reati seriali o comunque dannosi per la collettività.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non si applica quando manca almeno uno dei due requisiti fondamentali: la non abitualità della condotta e la minima offensività del fatto. In questo caso, entrambi i requisiti erano assenti.
La commissione di più reati dello stesso tipo rende la condotta “abituale”?
Sì. Secondo la Corte, la commissione di quattro condotte illecite della stessa specie, anche se distanziate nel tempo, è un dato oggettivo sufficiente a qualificare il comportamento come abituale, impedendo così l’applicazione del beneficio.
Come si valuta l’offensività di un reato ambientale ai fini della non punibilità?
Si valuta considerando elementi concreti come l’eterogeneità e il quantitativo dei rifiuti, nonché il rischio effettivo di contaminazione ambientale, come la presenza di percolato. Se questi elementi indicano un’offesa significativa, la tenuità del fatto non può essere riconosciuta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30840 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30840 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COGNOME il 14/11/1967
avverso la sentenza del 23/09/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME, condannato per il reato di cui all’art. 256, commi 1 e
2, in relazione all’art. 192, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, alla pena di sei me arresto e di 5.000,00 euro di ammenda, articolando due motivi di ricorso, deduc
violazione di legge in relazione all’erronea determinazione del momento consunnativo del reato al fine di determinare la decorrenza del termine di prescrizione (pri
motivo), nonché violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al mancat riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131
bis cod. pen. (secondo
motivo);
Considerato che il primo motivo espone censure non consentite in sede di legittimità, perché inerenti a violazioni di legge deducibili e non dedotte in precede
in quanto la tesi dell’abbandono dei rifiuti, prospettata nel ricorso, e necessar retrodatare la commissione del reato, non è stata formulata in sede di appello, pu
fronte di una precisa indicazione nell’imputazione, la quale descrive il fatto c accertato il 19 dicembre 2019 e con carattere di permanenza (in appello, anzi, s
sostenuto che i cumuli di fanghiglia erano depositati con cadenza giornaliera, e trattore e le cisterne non erano rifiuti);
Reputato che anche il secondo motivo espone censure non consentite in sede di legittimità, poiché inerenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive, in quanto il giudic di secondo grado ha adeguatamente spiegato poiché non può essere riconosciuta la causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., difettando sia il requisi non abitualità della condotta, atteso il dato obiettivo della commissione di ben quat condotte illecite della stessa specie (cfr. pagg. 8-9 della sentenza impugnata, la evidenzia come le prime treLcondotte si collocano tra il 2011 ed il 2013, mentre quell oggetto del presente processo è del dicembre 2019), sia il requisito della mini offensività del fatto, alla luce dell’eterogeneità dei rifiuti, del loro quantitat concreto rischio di contaminazione del suolo e del sottosuolo desumibile dalla presenz di percolato (vds. pag. 9 della sentenza impugnata);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, co condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nell determinazione delle cause di inammissibilità;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2025.