Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10410 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza emessa il 05/06/2023 dal TRIBUNALE di ROMA
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse.
sentito il difensore, AVV_NOTAIO del foro di Roma, che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 05/06/2023 il Tribunale di Roma, pronunciando in sede di rinvio a seguito di annullamento della Corte di cassazione, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Gip del Tribunale di Civitavecchia del 26/09/2022 di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione ai reati di cui all’art. 589, primo e qua comma cod. pen. (capo A) e all’art. 321 cod. pen. (capo C), previa riqualificazione dei fatti ascritti al capo C nel reato di cui all’art. 318 cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria – sintetizzata nella sentenza rescindente – il COGNOME, quale amministratore e gestore di cinque residenze per anziani ubicate
nel Comune di Fiumicino, avrebbe colposamente provocato il decesso di alcuni ospiti, omettendo sistematicamente di adottare le regole precauzionali per prevenire la diffusione del COVID 19 all’interno delle strutture e tenendo condotte imprudenti, quale, ad esempio, far lavorare dipendenti positivi al COVID 19, per effetto dei quali si sarebbe sviluppato all’interno delle strutture un “cluster pandemico con infezione di quasi tutti gli anziani, molti dei quali perivano tra la metà di gennaio e la metà di febbraio 2021.
Nel corso delle indagini relative a tale delitto, inizialmente iscritto come omicidio volontario, sono state autorizzate le intercettazioni telefoniche dalle quali sono emersi rapporti tra il COGNOME e NOME COGNOME, luogotenente della Guardia di Finanza, nell’ambito dei quali il primo prometteva o elargiva utilità economiche in favore del secondo, che si impegnava ad acquisire informazioni su eventuali indagini a carico del COGNOME o ad influire sui controlli sulle sue strutture tramite il luogotenente dei RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME. Le risultanze delle intercettazioni telefoniche avevano comportavano l’iscrizione nel registro degli indagati del COGNOME per i reati di cui agli artt. 319-quater e 319 cod. pen.
Con l’ordinanza annullata il Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del riesame, aveva confermato l’ordinanza cautelare previa riqualificazione per il COGNOME del reato ascritto al capo b nel reato di cui all’art. 318 cod. pen.
2.1. Il nuovo esame disposto dalla sentenza di annullamento – con riferimento ad entrambi gli indagati – si riferiva alla gravità del quadro indiziario e all qualificazione giuridica della condotta; in particolare, si censurava l’omessa analisi del rapporto tra gli atti oggetto del mercimonio – rientranti nelle competenze, ora dei N.A.S. dei RAGIONE_SOCIALE, ora della polizia giudiziaria investita delle indagini su COGNOME – e le competenze dell’ufficio del Di COGNOME, in servizio presso la Guardia di Finanza, richiamandosi a riguardo il consolidato orientamento di legittimità secondo cui il reato di corruzione rientra tra i reati propri funziona perché elemento necessario di tipicità del fatto è che l’atto o il comportamento oggetto del mercimonio rientrino nelle competenze o nella sfera di influenza dell’ufficio al quale appartiene il soggetto corrotto. E’ necessario cioè che l’atto o il comportamento siano espressione, diretta o indiretta, della pubblica funzione esercitata da quest’ultimo, con la conseguenza che non ricorre il delitto di corruzione passiva se l’intervento del pubblico ufficiale in esecuzione dell’accordo illecito non comporti l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio o n sia in qualche maniera a questi ricollegabile, e invece sia destinato a incidere nella sfera di attribuzioni di pubblici ufficiali terzi rispetto ai quali il soggetto agen assolutamente carente di potere funzionale.
L’accoglimento dei motivi sulla gravità indiziaria ha determinato anche l’assorbimento dell’esame del terzo motivo del ricorso a suo tempo proposto dal
COGNOME, relativo alle esigenze cautelari, in relazione al pericolo di reiterazione della condotta corruttiva.
Con l’ordinanza emessa in sede di rinvio, il Tribunale di Roma riconosceva che non era possibile, allo stato degli atti, individuare un atto contrario ai doveri di ufficio che il Di COGNOME aveva compiuto o si era impegnato a compiere in cambio delle utilità elargite dal COGNOME, affermando di conseguenza che la condotte poste in essere dagli indagati – quelle di cui capo C) unitamente a quelle di cui al capo B) – integrassero un unico stabile asservimento ad interessi personali di terzi, il quale, in mancanza di episodi di atti contrari ai doveri d’uffic configuravano un unico reato permanente previsto dall’art. 318 cod. pen.
Ribadiva altresì l’esistenza delle esigenze cautelari, dando atto che nel frattempo, con provvedimento del 23/03/2023 la misura degli arresti domiciliari era stata sostituita con quella meno afflittiva dell’obbligo di dimora.
Avverso l’ordinanza pronunciata in sede di rinvio propone nuovo ricorso per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale del COGNOME, sulla base di tre motivi:
violazione di legge (artt. 110, 318 e 321 cod. pen.) e vizio di motivazione circa la ritenuta sussistenza della fattispecie di cui all’art. 318 cod. pen. nonostante l’intervento del pubblico ufficiale, esecutivo dell’accordo illecito, non implicasse l’attivazione di poteri istituzionali propri del suo ufficio e non fosse in alcun modo a questo ricollegabile; inoltre, per l’omessa individuazione dell’utilità che i COGNOME avrebbe conseguito dal funzionario corrotto;
violazione di legge, con riferimento agli stessi articoli di legge, per mancanza di corrispondenza temporale fra la promessa di utilità e la presunta attivazione del pubblico ufficiale, con conseguente insussistenza dell’accordo corruttivo; inoltre, vizio di motivazione e travisamento della prova circa l’asserita disponibilità del COGNOME;
violazione di legge e vizio di motivazione per l’omesso esame della richiesta di assunzione della condotta in quella di cui all’art. 346-bis cod. pen., oggetto del secondo motivo di ricorso avverso l’ordinanza del riesame annullata.
È preliminare e assorbente la circostanza che il soggetto non è più sottoposto ad alcuna misura cautelare, a seguito della revoca, nelle more, in data 19/07/2023, dell’obbligo di dimora, da ultimo impostogli in sostituzione degli arresti domiciliari, come risulta dagli atti trasmessi dai RAGIONE_SOCIALE della stazione di Fiumicino.
Il ricorso per cassazione, avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare custodiale nelle more revocata, è ammissibile solo a condizione che il ricorrente coltivi l’impugnazione ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione e che egli abbia manifestato tale volontà nello stesso ricorso personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale, in quanto la domanda di riparazione è atto riservato personalmente alla parte, come si evince dal combinato disposto degli artt. 315, comma 3, e 645, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 48583 del 15/10/2019, Capristo, Rv. 277567); condizione che non sussiste nel caso di specie, con la conseguenza che il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse alla pronuncia di annullamento richiesta.
L’inammissibilità del gravame non determina, tuttavia, la soccombenza e la condanna alle spese, in quanto il venir meno dell’interesse alla decisione è correlato a cause sopravvenute alla presentazione dell’impugnazione (in termini, sez. 2, n. 4452 del 08/01/2019, Cristallo, Rv. 274736 – 01).
P.T.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse. Così deciso in Roma il giorno 20 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente