Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33756 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33756 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza emessa l’08/04/2025 dal Tribunale di sorveglianza di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’8 aprile 2025 il Tribunale di Sorveglianza di Trieste rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza di Udine il 15 maggio 2024, con cui era stata prorogata la misura di sicurezza della casa di lavoro per la durata di un anno, che scadeva il 24 giugno 2025.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, proponeva ricorso per cassazione, articolando due censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la decisione in esame dato esaustivo conto delle ragioni che inducevano a formulare un giudizio di attualità della pericolosità sociale di NOME COGNOME, che si riteneva espresso senza tenere conto degli elementi di novità acquisiti al fascicolo processuale, riconducibili alle propalazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, che imponevano di ritenere il Clan COGNOME –RAGIONE_SOCIALE, da cui proveniva il ricorrente non piø operativo.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per non avere la decisione in esame dato adeguato conto delle ragioni che imponevano l’applicazione della misura di sicurezza controversa a un soggetto sottoposto al regime detentivo speciale di cui all’art. 41bis legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.), la cui applicazione non risponderebbe ad alcuna delle finalità rieducative prescritte dall’art. 27, terzo comma, Cost.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Osserva il Collegio che la nozione di interesse a impugnare, così come prefigurata dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione dell’impugnazione proposta dall’interessato e quale requisito soggettivo del relativo diritto, deve essere individuata in una prospettiva utilitaristica, costituita da una finalità negativa, consistente nell’obiettivo di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, nonchØ da una finalità positiva, consistente nel conseguimento di un’utilità ossia di una decisione piø vantaggiosa rispetto a quella oggetto dell’impugnazione, a condizione che la stessa sia funzionalmente omogenea rispetto all’ordinamento giuridico vigente.
Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693 – 01, secondo cui: «Nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza – a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come conflitto di interessi contrapposti – ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione piø vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo» (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251693-01)».
Ne discende che il requisito dell’interesse a impugnare deve configurarsi in termini di concretezza e attualità, oltre che sussistere sia nel momento della proposizione del gravame sia in quello della sua decisione, perchØ questa possa avere un’effettiva incidenza sulla situazione giuridica devoluta alla verifica del giudice dell’impugnazione. Tale requisito, quindi, presuppone una valutazione della persistenza, al momento della decisione adottata, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità, in capo a NOME COGNOME, deve ritenersi sussistente all’atto della proposizione del ricorso per cassazione e non deve essere venuta meno per la mutata situazione di fatto o di diritto eventualmente intervenuta con riferimento alla posizione processuale del ricorrente, che veniva valutata da questa Corte all’udienza del 2 ottobre 2025 (tra le altre, Sez. 1, n. 8763 del 25/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269199 – 01; Sez. 1, n. 47882 del 14/11/2013, COGNOME, Rv. 257322 – 01).
Ricostruita in questi termini la nozione processuale di interesse a impugnare, deve rilevarsi che la proroga della misura di sicurezza della casa di lavoro per la durata di un anno, così come deliberata dal Magistrato di Sorveglianza di Udine il 15 maggio 2024, nei confronti di NOME COGNOME, scadeva il 24 giugno 2025.
Ne discende che al momento del vaglio della posizione detentiva del ricorrente, effettuato da questa Corte all’udienza del 2 ottobre 2025, la misura di sicurezza della casa di lavoro risultava scaduta dal 24 giugno 2025, con la conseguente, sopravvenuta, carenza di interesse dell’impugnazione proposta, che risulta connotata dall’inesistenza delle esigenze di attualità e di concreta utilità sottese al ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME