Causa di non punibilità: quando la condotta abituale ne impedisce l’applicazione
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua operatività è subordinata a precise condizioni, tra cui l’assenza di un comportamento abituale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo come le modalità concrete di un reato possano rivelare una condotta non occasionale, precludendo così il beneficio.
I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Suprema Corte contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’imputato, condannato per cessione di sostanze stupefacenti, aveva richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto. La Corte d’Appello aveva però respinto tale richiesta, motivando la sua decisione sulla base delle specifiche modalità con cui era avvenuta la cessione. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata valutazione da parte dei giudici di merito.
La Decisione della Corte: Inammissibilità e la Causa di non punibilità
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che i motivi presentati dal ricorrente fossero generici e mirassero, in sostanza, a una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. La Corte ha sottolineato come la motivazione della Corte d’Appello fosse puntuale, congrua e priva di vizi logici evidenti.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha validato l’argomentazione dei giudici di merito, secondo cui le modalità della cessione dello stupefacente erano indicative di una condotta non episodica, ma ripetuta e abituale. In particolare, il fatto che lo spaccio fosse avvenuto in un determinato luogo e con modalità rapide e prive di interlocuzioni verbali tra i soggetti coinvolti, è stato interpretato come un chiaro segnale di un modus operandi consolidato e, quindi, di un comportamento abituale.
La Suprema Corte ha precisato che tale valutazione, basata su elementi fattuali concreti, non è sindacabile in sede di legittimità se non presenta illogicità manifeste o travisamenti della prova, circostanze non riscontrate nel caso di specie. Pertanto, l’esclusione della causa di non punibilità era corretta, poiché uno dei requisiti fondamentali per la sua applicazione – l’occasionalità della condotta – era venuto a mancare.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per beneficiare della non punibilità per particolare tenuità del fatto, non è sufficiente che il danno o il pericolo cagionato sia esiguo. È necessario anche che il comportamento non sia espressione di un’abitualità. Le modalità stesse con cui viene commesso un reato possono essere un elemento decisivo per il giudice nel valutare la natura della condotta. Di conseguenza, la difesa non può limitarsi a contestare genericamente la decisione, ma deve individuare specifici vizi logici o errori di diritto nella motivazione del giudice di merito. La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi addotti erano generici e tendevano a una rivalutazione dei fatti, operazione non consentita alla Corte di Cassazione. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica e completa.
Qual è il motivo principale per cui la causa di non punibilità non è stata applicata?
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata esclusa perché le modalità della cessione di stupefacenti (avvenuta senza scambi verbali) sono state considerate indicative di una condotta abituale e non occasionale, requisito ostativo per l’applicazione del beneficio.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36218 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36218 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: SECK RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rg. 17102/25
Ritenuto che tutti i motivi dedotti in tema di 131-bis cod. pen. dal ricorrente sono affetti da genericità rispetto alla puntuale motivazione della Corte di appello di Napoli che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha congruamente motivato avendo escluso la sussistenza di detta causa di non punibilità per le modalità della cessione della sostanza stupefacente, indicative di una condotta non episodica, né occasionale, ma ripetuta e quindi di un comportamento apprezzato come abituale, di conseguenza si tratta di valutazioni che non possono dirsi inficiate da evidenti vizi logici e non sono suscettibili di una diversa ed autonoma rivalutazione in sede di legittimità, a fronte della diversa ricostruzione del fatto operata nei motivi di ricorso, non apprezzabile in questa sede, in difetto di travisamenti della prova, non essendo illogiche le valutazioni operate dalla Corte di appello tratte dal luogo in cui è avvenuto lo spaccio e dalle modalità della cessione, avvenuta senza interlocuzioni tra i soggetti coinvolti;
ritenuto che dalla inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna l ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 ottobre 2025
Il Consi ere estensore
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Il Pres ente