LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Causa di non punibilità e sicurezza sul lavoro

Un datore di lavoro, condannato per violazioni della normativa sulla sicurezza per macchinari privi di adeguate protezioni, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, sostenendo che la valutazione del grave rischio per i lavoratori, operata dal giudice di merito, esclude implicitamente la tenuità del fatto. Tale valutazione, essendo un giudizio di merito, non è sindacabile in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sicurezza sul Lavoro: Niente Causa di Non Punibilità se il Rischio è Elevato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di sicurezza sul lavoro: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere invocata quando le violazioni contestate creano un rischio grave ed elevato per l’incolumità dei dipendenti. Questa decisione sottolinea l’importanza prioritaria della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, anche a fronte di contestazioni formalmente minori.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un datore di lavoro per diverse contravvenzioni previste dal Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 81/2008). Nello specifico, le violazioni riguardavano la mancanza di dispositivi di sicurezza essenziali su alcuni macchinari aziendali. In particolare, si contestava l’assenza di linguette metalliche nel blocco di fermo macchina e la mancanza di sistemi idonei a impedire che le mani dei lavoratori potessero entrare in contatto con parti pericolose dei macchinari. La condanna, emessa dal Tribunale, era stata confermata in appello.

Il Ricorso in Cassazione e la Causa di non punibilità

L’imprenditore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la mancata concessione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis del codice penale. Secondo la difesa, la condotta, pur illecita, era da considerarsi di “particolare tenuità”, tale da non meritare una sanzione penale. Si sosteneva, quindi, che i giudici dei gradi precedenti avessero errato nel non applicare questo istituto, che avrebbe portato a un proscioglimento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le doglianze sollevate dal ricorrente non rientravano tra i vizi di legittimità deducibili in Cassazione, ma si collocavano su un piano di merito. In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Corte di rivalutare i fatti e la loro gravità, un compito che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado e che è precluso alla Cassazione.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che la Corte territoriale, nel confermare la condanna, aveva implicitamente escluso la tenuità del fatto. Questo giudizio implicito derivava dalla constatazione del “gravissimo ed elevato rischio per l’incolumità dei dipendenti”. La mancanza di protezioni adeguate su macchinari in uso al momento dell’accertamento integrava una situazione di pericolo concreto e non meramente astratto, incompatibile con il concetto di “particolare tenuità dell’offesa”.

La Cassazione ha inoltre richiamato un suo precedente orientamento (Sez. 5, n. 27202/2012), secondo cui il mancato esame di un motivo d’appello manifestamente infondato non costituisce causa di annullamento della sentenza. Poiché la richiesta di applicare l’art. 131 bis c.p. era palesemente infondata alla luce della gravità del rischio, la sua mancata trattazione esplicita non viziava la decisione d’appello.

In conseguenza dell’inammissibilità del ricorso e non ravvisando un’assenza di colpa nel proporlo, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di sicurezza sul lavoro. Il messaggio è chiaro: la tutela della vita e della salute dei lavoratori è un bene primario che non ammette compromessi. La causa di non punibilità non può trasformarsi in uno strumento per declassare violazioni che, pur non avendo causato un infortunio, hanno esposto i dipendenti a un pericolo significativo. Per gli imprenditori, ciò significa che l’adozione di tutte le misure di prevenzione e protezione non è solo un obbligo legale, ma un presupposto fondamentale la cui violazione, se fonte di rischio elevato, difficilmente potrà essere considerata di lieve entità.

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile ai reati in materia di sicurezza sul lavoro?
In linea teorica sì, ma la sentenza chiarisce che la sua applicazione è esclusa quando le violazioni creano un rischio “gravissimo ed elevato” per la sicurezza dei lavoratori. La valutazione della gravità del rischio è decisiva.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non riguardavano errori di diritto (vizi di legittimità), ma tentavano di ottenere una nuova valutazione dei fatti (giudizio di merito), attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati