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Causa di non punibilità: esclusa per reati abituali

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per violazioni del Codice della Strada, confermando che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica quando la condotta è abituale, a causa delle numerose violazioni precedenti della stessa norma. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Causa di non punibilità: quando la recidiva esclude il beneficio

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità nel diritto penale. Tuttavia, la sua operatività è soggetta a limiti precisi, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento in esame stabilisce che il beneficio non può essere concesso quando la condotta dell’imputato riveste un carattere di abitualità, anche se i singoli episodi sono di lieve entità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, condannato in Corte d’Appello per violazioni dell’articolo 116 del Codice della Strada. La difesa del ricorrente si basava su due motivi principali: in primo luogo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che il reato commesso fosse di lieve entità. In secondo luogo, contestava la determinazione della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dei presupposti necessari per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. e ribadisce i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione della pena effettuata dai giudici di merito.

Le Motivazioni: l’impatto del carattere abituale sulla causa di non punibilità

Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha confermato la correttezza della sentenza impugnata, la quale aveva escluso la causa di non punibilità in ragione del carattere abituale della condotta dell’imputato. I giudici hanno evidenziato che le numerose violazioni precedenti della medesima norma, puntualmente richiamate nella motivazione, rendevano manifesta la serialità del comportamento.

La Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 26813/2016), secondo cui l’art. 131-bis c.p. non può essere applicato quando l’imputato ha commesso più reati della stessa indole. In tali circostanze, è la stessa norma a imporre una valutazione complessiva del “fatto” in una dimensione “plurima”, nella quale la tenuità dei singoli segmenti della condotta perde di rilevanza. L’abitualità, quindi, osta all’applicazione del beneficio, in quanto indice di una maggiore pericolosità sociale e di una deliberata inclinazione a violare la legge.

Le Motivazioni: la discrezionalità del giudice sulla pena

Quanto al secondo motivo, relativo alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata e priva di vizi logici. I giudici di merito avevano infatti basato la loro decisione sulla negativa personalità dell’imputato e sulla gravità del fatto, desunta dall’intensità del dolo.

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio cardine del giudizio di legittimità: la valutazione sulla congruità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di Cassazione, a meno che la motivazione non sia palesemente arbitraria o illogica, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.

Conclusioni

L’ordinanza in commento offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la causa di non punibilità per tenuità del fatto non è un meccanismo automatico, ma richiede una valutazione attenta che tenga conto non solo del singolo episodio, ma anche del comportamento complessivo dell’autore del reato. La presenza di precedenti specifici e ripetuti nel tempo costituisce un ostacolo insormontabile alla concessione del beneficio. In secondo luogo, riafferma la netta distinzione tra il giudizio di merito, cui spetta la valutazione dei fatti e la commisurazione della pena, e il giudizio di legittimità, deputato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.

Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, viene esclusa quando la condotta dell’imputato è ritenuta abituale. Questo si verifica se l’autore ha commesso più reati della stessa indole, dimostrando una tendenza a violare la legge.

Perché la Corte di Cassazione non ha modificato la pena stabilita dalla Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione non ha modificato la pena perché il suo compito non è quello di rivalutare la congruità della sanzione, ma di verificare che la decisione del giudice di merito sia basata su una motivazione logica e non arbitraria. In questo caso, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la sua decisione basandosi sulla personalità negativa dell’imputato e sulla gravità del fatto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la fine del processo. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso che non poteva essere esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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