Causa di non punibilità: quando la recidiva esclude il beneficio
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per il principio di proporzionalità nel diritto penale. Tuttavia, la sua operatività è soggetta a limiti precisi, come chiarito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il provvedimento in esame stabilisce che il beneficio non può essere concesso quando la condotta dell’imputato riveste un carattere di abitualità, anche se i singoli episodi sono di lieve entità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, condannato in Corte d’Appello per violazioni dell’articolo 116 del Codice della Strada. La difesa del ricorrente si basava su due motivi principali: in primo luogo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, sostenendo che il reato commesso fosse di lieve entità. In secondo luogo, contestava la determinazione della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dei presupposti necessari per l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. e ribadisce i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione della pena effettuata dai giudici di merito.
Le Motivazioni: l’impatto del carattere abituale sulla causa di non punibilità
Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha confermato la correttezza della sentenza impugnata, la quale aveva escluso la causa di non punibilità in ragione del carattere abituale della condotta dell’imputato. I giudici hanno evidenziato che le numerose violazioni precedenti della medesima norma, puntualmente richiamate nella motivazione, rendevano manifesta la serialità del comportamento.
La Corte ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 26813/2016), secondo cui l’art. 131-bis c.p. non può essere applicato quando l’imputato ha commesso più reati della stessa indole. In tali circostanze, è la stessa norma a imporre una valutazione complessiva del “fatto” in una dimensione “plurima”, nella quale la tenuità dei singoli segmenti della condotta perde di rilevanza. L’abitualità, quindi, osta all’applicazione del beneficio, in quanto indice di una maggiore pericolosità sociale e di una deliberata inclinazione a violare la legge.
Le Motivazioni: la discrezionalità del giudice sulla pena
Quanto al secondo motivo, relativo alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata e priva di vizi logici. I giudici di merito avevano infatti basato la loro decisione sulla negativa personalità dell’imputato e sulla gravità del fatto, desunta dall’intensità del dolo.
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio cardine del giudizio di legittimità: la valutazione sulla congruità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di Cassazione, a meno che la motivazione non sia palesemente arbitraria o illogica, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.
Conclusioni
L’ordinanza in commento offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la causa di non punibilità per tenuità del fatto non è un meccanismo automatico, ma richiede una valutazione attenta che tenga conto non solo del singolo episodio, ma anche del comportamento complessivo dell’autore del reato. La presenza di precedenti specifici e ripetuti nel tempo costituisce un ostacolo insormontabile alla concessione del beneficio. In secondo luogo, riafferma la netta distinzione tra il giudizio di merito, cui spetta la valutazione dei fatti e la commisurazione della pena, e il giudizio di legittimità, deputato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione.
Quando può essere esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, viene esclusa quando la condotta dell’imputato è ritenuta abituale. Questo si verifica se l’autore ha commesso più reati della stessa indole, dimostrando una tendenza a violare la legge.
Perché la Corte di Cassazione non ha modificato la pena stabilita dalla Corte d’Appello?
La Corte di Cassazione non ha modificato la pena perché il suo compito non è quello di rivalutare la congruità della sanzione, ma di verificare che la decisione del giudice di merito sia basata su una motivazione logica e non arbitraria. In questo caso, la Corte d’Appello aveva adeguatamente giustificato la sua decisione basandosi sulla personalità negativa dell’imputato e sulla gravità del fatto.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la fine del processo. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso che non poteva essere esaminato nel merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35101 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35101 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LA MATTINA NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da RAGIONE_SOCIALE NOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17 cod. strada.
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso che la causa di non punibilità di cui all’art 131-bis cod. pen. è stata validamente esclusa in sentenza: le numerose precedenti violazioni della medesima norma – puntualmente richiamate in motivazione, rendono manifesta la ricorrenza del carattere abituale della condotta del ricorrente (cfr. ex multis Sez. 5, n. 26813 del 10/02/2016, COGNOME, Rv. 267262 – 01:«La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis cod. pen. non può essere applicata, ai sensi del terzo comma del predetto articolo, qualora l’imputato abbta commesso più reati della stessa indole (ovvero plurime violazioni della stessa o di diverse disposizioni penali sorrette dalla medesima “ratio punendi”), poiché è la stessa previsione normativa a considerare il “fatto” nella sua dimensione “plurima”, secondo una valutazione complessiva in cui perde rilevanza l’eventuale particolare tenuità dei singoli segmenti in cui esso si articola»).
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza la negativa personalità dell’imputato e la gravità del fatto per intensità del dolo;
considerato che, nel giudizio di cassazione, è inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
Il Consigliere estensore