Causa di non punibilità: quando l’insensibilità alle regole la esclude
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, è spesso al centro di dibattiti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento: la valutazione non si limita alla gravità oggettiva del fatto, ma include anche l’atteggiamento soggettivo dell’imputato. Vediamo come la presunta necessità di comprare un gelato si è scontrata con il rigore della legge.
I Fatti del Caso
Un uomo veniva condannato nei gradi di merito. Per contestare la decisione, presentava ricorso in Cassazione basando la sua difesa su due argomenti principali. In primo luogo, sosteneva di essere uscito di casa perché si sentiva male e doveva comprare un gelato per assumere zuccheri, come consigliato da un medico. A suo dire, questa circostanza avrebbe dovuto escludere il dolo (l’intenzione di commettere il reato), configurando uno stato di necessità.
In secondo luogo, chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo la sua condotta minimamente offensiva.
I Motivi del Ricorso e l’analisi della Corte
Il ricorrente ha presentato due motivi di impugnazione alla Corte Suprema:
1. Assenza di dolo e stato di necessità: La difesa ha sostenuto che l’azione non era intenzionalmente illegale, ma dettata da un’esigenza di salute. La Corte di Appello aveva già respinto questa tesi, e la Cassazione ha confermato tale valutazione, ritenendo il motivo manifestamente infondato.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità (Art. 131-bis c.p.): Il secondo motivo riguardava il rifiuto dei giudici di merito di considerare il fatto come di particolare tenuità. Anche questa doglianza era una riproposizione di una questione già sollevata e respinta in appello.
La Causa di non punibilità secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte territoriale. La parte più interessante della decisione riguarda proprio il rigetto della richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva fornito una risposta adeguata e ben motivata, sottolineando un aspetto cruciale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e dirette. Il primo motivo, relativo allo stato di necessità per l’acquisto di un gelato, è stato liquidato come manifestamente infondato, in quanto i giudici di merito avevano già correttamente escluso tale esimente.
Sul secondo punto, quello centrale, la Corte ha ribadito che la condotta dell’imputato non poteva essere considerata “scarsamente offensiva”. Il motivo risiede nella sua “apprezzata insensibilità al rispetto delle prescrizioni imposte”. In altre parole, non è sufficiente che il danno concreto sia minimo; è necessario valutare anche l’atteggiamento del soggetto rispetto alle norme. Un comportamento che dimostra disprezzo o indifferenza per le regole imposte dalla legge non può beneficiare della non punibilità per tenuità del fatto.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale nell’applicazione della causa di non punibilità: la valutazione del giudice deve essere complessiva e non può prescindere dall’analisi della personalità e dell’atteggiamento dell’imputato. La “particolare tenuità del fatto” non è un automatismo legato solo all’entità del danno, ma un giudizio che tiene conto anche del grado di riprovevolezza della condotta e della sensibilità dell’individuo verso il rispetto delle norme giuridiche. Una lezione importante per chi pensa di poter aggirare la legge con giustificazioni poco credibili.
Sentirsi male può giustificare la violazione di una prescrizione legale, configurando uno stato di necessità?
No, secondo la Corte, la giustificazione addotta dal ricorrente (sentirsi male e dover comprare un gelato) è stata ritenuta manifestamente infondata e non idonea a integrare lo stato di necessità.
Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Non si applica quando la condotta, seppur di modesto danno, rivela una “apprezzata insensibilità al rispetto delle prescrizioni imposte”. L’atteggiamento soggettivo di disprezzo per le regole impedisce di considerare il fatto come “scarsamente offensivo”.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo che il ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31491 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31491 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a ROMA il 03/01/1973
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME Umberto
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si censura la sussistenza del dolo del reato, anche sul presupposto che il ricorrente si sarebbe sentito male e fosse uscito da casa per comprare un gelato per assumere zuccheri come consigliatogli da un medico, è manifestamente infondato; che la Corte di appello ha rilevato, con corretti e pertinenti riferimenti in fatto e diritt non ricorresse nel caso di specie lo stato di necessità;
rilevato che analogo limite incontra il secondo motivo con cui si censura la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., tra l’ riproduttivo di identica questione formulata in sede di gravame a cui la Corte territoriale fornito adeguata risposta ritenendo non scarsamente offensiva la condotta a causa della apprezzata insensibilità al rispetto delle prescrizioni imposte;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/07/2025.