Ricorso Inammissibile per Carenza di Interesse: Quando le Spese non sono Dovute
Nel processo penale, l’interesse a ricorrere è un presupposto fondamentale per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione. Ma cosa accade quando questo interesse viene a mancare dopo che il ricorso è già stato presentato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta proprio il tema della carenza di interesse sopravvenuta, chiarendo un aspetto cruciale relativo alla condanna alle spese processuali.
I Fatti del Caso: Dall’Impugnazione alla Rinuncia
Il caso esaminato riguarda un individuo sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per reati associativi e di trasferimento fraudolento di valori. Il Tribunale del riesame aveva confermato la misura, pur escludendo un’aggravante. L’indagato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazioni di legge.
Tuttavia, durante la pendenza del ricorso, il difensore ha trasmesso una dichiarazione di rinuncia all’impugnazione. La ragione di tale rinuncia risiedeva nella sopravvenuta carenza di interesse, poiché la misura cautelare applicata al suo assistito era nel frattempo cessata per effetto di un’ordinanza del G.i.p. emessa in data successiva alla presentazione del ricorso stesso.
La Decisione della Corte: la Carenza di Interesse Sopravvenuta
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La cessazione della misura cautelare ha, di fatto, eliminato il pregiudizio che il ricorrente intendeva rimuovere con l’impugnazione, facendo così venir meno il suo interesse concreto e attuale a una pronuncia nel merito.
Questo principio è sancito dall’art. 591, comma 1 lett. D) del codice di procedura penale, che individua tra le cause di inammissibilità proprio la carenza di interesse dell’impugnante. L’interesse, infatti, deve sussistere non solo al momento della proposizione del gravame, ma per tutta la durata del procedimento.
Le Spese Processuali: una Distinzione Fondamentale
L’aspetto più significativo della pronuncia riguarda la decisione sulle spese processuali. Di norma, la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso comporta la condanna del proponente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. In questo caso, però, la Corte ha derogato a tale regola.
Il Collegio ha stabilito che non si dovesse disporre la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, poiché la sopravvenuta carenza di interesse a coltivare il ricorso derivava da una causa a lui non imputabile. L’evento che ha reso inutile il ricorso, ovvero l’ordinanza del G.i.p. che ha revocato la misura cautelare, è intervenuto dopo che l’impugnazione era stata legittimamente proposta.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di equità e su una precisa interpretazione della legge, supportata da precedenti giurisprudenziali. La Corte ha osservato che la rinuncia all’impugnazione è stata una conseguenza diretta e inevitabile di un evento favorevole al ricorrente, ma non da lui determinato. L’interesse a ricorrere era pienamente sussistente al momento della presentazione dell’atto, ed è venuto meno solo in seguito a una decisione del giudice emessa successivamente. Imporre al ricorrente l’onere delle spese sarebbe stato ingiusto, poiché la causa dell’inammissibilità non poteva essere attribuita a una sua negligenza o a un’iniziativa processuale infondata sin dall’origine.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un importante principio di diritto processuale: la condanna alle spese in caso di inammissibilità non è automatica. È necessario valutare la causa che ha portato alla carenza di interesse. Se tale causa non è imputabile al ricorrente, ma deriva da eventi successivi e indipendenti dalla sua volontà, come un provvedimento favorevole del giudice, non vi è luogo a condanna. Questa decisione tutela il diritto di difesa, evitando di penalizzare chi, pur avendo validi motivi per impugnare un provvedimento, vede la propria situazione modificarsi favorevolmente nel corso del giudizio.
Cosa succede se, dopo aver presentato un ricorso, viene a mancare l’interesse a proseguirlo?
Secondo la sentenza, se l’interesse a ottenere una decisione viene meno (ad esempio, perché la misura cautelare contestata è stata revocata), il ricorso viene dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, ai sensi dell’art. 591 del codice di procedura penale.
In caso di inammissibilità per carenza di interesse sopravvenuta, il ricorrente deve sempre pagare le spese processuali?
No. La sentenza chiarisce che il ricorrente non è condannato al pagamento delle spese processuali se la carenza di interesse deriva da una causa a lui non imputabile. Nel caso di specie, la revoca della misura cautelare è avvenuta dopo la proposizione del ricorso, rendendo la causa dell’inammissibilità non attribuibile al ricorrente.
Quale evento specifico ha determinato la carenza di interesse in questo caso?
La carenza di interesse è stata determinata dalla cessazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, disposta con un’ordinanza del G.i.p. emessa il 9 giugno 2025, ovvero dopo che il ricorso per cassazione era già stato presentato.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30532 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30532 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CURINGA il 24/01/1954
avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG CINZIA PARASPORO che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per rinuncia.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato , previa esclusione dell’aggravante ex art. 416bis. 1 cod. pen., l’ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME siccome gravemente indiziato dei delitti di cui ai capi 17 (art. 416 cod. pen.) e 22 ( art. 512bis cod. pen.).
Il ricorso per cassazione per il tramite del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME è affidato a quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizi della motivazione in ordine all’ec cezione di nullità per violazione dell’art. 292 co. 3 -bis cod. proc. pen.
2.2. Erronea applicazione dell’art. 416 cod. pen. e correlati vizi della motivazione quanto al coinvolgimento del ricorrente nell’associazione di cui al capo 17.
2.3. Vizi della motivazione in relazione alla condotta concorsuale nel delitto di cui al capo 22.
2.4. Violazione di legge processuale e correlati vizi della motivazione in relazione alle esigenze cautelari.
Successivamente, il difensore ha trasmesso dichiarazione di rinuncia all’impugnazione per carenza di interesse, essendo venuta meno la misura custodiale applicata all’indagato.
4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
E’ in effetti sopravvenuta la carenza di interesse a ricorrere, constando, per quanto rappresentato dal difensore di fiducia del ricorrente, che, in data 9 giugno 2025, è cessata la misura cautelare applicata al ricorrente.
In ragione dell’intervenuta carenza di interesse al ricorso, sussiste una causa d’inammissibilità sopravvenuta ai sensi dell’art. 591, comma 1 lett. D) cod.proc.pen..
Non deve disporsi la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende poiché la sopravvenuta carenza di interesse a coltivarlo deriva da una causa a lui non imputabile (Sez. 5, n. 23636 del 21/03/2018, Horvat, Rv. 273325 -01), dato che l’ordinanza del G.i.p. è stata emessa dopo la proposizione del ricorso (in data 09 giugno 2025).
P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, 11 luglio 2025