Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30082 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30082 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SESTA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME NOME
COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
1.Con il provvedimento impugnato il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Imperia ha respinto la richiesta formulata dal difensore della costituenda parte civile NOME (moglie dell’imputato) e finalizzata ad ottenere la riformulazione del capo di imputazione relativo al reato di cui all’art. 572 commi 1 e 2 cod. pen, che non comprendeva quale persona offesa NOME, ma soltanto la figlia
XXXXXXXXXXXX.
Tale provvedimento Ł fondato sulla considerazione che non sussistevano i presupposti per una modifica del capo di imputazione alla quale, peraltro, il Pubblico ministero non aveva dato disponibilità ritenendo pienamente coerente la richiesta di rinvio a giudizio con le risultanze degli atti di indagine e altresì in coerenza sostanziale con la richiesta di custodia cautelare illo tempore formulata».
Nel provvedimento si aggiunge, altresì, che «dato per scontato che il Pubblico ministero Ł arbitro delle scelte in ordine alle modalità di esercizio della azione penale, questo giudice rileva che, in ogni caso, l’indicazione di vari soggetti quali destinatari di un divieto di avvicinamento dell’indagato alla p.o. non implica automaticamente l’assunzione in capo a tali soggetti della qualità di Persone offese. In sede di cautela, infatti, il PM ed il Giudice possono ritenere opportuno il divieto di avvicinamento a soggetti anche solo potenzialmente attinti dalle ‘attenzioni’ delittuose dell’agente».
Con il ricorso per cassazione XXXXXXXXXXXX deduce, come unico motivo, la violazione di legge in relazione all’art. 417, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. e rileva che il Giudice ha ignorato la necessaria qualificazione della predetta come persona offesa in forza della denuncia-querela contenuta nel verbale di sommarie informazioni rese dalla stessa in
– Relatore –
Sent. n. sez. 907/2025
CC – 10/06/2025
data 12 aprile 2024, nonchØ del verbale di assunzione di informazioni del 15 aprile 2024, dai quali risultava evidente l’errore, cui si sarebbe dovuto porre rimedio mediante il presidio posto dell’art. 421, comma 1, cod. proc. pen.Inoltre, si sottolinea che le dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa costituiscono notitia criminis idonea a fondare l’obbligo per il Pubblico ministero di esercitare l’azione penale quando emergono elementi di un reato perseguibile di ufficio, come nel caso di specie. Si afferma, quindi, l’abnormità del provvedimento de quo , non previsto dall’ordinamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.Occorre premettere che, poichØ il codice di procedura penale non prevede espressamente la impugnabilità del provvedimento con cui il Giudice dell’udienza preliminare respinge la richiesta presentata dal difensore della persona offesa volta ad ottenere la riformulazione del capo di imputazione, Ł necessario, anzitutto, verificare se una siffatta ordinanza possa essere qualificata come abnorme e, dunque, possa costituire oggetto di un ricorso per cassazione, quale rimedio esperibile in deroga al principio della tassatività dei mezzi di impugnazione.
2.1.In via preliminare, deve sottolinearsi come, in linea con la lunga elaborazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite di questa Corte, possa ritenersi affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, nonchØ quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite; l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorchØ l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999 – dep. 26/01/2000, COGNOME, Rv. 215094; Sez. U., n. 5307 del 20/12/2007 – dep. 2008, COGNOME, Rv. 238239; da ultimo, Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014 – dep. 2015, Tavoloni e altro, Rv. 262275).
Nel caso di specie non Ł ravvisabile alcuno sviamento di potere o stasi del procedimento.
L’ipotesi in esame Ł ben diversa da quella prevista dall’art. 423, comma 1bis cod. proc. pen., che onera il Giudice dell’udienza preliminare di una valutazione di merito circa la corretta qualificazione giuridica del fatto, dovendo emettere il decreto di rinvio giudizio con riguardo alla fattispecie che ritiene effettivamente configurabile. L’art. 423, comma 1bis , cod. proc. pen., prevede, piø precisamente, un meccanismo processuale, guidato dal Giudice, volto a precisare e meglio definire l’imputazione in tutte le sue componenti essenziali.
Il legislatore, in sostanza, ha recepito quelle costanti e consolidate pronunce della giurisprudenza di legittimità che hanno affermato che non Ł abnorme il provvedimento con cui il Giudice dell’udienza preliminare, dopo aver invano sollecitato il pubblico ministero a precisare l’imputazione, determini la regressione del procedimento per consentire il nuovo esercizio dell’azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d’indagine» (Sez. 1, n. 5829 del 10/01/2024, in motivazione).
4.Nel caso di specie, invece, il ricorrente lamenta la mancata contestazione, da parte del Pubblico ministero, di un fatto nuovo e cioŁ il reato di maltrattamenti nei confronti della moglie.
In realtà, l’organo dell’accusa, che, anche dopo l’introduzione del comma 1bis dell’art.
423 cod. proc. pen., rimane il dominus dell’esercizio dell’azione penale, dopo avere esaminato gli atti, ivi compresa la denuncia querela svolta dalla persona offesa, ha ritenuto, legittimamente, di esercitare l’azione penale contestando all’imputato il reato di maltrattamenti unicamente nei confronti della figlia e non anche della moglie.
Tale valutazione Ł stata, poi, pienamente condivisa dal Giudice dell’udienza preliminare.
Non Ł dato comprendere come possa qualificarsi abnorme l’ordinanza emessa del G.u.p., avendo egli esercitato un potere riconosciutogli dalla legge e non potendo, conseguentemente, ravvisarsi alcuna carenza di potere in capo allo stesso.
5.Non essendo l’atto impugnato affetto da abnormità, il ricorso Ł inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 10/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME NOME