Causa di non punibilità: perché i precedenti specifici sono decisivi?
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, è un tema di grande interesse pratico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento su quando questo beneficio non può essere concesso, sottolineando il peso determinante della condotta pregressa dell’imputato. Vediamo insieme i dettagli della vicenda.
I Fatti del Caso
Il caso analizzato riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con l’obbligo di soggiorno nel proprio comune di residenza. Tra le prescrizioni imposte, vi era il divieto di rincasare la sera dopo le ore 22:00 e di uscire dalla propria abitazione prima delle ore 6:00 del mattino. L’imputato violava tale prescrizione, venendo così condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 75 del d.lgs. 159/2011.
Il Ricorso in Cassazione e la Causa di non punibilità
L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. Nello specifico, sosteneva che i giudici di secondo grado non avessero adeguatamente spiegato le ragioni per cui era stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, la violazione commessa era di lieve entità e, pertanto, meritevole del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione chiara e specifica sul punto. La decisione di non applicare la causa di non punibilità non era arbitraria, ma si fondava su due elementi cruciali:
1. La reiterazione della condotta: Il comportamento illecito non era un episodio isolato.
2. Le condizioni soggettive dell’imputato: L’individuo era gravato da precedenti penali specifici per violazioni identiche.
Secondo la Suprema Corte, questi elementi dimostrano in modo documentale l’insussistenza delle condizioni per riconoscere la particolare tenuità del fatto. La ripetitività della violazione e i precedenti specifici indicano una tendenza a delinquere che è incompatibile con il giudizio di lieve entità richiesto dalla norma.
Conclusioni
La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non può limitarsi alla sola oggettività della singola condotta, ma deve necessariamente estendersi all’analisi della personalità e della storia criminale del soggetto. La presenza di precedenti specifici e la reiterazione del comportamento illecito diventano elementi ostativi insormontabili per l’applicazione della causa di non punibilità. La decisione, pertanto, conferma che il beneficio è riservato a violazioni realmente occasionali e commesse da soggetti che non mostrano una persistente inclinazione a violare la legge.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato e specifico il diniego della causa di non punibilità.
Quali elementi hanno impedito l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Due elementi sono stati decisivi: la reiterazione della condotta illecita e le condizioni soggettive dell’imputato, il quale aveva già precedenti penali specifici per violazioni identiche a quella contestata.
Cosa insegna questa ordinanza sulla valutazione della tenuità del fatto?
L’ordinanza chiarisce che la valutazione non deve essere limitata al singolo episodio, ma deve includere un’analisi complessiva della condotta dell’imputato. La presenza di precedenti specifici e la ripetitività del reato sono incompatibili con il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6340 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6340 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a ANDRIA il 19/10/1992
avverso la sentenza del 14/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale la Corte di appello di Bari ha confermato quella di primo grado con la quale NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, violava la prescrizione di non rincasare la sera dopo le ore 22.00 e non uscire dalla propria abitazione la mattina prima delle 6.00;
letto il motivo di ricorso con il quale è stato eccepito il vizio di motivazion sotto il profilo della sua mancanza in ordine alla causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.;
la censura è manifestamente infondata, posto che l’assenza delle condizioni che giustificano la ricorrenza della causa di non punibilità è stata motivata con riferimento specifico alla reiterazione della condotta e alle condizioni soggettive dell’imputato (gravato da precedenti specifici per identiche violazioni);
vi è, pertanto, documentale dimostrazione dell’insussistenza delle condizioni per riconoscere l’invocata causa di non punibilità;
considerato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2024