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Causa di non punibilità: i limiti dell’art. 384 c.p.

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per falsa testimonianza, precisando che la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 c.p. si applica solo in presenza di un pericolo concreto e attuale di autoincriminazione per il testimone. Il semplice timore non è sufficiente a giustificare la menzogna. Il caso è stato rinviato al Tribunale per un nuovo esame che verifichi la sussistenza di tale rischio effettivo.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: quando mentire in tribunale non è reato?

Un testimone chiamato a deporre in un processo penale si trova di fronte a un bivio: dire la verità, rischiando però di accusare sé stesso di un reato, oppure mentire per salvarsi? Il nostro ordinamento prevede una speciale causa di non punibilità per chi si trova in questa difficile situazione, ma la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 19130/2025) ha tracciato confini molto precisi, stabilendo che per essere scusati non basta un semplice timore, ma serve un pericolo concreto e inevitabile di autoincriminazione.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un uomo, assolto in primo grado dal reato di falsa testimonianza. Egli aveva testimoniato nel processo a carico di un amico, accusato in seguito al ritrovamento di armi e stupefacenti in un immobile abbandonato. Durante la sua deposizione, l’uomo aveva fornito dichiarazioni reticenti e contraddittorie riguardo le circostanze della scoperta dell’immobile e le occasioni in cui vi si era recato.

Il Tribunale lo aveva assolto applicando l’art. 384 del codice penale, ritenendo che avesse agito per la “necessità di salvare sé medesimo” da un possibile coinvolgimento penale. Secondo il giudice di merito, le sue bugie erano finalizzate a evitare un’accusa penale a suo carico.

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza, sostenendo che non esisteva alcun presupposto per applicare la scusante: le domande rivolte al testimone erano relative a fatti leciti e non vi era alcun rischio reale che, rispondendo sinceramente, egli potesse subire un pregiudizio alla sua libertà o al suo onore.

L’applicazione della causa di non punibilità secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza di assoluzione e rinviando il caso per un nuovo giudizio. I giudici supremi hanno ribadito un principio fondamentale: la causa di non punibilità prevista dall’art. 384 c.p. è un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente.

Questa norma interviene quando un soggetto è costretto a commettere un reato (come la falsa testimonianza) perché si trova in un conflitto interiore irrisolvibile: da un lato l’obbligo giuridico di dire la verità, dall’altro la necessità di evitare un “grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, per applicare tale scusante, il giudice deve accertare rigorosamente che il testimone, al momento della deposizione, si trovasse di fronte a un’alternativa secca e ineludibile: o dire la verità e autoincriminarsi, o mentire per salvarsi. Non è sufficiente un vago timore o un pericolo solo ipotetico.

Nel caso specifico, la sentenza di primo grado è stata giudicata carente proprio su questo punto. Il Tribunale, in modo apodittico, ha affermato che le bugie erano finalizzate a evitare un’accusa penale, senza però specificare quale reato il testimone rischiasse di confessare. Le domande poste al teste riguardavano le condizioni di un immobile e chi lo frequentasse, circostanze di per sé non illecite e non direttamente collegate al rinvenimento di armi e droga, contestato al suo amico.

Dalla motivazione della sentenza annullata, non emergeva alcun elemento, neanche indiziario, che potesse far supporre un coinvolgimento del testimone nei reati contestati all’imputato principale. Di conseguenza, non era stato dimostrato quel pericolo “grave e inevitabile” che è il presupposto indispensabile per la causa di non punibilità.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio cardine del processo penale: l’obbligo di testimoniare il vero è un dovere civico fondamentale, derogabile solo in situazioni eccezionali. La scusante dell’art. 384 c.p. non può essere usata come un’ancora di salvezza generica per chiunque tema conseguenze negative da una testimonianza. È necessario che il pericolo di auto-incriminazione sia reale, concreto e direttamente collegato alle domande poste dal giudice. Il nuovo processo dovrà quindi valutare attentamente se, al momento della deposizione, il testimone si trovasse effettivamente in questa situazione di costrizione, verificando se la verità lo avrebbe esposto a una precisa accusa penale.

Quando un testimone che mente può non essere punito?
Un testimone non è punibile per falsa testimonianza se è stato costretto a mentire dalla necessità di salvare sé stesso o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile danno alla libertà o all’onore. Questo si verifica quando dire la verità comporterebbe un’immediata auto-incriminazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’assoluzione in questo caso?
L’assoluzione è stata annullata perché il Tribunale non ha adeguatamente motivato l’esistenza di un pericolo concreto e attuale di auto-incriminazione per il testimone. Non è stato specificato per quale ipotetico reato il testimone avrebbe rischiato di essere accusato se avesse detto la verità, rendendo l’applicazione della causa di non punibilità ingiustificata.

Cosa deve accertare il giudice prima di applicare l’art. 384 c.p.?
Il giudice deve accertare che, di fronte all’obbligo di dire la verità, il testimone si trovasse concretamente nella situazione di dover scegliere tra autoincriminarsi per un reato specifico o mentire. Deve emergere un pericolo grave, inevitabile e non meramente ipotetico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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