Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3664 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3664 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
Dl NOME COGNOME nato a COGNOME il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza emessa il 23/03/2023 dal Tribunale del riesame di COGNOME;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udito l’AVV_NOTAIO che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con i’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di COGNOME, in parziale accoglimento della richiesta di riesame nell’interesse di ignazio COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di COGNOME del 13 febbraio 2023, che applicava al predetto la misura degli arresti domiciliari:
-riqualificava i fatti di corruzione a lui ascritti ai cani 27), 84), 101) e 1 della incolpazione provvisoria ai sensi dell’art. 318 cod. pen.;
-annullava l’ordinanza con riferimento ai capi di incolpazione 28), 29), 85), 86), 102), 103), 160) e 161), relativi ai reati di falso ideologico e di accesso abusivo a un sistema informatico.
Si contesta all’indagato, titolare di una agenzia di pratiche automobilistiche, di avere, quale concorrente moraie, in tre occasioni, tramite COGNOME NOME, consegnato a COGNOME NOME, pubblico ufficiale in servizio presso l’ufficio della Motorizzazione Civile di COGNOME una somma di denaro di importo non meglio individuato, per il compimento, da parte di questo ultimo, di atti dell’uffici consistenti nella nazionalizzazione di autocarri per trasporto cose di provenienza estera; in una occasione, invece, di avere consegnato ad altro pubblico ufficiale della motorizzazione civile di COGNOME, COGNOME NOME, con l’intermediazione di COGNOME NOME, una somma non meglio individuata per il compimento dei medesimi atti dell’ufficio.
Il compendio indiziario è costituito dall’esito di attività di intercettazione, videoriprese e di osservazione, nonché dalle verifiche dei dati estrapolati dai sistemi informatici in uso negli uffici della Motorizzazione Civile.
Avverso l’ordinanza, ricorre per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di corruzione per atto d’ufficio e in relazione agli artt. 9 del d. Igs. 216/2017 e 13 del d.l. 152/1991, con riferimento alle corruzioni di cui ai capi 27), 84) e 101). Gli elementi indiziari fondano esclusivamente sugli esiti delle captazioni ambientali e telematiche estrapolate dallo smartphone in uso alla coindagata COGNOME NOME, giusto decreto autorizzativo 1915/2020 emesso in o’ia d’urgenza il 17 settembre 2020 dalla Procura di COGNOME.
Il Pubblico ministero ha disposto tali captazioni, ritenuta l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 13 d.l. 152/91 in combinato disposto con l’art. 6 del d. Ig 216/2017, nonché degli artt. 266, commi 2 e 2-bis cod. proc. pen. È stato violato il disposto normativo degli artt. 266 e seguenti del codice di procedura penale vigente al momento in cui il decreto autorizzativo è stato adottato, con conseguente giudizio di inutilizzabilità degli esiti delle captazioni.
In particolare, la nuova disciplina normativa, regolatrice delle operazioni di captazione ambientale e telematica mediante inoculazione del “virus trojan”, introdotta dal d. igs. 216/2017, che ha modificato il disposto degli artt. 266 e 267 cod. proc. pen., è applicabile ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020 (ipotesi non ricorrente nel caso di specie, essendo il procedimento stato iscritto diverso tempo prima).
L’art. 13 dl. 152/91 è norma speciale e, pertanto, non è possibile la sua applicazione analogica e l’interpretazione estensiva in malatn partem. Lo stesso, quindi, non consente al Pubblico ministero di non indicare, nel decreto autorizzativo, in quale luogo o tipologia di luogo le captazioni telematiche potranno essere svolte.
2.2. Illegittimità costituzionale degli artt. 266, commi 2 e 2-bis, 271 cod. proc. pen. e 13 dl. 152/91, per violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 14 e 15 Cost.
L’art. 266, comma 2, cod. proc. pen. GLYPH provoca un indiscriminato sbilanciamento tra diritto alla sicurezza pubblica da un lato, e i diritti al inviolabilità del domicilio, alla privacy, alla riservatezza delle comunicazioni, dall’altro.
Tale sbilanciamento non risulta, neppure,, proporzionale alla gravità dei reati del nostro codice, così determinando la violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Alla luce delle già indicate considerazioni, si chiede che questa Corte dichiari non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 2, 3, 14 e 15 della Costituzione, degli artt. 266, commi 2 e 2-bis, 271 cod. proc. pen., 13 d.l. 152/91, nella parte in cui non prevedono l’obbligo per il giudice, nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati contro la pubblica amministrazione, di precisare, nel decreto autorizzativo di intercettazione tra presenti, con il metodo del captatore informatico, su un dispositivo elettronico portatile, il luogo o la tipologia di luogo di privata dimora ove dette captazioni possono essere effettuate.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di concorso in corruzione.
Ai fini della valutazione della gravità indiziaria per le tre ipotesi di corruzion di COGNOME NOME, il RAGIONE_SOCIALE della cautela ha affermato, in maniera apodittica, che il funzionario della motorizzazione civile di COGNOME aveva ricevuto somme di denaro dalla RAGIONE_SOCIALE, per conto del COGNOME, in relazione alla lavorazione di alcune pratiche amministrative del tutto regolari.
Il Tribunale del riesame non ha indicato gli indizi, sulla base dei quali potere ritenere sussistente la dazione di denaro.
La regolarità amministrativa delle pratiche di nazionalizzazione dei veicoli di provenienza estera rende irragionevole l’interesse dell’odierno ricorrente a corrompere il pubblico ufficiale.
E’ illogico l’assunto motivazionale secondo il quale «nel consegnare denaro, la COGNOME, pur limitando al minimo le battute di dialogo, faceva espresso riferimento
a NOME (nome dell’odierno ricorrente) e usava talvolta l’appellativo “mio marito”, stante l’omonimia tra il ricorrente e il coniuge dell’indagata». Dalla certificazione del Comune di COGNOME si evince, peraltro, che il marito della donna non si chiamava NOME bensì NOME.
Altrettanto illogico, risulta il postulato argomentativo dei giudici del riesame secondo il quale «la mattina del 18 dicembre 2020 (capo 101), quindi prima di vedere COGNOME, la COGNOME incontrava l’odierno ricorrente intorno alle 12.41, davanti all’ingresso della motorizzazione civile».
La lacunosità della motivazione emerge dalla mancata indicazione di captazioni di conversazioni tra i due, nel corso di quell’inconl:ro, dimostrative di eventuali consegne di denaro dal primo alla seconda, tenuto conto che quest’ultima aveva con sé lo smartphone sul quale era stato inoculato il “virus trojan”, che, se ci fossero stati, avrebbe rilevato i dialoghi tra i due indagati questione.
Con specifico riguardo al reato contestato al capo 159), la motivazione è manifestamente illogica e carente nella parte in cui sostiene che «il 18 settembre 2020, dopo avere lavorato quattro pratiche per l’agenzia RAGIONE_SOCIALE, COGNOME riceveva dal collega e coindagato COGNOME una busta; questi precisava di averla ricevuta, a sua volta da NOME, e non rispondeva alla domanda di COGNOME su cosa fosse». Ad avviso del RAGIONE_SOCIALE, la reticenza serbata da COGNOME, lungi dal valere a inficiare la ricostruzione accusatoria, risultava’ piuttosto, indicativa della necessità di evitare qualsiasi esplicito riferimento al denaro contenuto nella busta e, ancor più, alla causa del pagamento. Anche in questo caso, il Tribunale del riesame non ha indicato alcun indizio dimostrativo del fatto che la busta consegnata da COGNOME a COGNOME contenesse denaro proveniente dall’attuale ricorrente e destinato al perfezionamento del reato di corruzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Quanto al primo motivo, deve, preliminarmente, osservarsi che il captatore informatico (cd. trojan horse) è utilizzabile per le indagini relative ai reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione a partire dal 26 gennaio 2018, data di entrata in vigore del decreto 216/2017: l’art. 6, la cui vigenza non è stata mai differita, ha infatti esteso ai delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., punit pena non inferiore nel massimo a cinque anni di reclusione, l’applicabilità dell’art. 13 di. 152 del 1991, convertito dalla legge 203 del 1991, così da legittimare l’utilizzo del captatore informatico alla stregua dell’analisi condotta alla luce de
citato art. 13 per i reati di criminalità organizzata (Sez. U, n. 26889 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266905); l’originaria limitazione contenuta nel secondo comma dell’art. 6, relativa alla necessità di dar conto dello svolgimento di attività criminosa in luoghi di privata dimora, era stata eliminata dall’ari:. 1, comma 3 legge 3 di 2019, così da realizzare una piena equiparazione ai reati di criminalità organizzata, prima dell’entrata in vigore a regime delle nuove disposizioni in materia di intercettazioni, differita con riguardo ai procedimenti iscritti dopo il 3 agosto 2020;
Viceversa, per le medesime intercettazioni non valgono le previsioni dell’art. 267, comma 1, cod. proc. pen,- aventi ad oggetto l’obbligo di indicare, nel decreto che dispone l’intercettazione, i luoghi e il tempo, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono – che non riguarda i procedimenti penali iscritti prima del 31 agosto 2020, per i quali, come rilevato, opera la riforma a regime.
2.2. Pertanto, in conclusione sul punto, nel caso in oggetto il Pubblico ministero non era gravato dell’onere di indicare i luoghi e il tempo, in relazione ai quali era richiesta l’attivazione del microfono.
Deve aggiungersi che, comunque, la cloglianza è priva di specificità in mancanza della necessaria puntuale dimostrazione del grado di influenza che le
operazioni a mezzo di captatore informatico avevano vuto sul giudizio di gravità indiziaria riferito alle varie contestazioni. Va in proposito ribadito il princi secondo il quale «in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità de ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì, la incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato» (Sez. U. n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 24341.6).
1 Il secondo motivo è manifestamente infondato.
L’obbligo di indicare nel decreto autorizzativo i luoghi dove avverrà l’intercettazione con il captatore informatico è stato previsto dalla novella del 2017, come modificata, ed è stato inserito nel testo dell’art. 267 cod. proc. pen. per i reati diversi da quelli di criminalità organizzata e contro la P.A.
Per questi ultimi reati, la novella, che trova applicazione, come già detto, solo per i procedimenti iscritti successivamente ad agosto 2020, ha previsto unicamente l’obbligo di indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità per lo svolgimento delle indagini.
La circostanza che, nei reati contro la Pubblica Amministrazione, non era e non è previsto che il decreto autorizzativo indichi il luogo ove avverrà l’intercettazione con il captatore informatico è diretta conseguenza del fatto che le intercettazioni di comunicazioni sono un mezzo di ricerca della prova funzionale al soddisfacimento dell’interesse pubblico all’accertamento di gravi delitti, tutelato dal principio dell’obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost., con quale il principio di inviolabilità del domicilio previsto dall’art. 14 Cost. e quello segretezza della corrispondenza e di qualsiasi forma di comunicazione previsto dall’art. 15 Cost. devono coordinarsi, subendo la necessaria compressione (Sez. 2, n. 21644 del 18/02/2013, COGNOME, Rv. 255541; Sez. 1, n. 38716 del 02/10/2007, COGNOME, Rv. 238108; Sez. 4 n. 47331 del 28/09/2005, COGNOME, Rv. 232777; Sez. 6, n. 4397 del 10/11/1997, COGNOME, Rv. 210062).
Neanche la giurisprudenza della Corte EDU impone l’indicazione del luogo nel decreto autorizzativo delle intercettazioni tra presenti, giacché «le garanzie minime che la legge nazionale deve apprestare nella materia delle intercettazioni riguardano la predeterminazione della tipologia delle comunicazioni oggetto di intercettazione, la ricognizione dei reati che giustificano tale mezzo di intrusione nella privacy, l’attribuzione ad un organo indipendente della competenza ad autorizzare le intercettazioni con la previsione del controllo del giudice, la definizione delle categorie di persone che possono essere interessate, i limiti di durata delle intercettazioni, la procedura da osservare per l’esame, l’utilizzazione
e la conservazione dei risultati ottenuti, la individuazione dei casi in cui l registrazioni devono essere distrutte (cfr., Corte EDU, 31/05/2005, COGNOME c. Francia; Corte EDU, 18/05/2010, COGNOME c. Regno Unito).
Non ricorrono dunque i presupposti per rivisitare la valutazione già formulata dalle Sezioni Unite nella citata sentenza COGNOME con riguardo alla legittimità delle operazioni di intercettazione a mezzo di captatore informativo,
Peraltro, deve osservarsi che la questione di illegittimità costituzionale delle norme sopra indicate, con riferimento alle intercettazioni con tale mezzo, disposte nei luoghi di privata dimora, è irrilevante nel caso di specie, non essendo stata effettuata alcuna intercettazione nei predetti luoghi e comunque non essendosi dato conto di tale specifico profilo.
In tema di intercettazioni ambientali, l’abitacolo di un autoveicolo non può essere considerato luogo di privata dimora, essendo sfornito dei conforti minimi necessari per potervi risiedere stabilmente per un apprezzabile lasso di tempo.
Pertanto, in relazione all’autovettura dove si incontravano COGNOME e COGNOME, non può trovare applicazione il disposto di cui all’art. 266, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 23819 del 30/01/2019, NOME, Rv. 275994 – 01).
La questione di incostituzionalità prospettata dalla difesa, in conclusione, appare in larga misura irrilevante e comunque nel suo complesso manifestamente infondata,
4. Il terzo motivo è infondato.
Il RAGIONE_SOCIALE del riesame ha dato puntuale e logica contezza degli elementi indiziari sui quali si fonda il provvedimento cautelare, in tale prospettiva inquadrando sia gli esiti delle intercettazioni che avevano permesso di registrare la consegna a COGNOME di denaro da parte della COGNOME, con COGNOME COGNOME, in sostanza, nel ricevere il denaro, riconosceva che lo stesso gli veniva consegnato per l’attività svolta su richiesta della agenzia del COGNOME, sia gli ulteriori elementi correlat alle occasioni (vedi capi 84 e 101 di incolpazione) in cui la polizia giudiziaria aveva proceduto a un servizio di osservazione presso i luoghi dove COGNOME e COGNOME si incontravano ogni mercoledì, durante la pausa pranzo, accertando l’effettiva consegna di buste, contenenti denaro, dalla COGNOME, la quale indicava nominativamente coloro – e, fra questi, vi era COGNOME – che lo avevano versato, affinché COGNOME esaminasse le pratiche alle quali erano interessati.
Come correttamente evidenziato dal RAGIONE_SOCIALE del riesame, decisivo rilievo assumeva, infine, la circostanza che la successiva attività di indagine permetteva di verificare che, effettivamente, COGNOME aveva trattato le pratiche per conto delle agenzie richiedenti, e, in particolare, del COGNOME, a ridosso della monitorata consegna di denaro.
Il Tribunale del riesame si è soffermato, infine, sulle analoghe modalità corruttive che attengono alla contestazione di cui al capo 159); anche in questo caso le attività di osservazione, le intercettazioni ambientali e i riscontr documentali, permettevano di accertare la consegna di denaro al pubblico ufficiale COGNOME NOME da parte dell’intermediario COGNOME NOMENOME il quale lo aveva ricevuto da COGNOME, per conto del quale COGNOME, proprio quel giorno, aveva definito delle pratiche.
Da tanto il RAGIONE_SOCIALE del riesame ha arguito, con un procedimento logico invero, contestato in termini molto generici, nel quale non si è ravvisabile alcun vizio di manifesta illogicità, come l’odierno ricorrente dovesse essere considerato, a livello indiziario, responsabile dei reati in argomento.
Alla luce delle valutazioni innanzi esposte, risultano infondate le censure versate in termini di violazione di legge.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il Con GLYPH stensore GLYPH
Il Presidente