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Causa di non punibilità: no se hai cacciaviti

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo che, evaso dai domiciliari, invocava la causa di non punibilità per cercare sostanze stupefacenti. La Corte ha ritenuto l’argomento infondato, dato che l’imputato è stato trovato in possesso di due grossi cacciaviti, indicativi di un’intenzione di commettere reati contro il patrimonio. La condotta subdola e la violenza usata al momento dell’arresto escludono l’applicabilità della particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità per evasione: non vale se hai attrezzi da scasso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il delicato tema della causa di non punibilità, chiarendo i limiti della sua applicazione in caso di evasione. La vicenda riguarda un soggetto ai domiciliari che, dopo essersi allontanato dalla propria abitazione, ha tentato di giustificare la sua condotta invocando lo stato di necessità e la particolare tenuità del fatto. Tuttavia, il ritrovamento di attrezzi da scasso ha radicalmente cambiato la prospettiva del caso.

I Fatti del Caso

L’imputato, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, proponeva ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che ne aveva confermato la responsabilità. La sua linea difensiva si basava su due pilastri: in primo luogo, sosteneva di essere uscito di casa per una “impellente necessità” di procurarsi sostanze stupefacenti, configurando così l’esimente dello stato di necessità (art. 54 c.p.). In secondo luogo, chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo la scarsa offensività della sua condotta.

La Corte d’Appello aveva già respinto tali argomentazioni, evidenziando una palese contraddizione: l’uomo era stato trovato in possesso di due grossi cacciaviti, strumenti poco compatibili con la ricerca di stupefacenti ma decisamente funzionali alla commissione di reati contro il patrimonio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le censure mosse dall’imputato fossero una mera riproposizione di argomenti già adeguatamente analizzati e confutati nel precedente grado di giudizio. La Corte ha quindi confermato la valutazione della Corte d’Appello, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: perché la causa di non punibilità è stata negata?

La decisione della Cassazione si fonda su una logica stringente. Le motivazioni addotte per rigettare il ricorso sono chiare e si concentrano sulla valutazione complessiva della condotta dell’imputato.

1. Insussistenza dello Stato di Necessità: La tesi difensiva della “necessità di cercare stupefacenti” è stata giudicata infondata e pretestuosa. Il possesso di due grossi cacciaviti, secondo i giudici, smentiva questa versione, orientando l’interpretazione dei fatti verso l’intenzione di commettere altri reati, verosimilmente furti o scassi. Lo stato di necessità richiede un pericolo attuale di un danno grave alla persona, una condizione che non è stata ritenuta credibile alla luce degli elementi raccolti.

2. Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto: La Corte ha escluso anche l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. sulla base di tre elementi cruciali:
* Modalità subdola dell’evasione: L’uomo si era allontanato dall’abitazione subito dopo un controllo delle forze dell’ordine, dimostrando astuzia e una precisa volontà di eludere la sorveglianza.
* Possesso di arnesi da scasso: Questo elemento è stato ritenuto un indicatore di maggiore pericolosità sociale e di una propensione a delinquere che va oltre la semplice evasione.
* Violenza esercitata: L’ordinanza menziona una “violenza esercitata in occasione della sorpresa in flagranza”, un comportamento che di per sé è incompatibile con il concetto di “scarsa offensività” richiesto dalla norma.

Questi fattori, considerati nel loro insieme, delineano un quadro di gravità tale da impedire il riconoscimento di qualsiasi causa di non punibilità.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: le cause di giustificazione o di non punibilità non possono essere invocate in modo pretestuoso e devono essere supportate da una condotta coerente. La valutazione del giudice non si ferma alla dichiarazione dell’imputato, ma analizza l’intero contesto fattuale. Il possesso di strumenti atti allo scasso durante un’evasione non solo smentisce la giustificazione fornita, ma aggrava la posizione del reo, indicando una pericolosità e un’intenzione criminale che precludono l’accesso a benefici come la particolare tenuità del fatto. La decisione sottolinea come la credibilità della difesa sia un elemento cruciale e come le contraddizioni evidenti possano portare a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Lo stato di necessità può giustificare un’evasione dai domiciliari per cercare droga?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte ha ritenuto tale giustificazione non credibile perché l’imputato è stato trovato in possesso di attrezzi da scasso, elemento che indicava un’intenzione di commettere reati contro il patrimonio e non un’impellente necessità legata alla salute.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte l’ha esclusa perché la condotta non era di lieve entità. Diversi fattori hanno contribuito a questa valutazione: l’evasione è avvenuta con modalità subdole (dopo un controllo di polizia), l’imputato possedeva arnesi da scasso e ha usato violenza quando è stato colto in flagrante.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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