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Causa di non punibilità: mentire per salvarsi

Un uomo, vittima di un’aggressione armata, mente agli inquirenti per proteggere il suo aggressore, sostenendo di essersi ferito accidentalmente. La Corte di Cassazione ha confermato la sua condanna per favoreggiamento per la prima menzogna, ma lo ha assolto per le dichiarazioni successive. La Corte ha applicato la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 c.p., poiché la seconda bugia era finalizzata a evitare un’incriminazione per la prima.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: mentire per salvarsi è reato? L’analisi della Cassazione

Mentire alla polizia per aiutare un criminale a sfuggire alla giustizia è un reato grave. Ma cosa succede se si mente una seconda volta, per paura di essere incriminati per la prima bugia? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questo complesso scenario, applicando la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 del codice penale. Analizziamo insieme questo caso che traccia una linea sottile tra il favoreggiamento e il diritto a non auto-incriminarsi.

I fatti del caso: Dalla ferita d’arma da fuoco alla duplice menzogna

La vicenda ha origine quando un uomo viene ricoverato in ospedale con gravi ferite. Interrogato dalle forze dell’ordine, dichiara di essersi ferito accidentalmente durante dei lavori in campagna con un trattore. Tuttavia, la sua versione viene presto smentita da prove schiaccianti: i referti medici confermano lesioni da arma da fuoco, le telecamere dell’ospedale lo riprendono mentre viene trasportato da un’altra persona e le intercettazioni svelano l’identità dell’aggressore e le motivazioni del gesto.

L’uomo, vittima del reato, aveva mentito per proteggere il suo assalitore. Questa prima dichiarazione, resa il 18 ottobre 2016, integra il reato di favoreggiamento. Alcuni giorni dopo, il 7 novembre, mentre si trova ricoverato in un’altra città, viene nuovamente interrogato e ribadisce la sua versione falsa. Anche questa seconda dichiarazione viene contestata come un autonomo episodio di favoreggiamento.

Il percorso giudiziario e l’applicazione della causa di non punibilità

Nei primi due gradi di giudizio, l’imputato viene condannato per entrambi gli episodi di favoreggiamento, con una pena ridotta in appello a cinque mesi di reclusione. La difesa, tuttavia, ricorre in Cassazione, sostenendo, tra gli altri motivi, la mancata applicazione della causa di non punibilità per la seconda dichiarazione.

La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso. Pur confermando la condanna per il primo episodio di favoreggiamento, annulla la sentenza senza rinvio per il secondo, assolvendo l’imputato perché “il fatto non costituisce reato”. La Corte ha ritenuto che la seconda menzogna fosse motivata dalla necessità di salvarsi da un’accusa penale, quella relativa alla prima dichiarazione mendace.

La distinzione tra stato di necessità e l’esimente per autotutela

È fondamentale distinguere l’esimente applicata dalla Corte (art. 384 c.p.) dallo stato di necessità (art. 54 c.p.). La difesa aveva ipotizzato che l’imputato avesse mentito per paura di ritorsioni, una circostanza che avrebbe potuto integrare lo stato di necessità. Tuttavia, questa tesi non era mai stata prospettata dall’imputato, che aveva sempre insistito sulla veridicità della sua versione accidentale.

La Corte, invece, ha applicato d’ufficio il principio del nemo tenetur se detegere, ovvero il diritto di nessuno a essere obbligato ad accusare sé stesso. Questa causa di non punibilità tutela chi commette un reato (in questo caso, il secondo favoreggiamento) per evitare un’incriminazione a proprio carico.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che, al momento delle seconde dichiarazioni rese a Padova, l’imputato si trovava già nella concreta situazione di rischio di essere incriminato per favoreggiamento a causa delle prime dichiarazioni rese a Bianco. Le sue ulteriori menzogne, sebbene “parzialmente difformi” ma analoghe nella sostanza, erano chiaramente finalizzate a evitare le conseguenze penali della sua prima condotta.

Il principio consolidato in giurisprudenza, richiamato dalla Corte, stabilisce che la causa di non punibilità per chi è stato costretto a commettere il fatto dalla necessità di salvare sé stesso da un grave e inevitabile nocumento alla libertà personale opera anche quando un soggetto rende dichiarazioni mendaci per evitare un’accusa penale a proprio carico. A differenza dello stato di necessità, questa esimente si applica anche se la situazione di pericolo (il rischio di incriminazione) è stata volontariamente causata dallo stesso agente con la sua condotta precedente.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce un importante principio: sebbene mentire per aiutare un colpevole sia un reato, mentire una seconda volta per evitare di essere accusati della prima menzogna può non essere punibile. La Corte ha quindi annullato la condanna per il secondo episodio di favoreggiamento e, eliminando l’aumento di pena per la continuazione, ha rideterminato la condanna finale per il solo primo episodio in quattro mesi di reclusione. Questa decisione riafferma la centralità del diritto a non auto-incriminarsi nel nostro ordinamento, anche quando si è trovati in una situazione di illegalità creata da sé stessi.

La vittima di un reato può essere condannata per favoreggiamento se mente per proteggere il suo aggressore?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che anche la persona offesa da un reato può commettere il delitto di favoreggiamento personale se, con le sue dichiarazioni mendaci, aiuta l’autore del reato a eludere le investigazioni dell’autorità.

Quando si applica la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 del codice penale?
Si applica quando una persona commette un reato (come il favoreggiamento tramite false dichiarazioni) perché costretta dalla necessità di salvare sé stessa o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile danno alla libertà personale. La sentenza specifica che ciò include la necessità di evitare un’accusa penale a proprio carico.

Se una persona mente una prima volta alla polizia e poi una seconda volta per coprire la prima bugia, è punibile per entrambe?
Secondo questa sentenza, no. La prima menzogna può costituire reato di favoreggiamento. Tuttavia, la seconda menzogna, resa quando esisteva già il concreto pericolo di essere incriminati per la prima, rientra nella causa di non punibilità dell’art. 384 c.p., in quanto finalizzata a evitare l’auto-incriminazione. Pertanto, l’imputato è stato assolto per il secondo episodio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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