Causa di Non Punibilità Negata: Quando i Precedenti Contano
L’istituto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per evitare processi e condanne per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 45073/2024) chiarisce un punto cruciale: i precedenti penali dell’imputato possono essere un ostacolo insormontabile per ottenere questo beneficio.
I Fatti del Processo
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato in Corte d’Appello per il reato di tentato furto. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria argomentazione su un unico motivo: la mancata concessione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero dovuto applicare l’art. 131-bis c.p., escludendo così la sua punizione.
L’impatto dei Precedenti sulla Causa di Non Punibilità
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della condotta dell’imputato alla luce dei suoi trascorsi giudiziari. L’art. 131-bis c.p. richiede, tra le altre condizioni, che il comportamento non sia abituale. La sentenza di secondo grado aveva già negato il beneficio proprio perché la condotta non poteva essere considerata occasionale, dato il numero cospicuo di precedenti penali a carico dell’imputato. La Cassazione ha ritenuto questa motivazione corretta e ben argomentata, sottolineando come il ricorso non abbia fatto altro che riproporre genericamente gli stessi argomenti già respinti, senza confrontarsi in modo specifico con le ragioni della Corte d’Appello.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha definito il ricorso come “aspecifico e meramente reiterativo”. In pratica, la difesa non ha sollevato nuove e pertinenti questioni di diritto, ma si è limitata a ripetere argomentazioni già esaminate e respinte. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva puntualmente spiegato le ragioni del diniego, fondandolo sulla “non occasionalità della condotta”, desumibile dai “numerosissimi precedenti dell’imputato”.
Di fronte a una motivazione così chiara, il ricorso si è risolto in un semplice richiamo a principi generali, senza un’analisi critica della decisione impugnata. Questa carenza ha portato la Corte a dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Come conseguenza, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: la presenza di numerosi precedenti penali è un elemento fortemente ostativo all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La “non occasionalità” della condotta, che i precedenti dimostrano, vanifica uno dei requisiti essenziali previsti dalla norma. Inoltre, viene ribadito un principio fondamentale del processo in Cassazione: un ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico e confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata, non potendosi limitare a una generica riproposizione di tesi già respinte.
Avere precedenti penali impedisce sempre di ottenere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo questa ordinanza, numerosi precedenti penali sono un elemento decisivo per escludere l’occasionalità della condotta, requisito necessario per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., portando quindi al diniego del beneficio.
Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché aspecifico e meramente reiterativo di argomentazioni già esaminate dai giudici di merito, senza un adeguato confronto con la motivazione della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45073 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45073 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TORINO il 17/09/1984
avverso la sentenza del 02/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale l’imputato è stato condannato per il reato previsto dagli artt. 56 e cod.pen. è complessivamente inammissibile in quanto aspecifico e meramente reiterativo di argomentazioni già esaminate da parte dei giudici di merito.
Difatti, l’unico motivo di impugnazione e attinente alla mancata concessione della causa di non punibilità prevista dall’art.131bis cod.pen. si risolve in un mero richiamo ai principi generali attinenti al relativo istituto e senza adeguato confro con la motivazione della sentenza gravata, che ha puntualmente argomentato il diniego sulla base della non occasionalità della condotta, a propria volta desumibil dai numerosissimi precedenti dell’imputato.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente