Carenza di Interesse: Quando un Ricorso Diventa Inutile?
Il principio della carenza di interesse è una colonna portante del nostro ordinamento processuale. Affinché un giudice possa pronunciarsi su una richiesta, è necessario che chi la avanza abbia un interesse concreto, attuale e personale a ottenere quella specifica decisione. Ma cosa succede se, mentre il processo è in corso, questo interesse viene meno? Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la sopravvenuta carenza di interesse possa portare alla dichiarazione di inammissibilità di un ricorso, anche quando le questioni sollevate erano originariamente fondate.
I Fatti del Caso
La vicenda riguarda un soggetto, dipendente di un istituto penitenziario, indagato per aver introdotto sostanze stupefacenti all’interno del carcere. A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) aveva disposto nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere. Contro tale provvedimento, l’indagato proponeva ricorso al Tribunale del Riesame, che tuttavia confermava la misura detentiva.
L’indagato, tramite il suo difensore, presentava quindi ricorso per Cassazione, contestando la scelta della misura di massimo rigore. La difesa sosteneva che gli arresti domiciliari con controllo a distanza sarebbero stati più adeguati, tenuto conto di diversi fattori: l’assenza di precedenti penali, l’età prossima alla pensione, la collaborazione mostrata durante l’interrogatorio (rivelando i nomi di due colleghi coinvolti) e un evidente atteggiamento di resipiscenza.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ruolo della Carenza di Interesse
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle argomentazioni difensive, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale decisione non risiede in un errore del ricorrente o nell’infondatezza dei suoi motivi, bensì in un evento accaduto dopo la presentazione del ricorso stesso.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte si fonda interamente sulla sopravvenuta carenza di interesse. Dalla documentazione acquisita, è emerso che, nelle more del giudizio di cassazione, il Tribunale di Napoli aveva emesso la sentenza di primo grado condannando l’imputato. In tale sede, lo stesso Tribunale aveva provveduto a sostituire la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Di conseguenza, l’obiettivo principale del ricorso in Cassazione – ovvero ottenere la sostituzione della detenzione in carcere con la misura domiciliare – era già stato raggiunto per altra via. L’interesse concreto e attuale del ricorrente a ottenere una pronuncia dalla Cassazione sullo stesso punto era venuto meno. Poiché la richiesta era stata soddisfatta, il ricorso è diventato privo di scopo, determinandone l’inammissibilità. La Corte ha quindi condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali, non ravvisando una sua colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: l’interesse ad agire e a impugnare deve sussistere non solo al momento della presentazione del ricorso, ma per tutta la durata del giudizio. Se un evento esterno, come una sentenza di primo grado, soddisfa la pretesa dell’appellante, il processo su quel punto specifico si estingue per mancanza del suo presupposto fondamentale. Per i difensori, ciò significa monitorare costantemente l’evoluzione del procedimento principale, poiché un esito favorevole in un’altra sede può rendere inutili e dispendiose le impugnazioni pendenti su questioni cautelari.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, poiché l’obiettivo del ricorrente (ottenere gli arresti domiciliari al posto della custodia in carcere) era già stato raggiunto con la sentenza di primo grado, che aveva sostituito la misura cautelare.
Cos’è la sopravvenuta carenza di interesse?
È una situazione processuale che si verifica quando, dopo la presentazione del ricorso, un evento esterno soddisfa la richiesta dell’appellante, rendendo di fatto inutile una decisione del giudice su quel punto. L’interesse a ottenere la pronuncia deve essere concreto e attuale per tutta la durata del processo.
Il ricorrente deve comunque pagare le spese del procedimento?
Sì, la Corte ha stabilito che, nonostante l’inammissibilità sia dovuta a un evento sopravvenuto, le spese del procedimento restano a carico del ricorrente.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15491 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 21-03-1965, avverso l’ordinanza del 22-07-2024 del Tribunale di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persidna del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 luglio 2024, il Tribunale del Riesame di Napoli confermava l’ordinanza del 5 luglio 2024, con cui il G.I.P. del Tribunale di Napoli aveva applicato la misura della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME gravemente indiziato del reato di cui agli art. 73-80 del d.P.R. n. 309 del 1990, accertato in Napoli in data 2 luglio 2024.
Avverso l’ordinanza del Tribunale partenopeo, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi esposti congiuntamente, con i quali la difesa contesta la valutazione sulla scelta della misura cautelare, premettendo che il ruolo ricoperto nella vicenda dall’indagato risulta strettamente connesso all’attività lavorativa svolta all’intern del carcere che gli ha consentito di introdurvi un quantitativo di hashish destinato evidentemente ai detenuti; dunque, proprio in ragione di tale funzione, ben poteva ritenersi adeguata la misura degli arresti domiciliari presidiata da strumenti di controllo a distanza, e ciò anche in considerazione della condizione di incensurato dell’indagato, della sua età prossima al pensionamento, oltre che della resipiscenza manifestata nel corso dell’interrogatorio da COGNOME, essendosi manifestato l’atteggiamento collaborativo con la rivelazione dei nomi di due colleghi coinvolti nello stesso traffico illecito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Dalla documentazione proveniente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Servizio Informatico Penitenziario, risulta che, con sentenza resa il 2 dicembre 2024, il Tribunale di Napoli, nel condannare COGNOME alla pena di anni 2, mesi 8 di reclusione ed euro 10.000 di multa, ha sostituito la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, per cui è venuto meno l’interesse a ricorrere di COGNOME, posto che le censure difensive avevano ad oggetto proprio la mancata applicazione, da parte del Tribunale del Riesame, della misura custodiale domestica in luogo di quella di massimo rigore.
Ne consegue che il ricorso proposto nell’interesse di Zuzolo va dichiarato inammissibile, con onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone infine che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 03/12/2024