Causa di non punibilità: quando i limiti di pena la escludono
L’istituto della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131 bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precisi limiti, sia procedurali che sostanziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo beneficio, negandolo in un caso di furto aggravato a causa del superamento delle soglie di pena previste dalla legge.
I Fatti del Caso: Furto ai Danni di una Persona Invalida
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di furto in abitazione aggravato, commesso ai danni di un soggetto totalmente invalido. L’imputata, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo la sussistenza di un vizio di legge e di motivazione nella sentenza della Corte d’Appello.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro in favore della cassa delle ammende. La decisione si basa su una duplice argomentazione che tocca aspetti sia procedurali che di merito.
Le Motivazioni: la causa di non punibilità e i suoi limiti
Le ragioni alla base della pronuncia della Suprema Corte sono articolate e forniscono importanti chiarimenti sull’applicazione dell’art. 131 bis c.p.
L’Inammissibilità per Vizi Procedurali
In primo luogo, i Giudici di legittimità hanno evidenziato un vizio di natura prettamente procedurale. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità non era stata formulata nei motivi di appello. La Corte territoriale, pertanto, non si era pronunciata sul punto, né era tenuta a farlo d’ufficio. Sollevare la questione per la prima volta in sede di Cassazione costituisce un motivo di inammissibilità del ricorso.
L’Impossibilità di Applicazione per i Limiti di Pena
Anche superando l’ostacolo procedurale, il ricorso sarebbe stato comunque infondato nel merito. La Corte ha sottolineato come la fattispecie di reato contestata (art. 624 bis, comma 2, c.p.) fosse punita, all’epoca dei fatti (2018), con una pena detentiva da tre a sei anni di reclusione. Questa cornice edittale è incompatibile con l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. in entrambe le sue formulazioni:
1. Versione originaria: applicabile solo ai reati con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni.
2. Versione post-riforma Cartabia: applicabile ai reati per cui la pena non è superiore nel minimo a due anni.
Entrambe le versioni normative, quindi, escludevano a priori la possibilità di concedere il beneficio per il reato in questione.
La Gravità della Condotta
Infine, la Corte ha rafforzato la sua decisione richiamando la valutazione già compiuta dalla Corte d’Appello riguardo un’altra attenuante (danno di speciale tenuità ex art. 62 n. 4 c.p.). I giudici di secondo grado avevano escluso tale circostanza con una motivazione logica e congrua, evidenziando la condotta “particolarmente insidiosa e decettiva” tenuta nei confronti di una persona totalmente invalida e considerando l’importo sottratto (450 euro) non di speciale tenuità in tale contesto. Questa valutazione sulla gravità intrinseca del fatto contribuisce a escludere la “particolare tenuità dell’offesa” richiesta per la non punibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Il primo è di carattere processuale: le questioni giuridiche, inclusa la richiesta di applicazione della causa di non punibilità, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di merito del giudizio. Il secondo, di carattere sostanziale, è che i limiti di pena previsti dall’art. 131 bis c.p. sono un presupposto oggettivo e invalicabile per l’applicazione del beneficio. La decisione sottolinea inoltre come la valutazione della tenuità del fatto non si limiti al solo danno patrimoniale, ma debba considerare l’intera condotta, le sue modalità e la particolare vulnerabilità della persona offesa.
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto può essere chiesta per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che la richiesta è inammissibile se non è stata presentata nei motivi di appello e se la corte di secondo grado non si è pronunciata d’ufficio sulla questione.
Quali sono i limiti di pena per applicare la causa di non punibilità?
L’applicazione dipende dalla versione della norma. La versione originaria richiedeva una pena massima non superiore a cinque anni. La versione post-riforma Cartabia richiede una pena minima non superiore a due anni. Il reato del caso di specie, punito con la reclusione da tre a sei anni, non rientrava in nessuna delle due ipotesi.
La valutazione della tenuità del fatto si basa solo sull’importo economico sottratto?
No, la Corte ha confermato che la valutazione deve tenere conto di tutti gli aspetti della condotta, inclusa la sua natura insidiosa e decettiva e la vulnerabilità della vittima, come nel caso di un furto ai danni di una persona totalmente invalida.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20604 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20604 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TRIESTE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2022 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello di Trieste ha confermato la condanna emessa a su carico dal Tribunale di Trieste in relazione alla ipotesi di cui all’art.624 bis e 61 1 n.5 cod.pen.
Il ricorrente articola un unico motivo con cui lamenta violazione di legge vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilit di cui all’art.131 bis cod.pen..
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è manifestamente infondato in quanto sotto un primo profilo la causa di non punibilità non era stata richiesta nei motivi di appello, né la senten secondo grado si è ufficiosamente pronunciata in ordine ad essa. Inoltre alla appli zione della causa di non punibilità in questione ostano i presupposti legittimant quanto il reato per cui è stata pronunciata condanna (art.624 bis comma 2 cod.pen. all’epoca del fatto (18 Gennaio 2018) era punito con la pena detentiva da tre a anni di reclusione laddove l’art.131 bis cod.pen., nella originaria versione era a cabile solo ai reati per cui era prevista una pena detentiva non superiore a cin anni di reclusione e nel testo risultante dalla riforma Cartabia, ai reati per cui l non era superiore nel minimo a due anni. Entrambe le versioni non consentono pertanto l’applicazione della causa di non punibilità.
Sotto diverso profilo, con riferimento alla circostanza attenuante dell’ave provocato alla persona offesa un danno di speciale tenuità, la Corte di appello escluso la circostanza attenuante di cui all’art.62 n.4 cod.pen. con motivazione c grua e priva di illogicità e che pertanto non si presta al sindacato di legittimità siderazione di una condotta particolarmente insidiosa e decettiva, realizzata nei c fronti di persona totalmente invalida e in considerazione dell’entità dell’importo tratto (euro 450 euro), certamente non improntato a criteri di tenuità speciale.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, no ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilit (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al paga-men delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.