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Campionamento stupefacenti: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30524/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per coltivazione di cannabis. La Corte ha validato il metodo del campionamento stupefacenti, affermando che è legittimo estendere i risultati dell’analisi di un campione all’intero quantitativo sequestrato, se il campionamento è stato eseguito correttamente e con il coinvolgimento della difesa.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Campionamento Stupefacenti: la Cassazione ne Conferma la Legittimità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 30524 del 2024, ha affrontato un tema cruciale in materia di reati legati agli stupefacenti: la validità del campionamento stupefacenti per determinare la quantità complessiva della sostanza sequestrata. La Corte ha ribadito un principio consolidato, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando che i risultati delle analisi su un campione possono essere estesi all’intero lotto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna inflitta a un individuo dal Tribunale di Brindisi, successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Lecce. L’imputato era stato ritenuto colpevole, in concorso con altri, di aver coltivato 78 piante di cannabis sativa e di aver detenuto foglie e infiorescenze della stessa sostanza per fini di spaccio. La condanna includeva l’aggravante dell’ingente quantità, portando a una pena di due anni e quattro mesi di reclusione e 20.000 euro di multa.

Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione tramite il proprio difensore.

I Motivi del Ricorso e le Critiche al Campionamento Stupefacenti

La difesa ha articolato il ricorso in tre motivi principali, tutti incentrati sulla metodologia utilizzata per quantificare la sostanza stupefacente.

La Presunta Approssimazione del Calcolo

Il primo motivo lamentava un vizio di motivazione. Secondo la difesa, il peso secco totale della sostanza non era stato determinato con certezza, ma in modo “approssimativo”. Gli inquirenti avevano analizzato una sola pianta, considerandola rappresentativa, e avevano poi moltiplicato i risultati ottenuti per il numero totale di piante sequestrate. Questa metodologia, definita una “presunzione matematica”, non garantirebbe la certezza della prova richiesta per una condanna penale.

Violazione del Principio “Oltre Ogni Ragionevole Dubbio”

Con il secondo motivo, si deduceva un’erronea applicazione della legge penale. La difesa sosteneva che la condanna si basasse su elementi probatori privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, violando così il principio fondamentale del “superamento di ogni ragionevole dubbio”.

Illogicità della Motivazione

Infine, il terzo motivo censurava la mancanza di logica e la contraddittorietà della motivazione. Si affermava che il giudice avesse fondato la sua decisione su una consulenza tecnica non univoca, senza poter escludere che un’analisi completa su tutte le piante avrebbe potuto rivelare una quantità di principio attivo (THC) non sufficiente a integrare l’aggravante dell’ingente quantità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, respingendo tutte le doglianze della difesa.

In primo luogo, i giudici hanno sottolineato che le sentenze di primo e secondo grado costituivano una “doppia conforme”, ovvero esprimevano lo stesso giudizio di colpevolezza basato sui medesimi criteri di valutazione della prova. Pertanto, le due decisioni formano un unico corpo motivazionale.

I primi due motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili per genericità. La Corte ha osservato che la difesa si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. Non basta lamentare una “presunzione matematica”; è necessario dimostrare perché tale metodo sarebbe errato nel caso specifico, cosa che la difesa non ha fatto.

Sul punto cruciale del campionamento stupefacenti, la Corte ha ribadito la sua giurisprudenza costante. Quando il campionamento è eseguito correttamente, ovvero su una base rappresentativa della stessa tipologia di vegetali, e con le garanzie difensive (come avvenuto nel caso di specie, ai sensi dell’art. 360 c.p.p.), è pienamente legittimo estendere i risultati dell’analisi a tutto il quantitativo sequestrato. Questa operazione non costituisce una presunzione, ma un’operazione tecnica logica e scientificamente valida, non sindacabile in sede di legittimità.

Infine, il terzo motivo, relativo all’esclusione dell’aggravante dell’ingente quantità, è stato dichiarato inammissibile perché sollevato per la prima volta in Cassazione, in violazione delle regole processuali che impediscono di introdurre nuove questioni in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza n. 30524/2024 consolida un principio fondamentale in materia di accertamento dei reati di droga: il campionamento stupefacenti è uno strumento probatorio valido ed efficace. Se le procedure di prelievo e analisi sono corrette e garantiscono il contraddittorio, il risultato ottenuto su una parte rappresentativa può essere proiettato sull’intera partita di droga. Questa decisione riafferma l’importanza della specificità e della pertinenza dei motivi di ricorso in Cassazione, sanzionando con l’inammissibilità le impugnazioni generiche che non si confrontano criticamente con le ragioni esposte dai giudici di merito.

È possibile calcolare la quantità totale di droga basandosi solo su un campione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, è legittimo estendere i risultati delle analisi effettuate su un campione rappresentativo all’intero quantitativo di sostanza sequestrata, a condizione che il campionamento sia stato eseguito correttamente e nel rispetto delle garanzie difensive.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per genericità. La difesa ha riproposto le stesse argomentazioni già respinte in appello senza confutare specificamente le motivazioni della sentenza impugnata. Inoltre, uno dei motivi è stato presentato per la prima volta in Cassazione, rendendolo proceduralmente inammissibile.

Cosa significa “doppia conforme” in un processo penale?
Significa che la sentenza della Corte d’Appello conferma pienamente la decisione del giudice di primo grado, sia nell’accertamento dei fatti sia nell’applicazione del diritto. In questi casi, le motivazioni delle due sentenze si integrano a vicenda, formando un unico corpo decisionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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