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Captatore informatico e corruzione: quando è legale?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’uso del captatore informatico (trojan) in un’indagine per corruzione avviata prima del 31 agosto 2020. La sentenza chiarisce che la normativa speciale per i reati contro la Pubblica Amministrazione, in vigore dal 2018, non richiedeva la specificazione dei luoghi di intercettazione, equiparando tali reati a quelli di criminalità organizzata. Il ricorso dell’indagato, basato sull’inutilizzabilità delle intercettazioni, è stato rigettato.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Captatore informatico e corruzione: la Cassazione ne conferma la legittimità

L’uso del captatore informatico, comunemente noto come ‘trojan’, nelle indagini sui reati contro la Pubblica Amministrazione rappresenta uno degli strumenti investigativi più potenti e controversi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sulla sua applicabilità, respingendo le censure di un indagato per corruzione e confermando la piena legittimità delle intercettazioni effettuate tramite questo strumento, anche secondo la normativa previgente alla riforma del 2020.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine per corruzione a carico del titolare di un’agenzia di pratiche automobilistiche. L’indagato era accusato di aver corrotto, in più occasioni, alcuni funzionari pubblici della Motorizzazione Civile locale per accelerare e facilitare pratiche di nazionalizzazione di autocarri provenienti dall’estero. I pagamenti sarebbero avvenuti tramite un’intermediaria, che consegnava somme di denaro ai pubblici ufficiali.

Le prove a carico dell’indagato erano state raccolte principalmente attraverso un’articolata attività investigativa che includeva intercettazioni ambientali e telematiche, rese possibili dall’installazione di un captatore informatico sullo smartphone dell’intermediaria. A seguito delle indagini, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la misura degli arresti domiciliari per l’indagato. Il Tribunale del riesame, pur riqualificando alcuni capi d’imputazione e annullandone altri, aveva confermato la gravità indiziaria per i reati di corruzione.

Le censure sull’uso del captatore informatico

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, basando le proprie argomentazioni su tre motivi principali:

1. Violazione della legge processuale: Secondo il ricorrente, le intercettazioni erano inutilizzabili perché il procedimento penale era stato iscritto prima del 31 agosto 2020, data di entrata in vigore della nuova disciplina sulle intercettazioni. Si sosteneva quindi che non potesse trovare applicazione la normativa che consente l’uso del captatore informatico in modo esteso per i reati contro la Pubblica Amministrazione.
2. Illegittimità costituzionale: La difesa ha sollevato dubbi sulla costituzionalità delle norme che regolano l’uso del trojan (artt. 266 e ss. c.p.p. e art. 13 d.l. 152/91), poiché non prevedono l’obbligo per il giudice di indicare specificamente i luoghi di privata dimora dove le captazioni possono avvenire. Questo, a detta del ricorrente, creerebbe uno sbilanciamento a sfavore dei diritti fondamentali alla privacy e all’inviolabilità del domicilio.
3. Vizio di motivazione: Infine, si contestava la carenza di prove sufficienti a dimostrare l’effettiva dazione di denaro e l’interesse dell’indagato a corrompere i funzionari, data la regolarità formale delle pratiche amministrative trattate.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. La decisione si fonda su un’attenta analisi della successione delle leggi nel tempo in materia di intercettazioni.

In primo luogo, i giudici hanno chiarito che l’uso del captatore informatico per i reati dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione (puniti con pena non inferiore a cinque anni) è stato legittimato a partire dal 26 gennaio 2018, data di entrata in vigore del d.lgs. 216/2017. Tale normativa ha esteso a questi reati la disciplina più stringente prevista per la criminalità organizzata, che non imponeva al Pubblico Ministero l’onere di specificare i luoghi e i tempi dell’attivazione del microfono. La successiva riforma, entrata in vigore a regime solo per i procedimenti iscritti dopo il 31 agosto 2020, ha introdotto requisiti più stringenti, ma non era applicabile al caso di specie.

Per quanto riguarda la questione di legittimità costituzionale, la Corte ha ribadito che la normativa realizza un bilanciamento ragionevole tra l’interesse pubblico all’accertamento di gravi delitti e la tutela dei diritti alla privacy e all’inviolabilità del domicilio. Inoltre, nel caso specifico, la questione è stata giudicata irrilevante, poiché nessuna intercettazione era avvenuta in un luogo di privata dimora. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: l’abitacolo di un’autovettura non può essere considerato luogo di privata dimora, in quanto sfornito dei conforti minimi per una permanenza stabile.

Infine, la Cassazione ha ritenuto adeguata e logica la motivazione del Tribunale del riesame sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Gli esiti delle intercettazioni, uniti ai servizi di osservazione della polizia giudiziaria che avevano documentato la consegna di buste contenenti denaro, e ai successivi riscontri documentali sulle pratiche trattate, costituivano un compendio indiziario solido e coerente.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale sull’uso del captatore informatico. Si conferma che, per i procedimenti relativi a gravi reati contro la Pubblica Amministrazione iniziati tra il gennaio 2018 e l’agosto 2020, le intercettazioni tramite trojan sono pienamente legittime anche senza la preventiva indicazione dei luoghi, in virtù dell’equiparazione alla disciplina prevista per la criminalità organizzata. Questa pronuncia ribadisce la volontà del legislatore e della giurisprudenza di dotare gli inquirenti di strumenti efficaci per contrastare fenomeni corruttivi, pur nel rispetto dei principi costituzionali.

È legittimo utilizzare un captatore informatico (trojan) in un procedimento per corruzione iniziato prima del 31 agosto 2020?
Sì. Secondo la Corte, la normativa introdotta dal d.lgs. 216/2017, in vigore dal 26 gennaio 2018, ha esteso ai gravi reati contro la Pubblica Amministrazione la disciplina delle intercettazioni prevista per la criminalità organizzata, rendendo legittimo l’uso del captatore informatico anche per i procedimenti iscritti prima della riforma del 2020.

L’abitacolo di un’autovettura è considerato un luogo di privata dimora ai fini delle intercettazioni?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che l’abitacolo di un autoveicolo non è qualificabile come luogo di privata dimora, poiché non possiede i conforti minimi necessari per consentire una residenza stabile. Pertanto, non si applicano le tutele rafforzate previste per le intercettazioni in tali luoghi.

È sempre necessario che il decreto autorizzativo per un captatore informatico indichi i luoghi e i tempi delle intercettazioni?
No, non sempre. Per i reati di criminalità organizzata e per i gravi reati contro la Pubblica Amministrazione nei procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020, non era previsto l’obbligo di indicare nel decreto i luoghi e i tempi specifici per l’attivazione del microfono, a differenza di quanto previsto dalla disciplina ordinaria e dalla riforma successiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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