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Capo di imputazione: inammissibile il ricorso

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso della persona offesa che chiedeva di modificare il capo di imputazione per essere inclusa tra le vittime del reato. Secondo la Corte, la decisione del GUP che rigetta tale richiesta non è un atto abnorme, in quanto il Pubblico Ministero è l’unico titolare dell’azione penale e delle relative scelte.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Capo di Imputazione: Quando la Decisione del Giudice non è Appellabile

Nel processo penale, la definizione del capo di imputazione è un momento cruciale che delinea i confini dell’accusa e, di conseguenza, del giudizio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30082/2025, ha chiarito i limiti entro cui le parti possono contestare le scelte del Pubblico Ministero in questa fase, ribadendo il principio della sua autonomia e il concetto di ‘atto abnorme’ come unico spiraglio per un’impugnazione immediata.

Il Caso: La Richiesta di Modifica del Capo di Imputazione

La vicenda processuale nasce dalla richiesta della moglie di un imputato, accusato del reato di maltrattamenti in famiglia ai sensi dell’art. 572 c.p. La donna, ritenendosi anch’essa vittima delle condotte delittuose, aveva chiesto al Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) di riformulare il capo di imputazione per essere inclusa formalmente come ‘persona offesa’, accanto alla figlia, già indicata come unica vittima.

Il GUP ha respinto la richiesta, sostenendo che il Pubblico Ministero (PM) è l’arbitro delle scelte relative all’esercizio dell’azione penale e che la sua formulazione dell’accusa era coerente con gli atti di indagine. Inoltre, il giudice ha precisato che l’applicazione di misure cautelari, come un divieto di avvicinamento, può estendersi anche a soggetti non formalmente qualificati come persone offese, se ritenuti potenzialmente a rischio.

Il Ricorso in Cassazione e il Concetto di ‘Atto Abnorme’

Contro questa decisione, la donna ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il provvedimento del GUP fosse ‘abnorme’. L’abnormità di un atto processuale è una costruzione giurisprudenziale che consente l’impugnazione immediata di provvedimenti altrimenti non appellabili. Un atto è considerato abnorme quando:
1. Abnormità strutturale: Si colloca completamente al di fuori del sistema processuale per la sua singolarità.
2. Abnormità funzionale: Pur essendo formalmente previsto dalla legge, determina una stasi insuperabile del processo.

Secondo la ricorrente, il GUP, ignorando le sue denunce e le sommarie informazioni che la indicavano come vittima, avrebbe emesso un provvedimento viziato e, quindi, abnorme.

Le Motivazioni della Cassazione: il Ruolo del PM e il capo di imputazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti. I giudici hanno stabilito che la decisione del GUP non era affatto abnorme. Il GUP, infatti, ha agito nell’ambito dei poteri riconosciutigli dalla legge, senza creare alcuna paralisi processuale.

La Corte ha sottolineato una distinzione fondamentale. Un conto è il potere del GUP di modificare la qualificazione giuridica di un fatto già contestato (come previsto dall’art. 423, comma 1-bis c.p.p.), altro è pretendere che il giudice ordini al PM di contestare un fatto nuovo o di estendere l’accusa ad un’altra persona. In questo secondo caso, la scelta spetta esclusivamente all’organo dell’accusa.

Il punto centrale della decisione risiede nel ribadire che il Pubblico Ministero è il dominus, ovvero il titolare esclusivo, dell’azione penale. È il PM che, dopo aver esaminato tutti gli atti di indagine (comprese le denunce della parte lesa), decide in autonomia come formulare il capo di imputazione. Nel caso di specie, il PM aveva legittimamente scelto di procedere per i maltrattamenti solo nei confronti della figlia, e tale valutazione è stata condivisa dal GUP. Non si ravvisa, pertanto, alcuna carenza di potere o sviamento da parte del giudice.

Le Conclusioni: L’Inammissibilità del Ricorso e le Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un principio cardine del nostro sistema processuale: in assenza di un atto abnorme, le decisioni interlocutorie del GUP, come quella sul rigetto di una richiesta di modifica dell’imputazione, non sono autonomamente impugnabili, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per la ricorrente anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

In pratica, questa pronuncia conferma che la persona che si ritiene offesa da un reato non ha uno strumento diretto per costringere il Pubblico Ministero a includerla nel capo di imputazione se l’organo di accusa ha già operato una diversa valutazione. La sua tutela potrà essere fatta valere in altre sedi o attraverso altri strumenti processuali, ma non forzando i confini dell’azione penale delineati dal suo titolare.

È possibile appellare la decisione del Giudice che rifiuta di modificare il capo di imputazione per includere un’altra persona offesa?
No, secondo la sentenza non è possibile, a meno che il provvedimento non sia qualificabile come ‘abnorme’, cioè completamente al di fuori del sistema processuale o tale da creare una stasi del procedimento. Al di fuori di questa ipotesi, la decisione non è impugnabile.

Chi ha il potere di decidere il contenuto del capo di imputazione?
Il Pubblico Ministero è il ‘dominus’ (titolare) dell’azione penale. È sua la scelta, basata sugli atti di indagine, di formulare il capo di imputazione, decidendo quali fatti contestare e nei confronti di chi esercitare l’azione penale.

Cosa significa che un atto giudiziario è ‘abnorme’?
Un atto è abnorme quando, per la sua stranezza, si pone al di fuori del sistema organico della legge processuale, oppure quando, pur essendo previsto dalla legge, determina un’impossibilità di proseguire il processo, costringendo a una regressione indebita del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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