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Causa di non punibilità: no con condotta abituale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, negando la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla condotta abituale del ricorrente, provata da precedenti penali per reati della stessa indole, che rendono inapplicabile il beneficio. Rigettata anche l’eccezione di prescrizione.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità e condotta abituale: i limiti secondo la Cassazione

L’istituto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità della pena. Tuttavia, il suo accesso non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la presenza di una ‘condotta abituale’, desunta anche da precedenti per reati della stessa indole, costituisca un ostacolo insormontabile all’applicazione del beneficio.

I fatti di causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. I motivi del ricorso si basavano su due punti principali: l’asserita intervenuta prescrizione del reato e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. L’imputato sosteneva che il tempo trascorso avesse estinto il reato e che, in ogni caso, la natura dell’illecito contestato meritasse l’applicazione del beneficio di cui all’art. 131-bis c.p.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno respinto entrambe le doglianze del ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei presupposti sia della prescrizione sia della non punibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con motivazioni precise e nette.

La questione della prescrizione

In primo luogo, è stato chiarito che il calcolo del termine di prescrizione non era corretto. A causa dell’applicazione della recidiva, il termine non era quello ordinario, bensì quello esteso a dieci anni. Tale termine non era ancora decorso al momento della decisione, rendendo la relativa eccezione palesemente infondata.

Il diniego della causa di non punibilità per condotta abituale

Il punto centrale della pronuncia riguarda il diniego della causa di non punibilità. La Corte ha rilevato due profili di criticità. Innanzitutto, la censura non era stata nemmeno formulata nel precedente grado di giudizio (l’appello). In secondo luogo, e in modo dirimente, il motivo era manifestamente infondato nel merito. L’imputato, infatti, annoverava plurimi precedenti penali per appropriazione indebita. Secondo la Corte, tali reati, pur essendo formalmente diversi da quello contestato (ex art. 334 c.p.), sono da considerarsi ‘della stessa indole’. Questa pluralità di precedenti ha permesso ai giudici di ritenere sussistente una ‘condotta abituale’, la quale, ai sensi dello stesso art. 131-bis c.p., impedisce il riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La tendenza a commettere illeciti con caratteristiche simili dimostra una propensione a delinquere che rende il fatto non più ‘occasionale’ e, quindi, non meritevole del beneficio.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per la concessione della causa di non punibilità non si limita all’episodio singolo, ma si estende alla storia criminale complessiva dell’imputato. La presenza di precedenti penali, soprattutto se per reati ‘della stessa indole’, può configurare una ‘condotta abituale’ che esclude a priori l’applicazione del beneficio. Questa decisione sottolinea come la non punibilità sia riservata a condotte veramente sporadiche e lievi, e non a chi manifesta una persistente inclinazione a violare la legge penale, anche attraverso la commissione di illeciti formalmente diversi ma sostanzialmente affini.

Perché il motivo di ricorso sulla prescrizione è stato ritenuto infondato?
La Corte ha stabilito che, a causa dell’applicazione della recidiva, il termine di prescrizione del reato era di dieci anni. Tale termine non era ancora decorso al momento della decisione, rendendo l’eccezione manifestamente infondata.

È possibile ottenere il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto se si hanno precedenti penali?
No, se i precedenti penali indicano una ‘condotta abituale’. Nel caso di specie, i plurimi precedenti per reati ‘della stessa indole’ (appropriazione indebita) sono stati considerati sufficienti a dimostrare una condotta abituale, ostativa al riconoscimento del beneficio previsto dall’art. 131-bis del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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