Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18901 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18901 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI BRESCIA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a PONTEVICO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 del GIUDICE DI PACE DI I3RESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto di annullare con rinvio la sentenza impugnata; lette le conclusioni del difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha chiesto di rigettare il ricorso del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Giudice di pace di Brescia, visto l’art. 129 cod. proc. pen., ha assolto COGNOME NOME dal reato di diffamazione con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
Avverso l’indicata decisione propone ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO Generale presso la Corte di appello di Brescia, articolando due motivi.
Con il primo denuncia l’erronea applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen..
Con il secondo evidenzia come l’asserita genericità del capo di imputazione non avrebbe potuto condurre a una pronuncia di assoluzione.
Il ricorso è stato trattato, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all’art. 23, comma 8 legge n. 176 del 2020 e successive modifiche.
Il difensore dell’imputato ha depositato una memoria a sostegno delle conclusioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO è fondato.
È opportuno fissare alcuni principi in rilievo nel caso di specie.
La sentenza delle Sezioni Unite De Rosa (n. 12283 del 25/01/2005) – pur massimata sul punto devoluto relativo a una pronuncia de plano assunta dal giudice per l’udienza preliminare – ha chiarito che l’art. 129 cod. proc. pen. non attribuisce al giudice un potere ulteriore ed autonomo al di fuori di quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l’epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo; epilogo che dunque deve avvenire secondo le precisate cadenze e modalità procedimentali e non in modo avulso da queste: «l’art. 129, collocato sistematicamente nel titolo I del libro secondo del codice tra gli “atti e provvedimenti del giudice”, non attribuisce a costui un potere di giudizio ulteriore, inteso quale occasione -per così dire- “atipica” di decidere la res iudicanda, rispetto a quello che gli deriva dalle specifiche norme che disciplinano i diversi segmenti processuali (art. 425 per l’udienza preliminare; art. 469 per la fase preliminare al dibattimento; artt. 529, 530 e 531 per il dibattimento), ma, nel rispetto del principio della libertà decisoria, detta una regola di condotta o di giudizio, la quale si affianca a quelle proprie della fase o del grado in cui il processo si trova e alla quale il giudice, in via prioritaria, deve attener nell’esercizio dei poteri decisori che già gli competono come giudice dell’udienza preliminare o del dibattimento di ogni grado. Tale regola prevede l’obbligo (recte dovere) dell’immediata declaratoria, d’ufficio, di determinate cause di non punibilità che il giudice “riconosce” come già acquisite agli atti».
«L’espressione “immediata declaratoria”, presente soltanto nella rubrica dell’art. 129, assume una valenza diversa da quella percepibile prima facie: non denuncia una connotazione di “tempestività temporale” assoluta ma evidenzia
la precedenza che tale declaratoria deve avere, ove ne ricorrano le condizioni, su altri eventuali provvedimenti decisionali adottabili dal giudice, il quale, individuata -allo stato degli atti- la causa di non punibilità, non deve dare corso a nessuna, ulteriore attività istruttoria, e quindi neppure per accertare la sussistenza di un’altra eventuale causa di proscioglimento che possa essere preliminare o addirittura più favorevole all’imputato».
«Il meccanismo liberatorio prefigurato dall’art. 129 c.p.p. deve inserirsi nelle regole che disciplinano il vaglio giurisdizionale in sede preliminare o dibattimentale, deve “saldarsi con la specificità della sede processuale in cui lo stesso si iscrive, così da assegnare al giudice una sfera di attribuzioni coerente rispetto al momento in cui il relativo munus deve essere esercitato” (C.Cost. sent. n. 91/92), e si concreta in una previsione che impone, in via prioritaria, la definizione anticipata e, quindi, immediata del processo, sempre che il decidente venga a trovarsi nella condizione di potere decidere allo stato degli atti».
In sostanza, anche nella eventuale ritenuta presenza di una causa di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. si apre uno spazio di contraddittorio in cui le parti potranno esercitare diritti e facoltà «di diverso tipo, non azionabil prima» tra cui le medesime Sezioni Unite De Rosa indicano la facoltà di tutte le parti di presentare memorie e produrre documenti; di sollecitare una sia pure limitata integrazione probatoria su temi nuovi o incompleti al fine di meglio precisare il thema decidendum; nonché, per il P.M., esercitare l’esclusiva potestà di modificare l’imputazione».
Nel caso di specie il Giudice di pace, oltre a non rispettare le regole processuali appena ricordate, è incorso nella violazione di diverse norme che invalidano la decisione.
3.1. Il capo di imputazione è così articolato: “del reato p. e p. dall’art. 595 cod. pen. poiché, comunicando con più persone, offendendo l’onore e il decoro di COGNOME NOME in qualità di legale rappresentante della società “RAGIONE_SOCIALE” raccontava che quest’ultima nel conferire le bare al RAGIONE_SOCIALE violava le norme in vigore per la cremazione”.
3.2. Il Giudice di pace incorre in un primo errore nel ritenere generico il capo di imputazione, poiché non tiene conto dei consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in forza dei quali è sufficiente che l’editto accusatorio indichi i tra essenziali del fatto di reato contestato, in modo da consenl:ire all’imputato di difendersi; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l’imputato in condizione di conoscere in modo ampio l’addebito (cfr. tra le altre Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Bilotta, Rv. 264772).
3.3. Il medesimo giudice incappa in un ulteriore errore quando dalla ritenuta (e peraltro inesistente) genericità del capo di imputazione fa discendere una pronuncia di assoluzione perché il fatto non costituisce reato; mentre, sulla base di quel presupposto, avrebbe dovuto dichiarare la nullità del decreto di citazione a giudizio.
Consegue l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Non ricorre l’ipotesi di ricorso immediato per cassazione (cd. “per saltum”) essendo l’impugnazione l’unico rimedio esperibile dal procuratore distrettuale, sicché il rinvio va disposto non al giudice competente per l’appello, come previsto dall’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., ma al giudice che ha emesso la sentenza impugnata.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace di Brescia, in diversa persona fisica.
Così deciso il 03/04/2024