Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30524 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30524 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: AMOROSO NOME COGNOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Mesagne in data DATA_NASCITA
avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste del 23/0612023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Lecce con sentenza del 23/06/2023 confermava la decisione del G.u.p. presso il Tribunale di Brindisi con la quale COGNOME NOME, all’esito di giudizio abbreviato, veniva condannato alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 20.000 di multa, per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver coltivato 78 piante del tipo cannabis sativa e detenuto foglie e infiorescenze della medesima sostanza ai fini di cessione. Con l’aggravante dell’ingente quantità.
2.Avverso tale decisione COGNOME NOME, tramite difensore, propone ricorso per Cassazione articolato nelle seguenti doglianze.
3.Nel primo motivo di ricorso si lamenta il vizio di motivazione in ordine alla dichiarazione di responsabilità penale dell’imputato per la coltivazione delle sessantatre piante di marijuana meglio descritte al punto due della relazione tecnica in atti.
Si osserva che il calcolo del peso secco totale netto di questa porzione del quantitativo totale è stato individuato in maniera “approssimativa”, non risultando determinato dalla esfoliazione di tutte le sessantatre piante in sequestro, ma calcolato moltiplicando i risultati ottenuti dall’esfoliazione di una sola di dette piante, ritenuta rappresentativa di tutte le altre, per il nume totale.
La metodica, ad avviso della difesa, avrebbe condotto ad un dato probatorio “approssimativo”, con la conseguenza che la condanna penale sarebbe stata pronunciata in ragione di una “presunzione matematica” e non della certezza della prova raggiunta.
4.Nel secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale in relazione alla decisione di condanna adottata: ad avviso della difesa, sulla base di elementi probatori non dotati dei requisiti della gravit precisione e concordanza necessari a superare il principio dell'”aldilà di ogni ragionevole dubbio”.
5.Nel terzo motivo di ricorso si censura la mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione ed erronea valutazione delle prove.
Si deduce che il giudice avrebbe deciso, in violazione dell’articolo 192 comma due del codice di rito, sulla base di risultati della consulenza tecnica non univoci, non potendo escludersi che un’analisi condotta su tutte le piante di canapa avrebbe potuto portare alla individuazione di una quantità di -1-1-IC non sufficiente a determinare l’applicabilità dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, della legge sugli stupefacenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Occorre frp, premettere che la sentenza di appello deve essere considerata a tutti gli effetti una c.d. “doppia conforme” della decisione di primo grado, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i seguenti
parametri: a) la sentenza di appello ripetutamente si richiama alla decisione del Tribunale; b) entrambe le sentenze di merito adottano gli stessi criteri nella valutazione delle prove (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
2.Passando alla disamina del ricorso, le censure articolate nel primo e secondo motivo sono da ritenersi inammissibili per difetto di specificità.
Detti motivi si sviluppano in assenza della benché minima correlazione con i rilievi puntualmente svolti dalla Corte d’Appello in risposta alle medesime doglianze articolate nell’impugnazione, senza alcuna specifica confutazione del fondamento logico e fattuale degli argomenti svolti nel provvedimento impugnato. Come infatti ripetutamente affermato da questa Corte, incorre nella censura di inammissibilità il ricorso per cassazione fondato su motivi generici ed indeterminati o che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, dep. 2012, COGNOME, Rv. 253849; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, dep. 2013, Leonardo, Rv. 254584; Sez. 6 n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01).
Il primo motivo, infatti, ripropositivo della medesima censura, reputata inammissibile già in sede d’appello, è affetto da genericità, posto che in esso non si esplicitano i passaggi motivazionali affetti da illogicità, ma ci si duole solo del circostanza che il giudizio di condanna sia basato su una presunzione matematica, di cui non si deduce l’erroneità, e non sulla certezza della prova.
Anche il secondo motivo è inammissibile per genericità. In esso il ricorrente non si confronta con la motivazione dei giudici d’appello che, a pag. 60, con motivazione immune da vizi logici, da un lato ha messo in luce, ripetendo quanto già evidenziato dal giudice di prime cure, che gli accertamenti tecnici erano stati effettuati ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen. e quindi con il pie coinvolgimento della difesa; dall’altro ha ritenuto la correttezza della metodologia utilizzata, alla luce principio di diritto enunciato da questa Corte, che il Collegio intende ribadire, in base al quale, a fronte di un campionamento correttamente attuato, ovvero operato sulla base della stessa tipologia di vegetali con un giudizio di tipo tecnico non sindacabile in questa sede, l’estensione dei risultati delle analisi effettuate su detto campione alle altr facenti parte del medesimo gruppo è operazione esente da censure.
Il terzo motivo relativo all’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P. n. 309 del 1990 è inammissibile essendo stato proposto per la prima volta in sede di legittimità.
5.Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato alle spese processuali ed al pagamento di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in data 14/05/2024
Il Consigliere estensore
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