Inammissibilità per Carenza di Interesse: Quando il Processo si Ferma
Nel complesso mondo della giustizia penale, non sempre un ricorso arriva a una decisione sul merito delle questioni sollevate. A volte, eventi esterni modificano la situazione a tal punto da rendere inutile una pronuncia della Corte. È il caso analizzato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha dichiarato un ricorso inammissibile per carenza di interesse dopo la revoca della misura cautelare impugnata. Questo principio procedurale è fondamentale per garantire l’efficienza del sistema giudiziario, evitando decisioni su questioni ormai superate dai fatti.
Il Contesto del Ricorso: Misure Cautelari e Accuse
Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale della libertà che confermava l’applicazione degli arresti domiciliari a una donna anziana, incensurata, accusata di reati legati agli stupefacenti in concorso con la figlia. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione, sollevando tre questioni principali:
1. Vizio di motivazione: si contestava che i gravi indizi di colpevolezza fossero basati su elementi generici, come alcune conversazioni intercettate e un singolo fotogramma da una telecamera di sorveglianza.
2. Mancata riqualificazione del reato: si chiedeva di considerare l’ipotesi di reato meno grave, data la presunta modesta quantità di sostanza e il numero limitato di episodi contestati (due cessioni in tre mesi).
3. Insussistenza delle esigenze cautelari: si evidenziava come il rischio di reiterazione del reato fosse minimo, trattandosi di una persona di oltre settant’anni, senza precedenti penali e i cui contatti delittuosi erano limitati alla sola figlia coindagata.
La Svolta Processuale che Determina la Carenza di Interesse
Prima che la Corte di Cassazione potesse esaminare il ricorso, è intervenuto un fatto nuovo e decisivo. Il Giudice per le indagini preliminari di un altro Tribunale, competente per il procedimento principale, ha emesso un’ordinanza di revoca della misura cautelare. La motivazione di tale revoca era il venir meno delle esigenze cautelari che avevano originariamente giustificato gli arresti domiciliari.
Questo evento ha cambiato radicalmente il quadro processuale. La ricorrente, che aveva impugnato l’ordinanza per ottenere la propria liberazione, aveva di fatto già ottenuto tale risultato per altra via. Di conseguenza, una eventuale decisione della Cassazione, anche se favorevole, non le avrebbe arrecato alcun ulteriore vantaggio pratico.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, prendendo atto della revoca della misura, ha applicato un principio cardine del diritto processuale: l’interesse ad agire. Per poter ottenere una pronuncia da un giudice, una parte deve avere un interesse concreto e attuale a quella decisione. Se tale interesse viene meno nel corso del giudizio, il ricorso non può più essere esaminato nel merito.
Nel caso specifico, la Corte ha osservato che l’obiettivo del ricorso era la rimozione della misura degli arresti domiciliari. Poiché tale misura era già stata revocata dal GIP, l’interesse della ricorrente si era estinto. Proseguire nell’analisi dei motivi di ricorso sarebbe stato un esercizio puramente teorico, privo di effetti concreti sulla libertà personale dell’imputata. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile per “sopravvenuta carenza di interesse”.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce che l’interesse ad agire non è solo un presupposto per avviare un’azione legale, ma un requisito che deve persistere per tutta la durata del processo. La carenza di interesse sopravvenuta, come in questo caso, porta a una dichiarazione di inammissibilità che impedisce alla Corte di pronunciarsi sulle questioni di diritto sollevate. Se da un lato ciò può lasciare irrisolti i dubbi giuridici posti dalla difesa, dall’altro risponde a un principio di economia processuale, concentrando le risorse giudiziarie su casi in cui una decisione può ancora produrre effetti concreti per le parti coinvolte.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, prima della decisione della Corte di Cassazione, il giudice delle indagini preliminari aveva già revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari. Di conseguenza, la ricorrente non aveva più un interesse concreto e attuale a ottenere una pronuncia dalla Corte, essendo già stato raggiunto il suo obiettivo (la libertà).
Cosa significa “sopravvenuta carenza di interesse” in un processo?
Significa che l’interesse di una parte a ottenere una decisione giudiziaria, che esisteva al momento della presentazione del ricorso, è venuto meno a causa di eventi accaduti successivamente. Quando ciò accade, il procedimento non può proseguire perché una sentenza non produrrebbe più alcun effetto utile per chi l’ha richiesto.
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso originale, come la valutazione delle prove o le esigenze cautelari?
No. La dichiarazione di inammissibilità per sopravvenuta carenza di interesse è una decisione di carattere procedurale che impedisce al giudice di esaminare il merito della questione. Pertanto, la Corte non è entrata nel vivo dei motivi presentati dalla difesa, ma si è fermata alla constatazione che non vi era più interesse a una decisione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2246 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2246 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nata a Trenta il 31/08/1953 avverso l’ordinanza del 11/06/2024 del Tribunale della libertà di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata, il Tribunale di Catanzaro ha confermato la. applicazione della misura degli arresti domiciliari a NOME COGNOME per il reato ex artt. 81, comma 2, 61 n. 2, cod. peti. e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 descritto nelle imputazioni provvisorie (capi 399 e 400).
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento dell’ordinanza.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere fondato i gravi indizi di colpevolezza per i capi 399 e 400 delle imputazioni provvisorie sul contenuto generico di alcune conversazioni intercettate e su un fotogramma proveniente da una telecamera di sorveglianza.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nella mancata riqualificazione delle condotte ex ar . 73, comma 5 d.P.R. n. 309/1990, anche valutando che non è stata accertata la quantità della sostanza stupefacente detenuta e perché la ricorrente avrebbe partecipato, al più a due cessioni nell’arco di tre mesi.
Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel ravvisare le esigenze cautelari nel rischio di reiterazione della condotta da parte di una ultrasettantenne incensurata e che risulta avere avuto contatti delittuosi soltanto con la figlia coindagata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente rilevato che, come rappresentato dal difensore della ricorrente, il 21/08/2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno, il 2/08/2024, ha emesso ordinanza (acquisita agli atti) di revoca della misura della cautelare per il venir meno delle esigenze cautelari.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.